23 luglio 1910:
Immane disastro in lombardia, provocato da un ciclone devastatore – numerose vittime, a saronno, busto arsizio e legnano – fabbriche crollate e case scoperchiate – le officine della “nord” distrutte, venti morti? – Cronache tratte dal quotidiano la stampa
LA STAMPA 23 LUGLIO 1910:
IMMANE DISASTRO IN LOMBARDIA, PROVOCATO DA UN CICLONE DEVASTATORE
NUMEROSE VITTIME, A SARONNO, BUSTO ARSIZIO E LEGNANO
FABBRICHE CROLLATE E CASE SCOPERCHIATE
LE OFFICINE DELLA “NORD” DISTRUTTE, VENTI MORTI?
CRONACHE TRATTE DAL QUOTIDIANO LA STAMPA
MILANO: E’ ancora in piedi Milano?
Per un’ora, dalle quattro alle cinque, durante il diluvio di grandine e la raffica di vento che si sono rovesciati sulla città, ognuno ha creduto al finimondo.
In quell’ora la vita della metropoli è rimasta sospesa: non si è visto più nulla: si è stati assordati da un crescendo spaventoso di tuoni e di saette, dal fracasso quasi continuo dei vetri che andavano in frantumi sotto i colpi della raffica che ha scoperchiato i tetti, ha fermato le tranvie ed ha rovesciato impalcature, antenne, pali della linea telegrafica e telefonica lungo molti chilometri.
E quando l’uragano è passato, quando i cittadini, sbigottiti, mettevano la testa fuor dell’uscio per orizzontarsi ed in città si ripavarano i danni più gravi, giungevani paurose notizie dai paesi circonvicini: Saronno, Rovellasca, Lomazzo…
Le prime notizie sono arrivate in misura frammentaria, perchè le comunicazioni sono state gravemente danneggiate dal ciclone.
IL DISASTRO DI SARONNO E DI BUSTO ARSIZIO
In fasciò – come sono giunte dapprima, confuse e indeterminate – le notizie sulla entità dei danni causati intorno a Milano son queste: la regione più devastata è quella tra Saronno e Lomazzo; alberi divelti, tetti scoperchiati, comignoli abbattuti, comunicazioni interrotte…
Vi sono vittime umane: il fumaiolo dello stabilimento Tornaini è caduto, ferendo alcune persone; l’officina della ferrovia Nord è quasi completamente distrutta e non si conoscono i caduti sotto le sue rovine.
Una terribile disgrazia è avvenuta vicino alla fornace di Solaro, causata dalla caduta di un comignolo: vi sono 14 morti e moltissimi feriti.
IL TERRORE DELLA GENTE – I CROLLI
Tali, in succinto, le prime voci e le prime notizie.
Il nubifragio, che è parto terribile a Milano, ha dunque assunto le proporzioni di una catastrofe nei paesi circonvicini,
Per Saronno sono subito partiti da Milano, Autorità e mezzi di soccorso, ed intanto son venuti i primi particolari sul grave disastro.
Quando si è scatenato l’uragano, i cittadini che si trovavano fuori sono fuggiti gridando aiuto, cercando uno scampo, mentre dalle abitazioni giungevano urla disperate, coperte solo dal fracassp del tuono e dei crolli frequenti.
Una delle prime rovine è accaduta alla fabbrica di amaretti Lazzaroni: il camino è precipitato seppellendo diversi operai.
Ma ancor pià grave è stata la catastrofe della fornace di Solaro: tutto l’edificio è crollato seppellendo numerose persone.
Quattordici cadaveri sono già stati dissepolti, ma non si è ancora precisato il numero dei feriti.
La folla è accorsa sul luogo della catastrofe e molti volenterosi hanno iniziato subito l’opera del disseppelimento.
Del resto in Saronno, non è restata una sola casa intatta; nessun camino ha resistito alla bufera,
LE OFFICINE DELLA “NORD” DISTRUTTE
Non minori che a Saronno, corre voce siano i danni a Busto Arsizio.
In queste industrie borgo la furia dell’uragano fu tale da gettare scomento tutta la popolazione.
E’ perciò difficilissimo poter stabilire, anche con approssimazione, il numero delle vittime e l’entità dei danni.
Da ogni parte si interroga, si chiedono notizie, si vogliono particolari; ma le risposte giungono vaghe, per ora, e le informazioni monche.
Tuttavia la gravità del disastro è confermata da tutti, e da ogni racconto appare più allarmante.
Si afferma che le officine della Nord sono completamente distrutte, e che il danno è di oltre 200,000 lire.
E si aggiungono in proposito impressionanti particolari.
La violenza dell’Uragano ha colpito, fra l’altro, in modo terribile il diretto che arriva nel pomeriggio da Varese.
L’urto del vento ha stroncato nettamente il casotto della gabbia della locomotiva, lanciandolo alla distanza di cinquanta metri,
In Busto Arsizio si parla poi di altri danni enormi, dieci camini sono stati abbattuti dalla forza del turbine.
I camini, franando, precipitarono nei locali sottostanti, ove stavano intenti al lavoro numerosi operai, parte dei quali furono sepolti tragicamente sotto le macerie!
Secondo le prime notizie, si estrassero già con lavoro febbrile di salvataggio, una decina di morti e numerosissimi feriti.
Altre vittime sono tuttora sotto le macerie.
Sono giunti, per ordine dell’autorità prefettizia, funzionari, agenti, carabinieri e truppe, che si adopereranno per tutta la notte attivamente al salvataggio.
Uno dei morti estratti sotto le macerie delle officine della nord, è certo Giuseppe Fontana, d’anni 21,
All’Ospedale Maggiore di Milano si è portata una donna, certa mantegazza, gravemente ferita, trovata pure sotto le macerie delle officine.
Non si può avere una precisa statistica delle vittime, poichè al primo imperversare del ciclone la maggioranza degli operai fuggirono nel massimo scompiglio.
ALTRE VITTIME E ALTRE ROVINE
Dai paeselli della valle giungono pure notizie sconfortanti.
In località Maglio è stato abbattuto il fumaiolo della filanda Isacco e pare che vi siano parecchie operaie ferite.
A Sandruco Murago sono stati asportati parecchi chilometri di linea telefrafica.
A Tarugo è stato abbattuto il fumaiolo di uno stabilimento di tessitura, dove lavoravano 700 operai; fortunatamente il fumaiolo è caduto dala parte opposta dove erano gli operai, se non si sarebbe avuto un gravissimo disastro.
A Meda, è stata completamente distrutta, perchè incendiata, l’officina di mobili, Chiesa.
A San Vittore Olona è caduto il fumaiolo di uno stabilimento di tessitura dei fratelli Visconti di Modrone, facendo parecchie vittime.
A Legnano sono caduti più di 12 fumaioli: le officine di tessitura Tosi hanno avuto divelto il tetto, formato di grosse lamiere.
Al cotonificio cantoni è caduto un camino, schiacciando sotto le macerie un muratore.
Al cotonificio rellacqua un altro camino, cadendo, avrebbe fatto diverse vittime.
A Teregno crollò una parte del camino dello stabilimento Galeazzo Vigandi, furono scoperchiate parecchie case; piante secolari furono divelte, ma fortunatamente non si hanno a registrare disgrazie.
Da Carugo, venendo a Giussano, per circa tre chilometri, le case furono tutte scoperchiate, vetri, tegole si trovano seminati per le strade.
I danni ai campi in generale sono gravissimi; una vera devastazione!
La fabbrica milanese dei concimi chimici ha avuto il fumaiolo abbattuto ed ha avuto gravi danni al tetto.
Il cotonificio dell’Acqua ha avuto demolite tre ciminiere ed il muro di cinta.
Nel cotonificio Cantoni il camino, cadendo, provocò lo scoppio di una caldaia da cui si ebbe un principio di incendio che venne subito domato.
Altri camini sono stati abbattuti negli stabilimenti di tessitura Agosti, Bignami e in quello della Stamperia italiana.
Finora i morti di cui si ha notizia sarebbero:
5 a Legnano
9 a Busto Arsizio
3 a Canegrate
5 a Vanzaghello
Eppo vi è più di un centinaio di feriti.
E tutto ciò senza parlare di Saronno, di cui ancora non si hanno notizie precise.
IN MILANO
Intanto, in città si sono constatati gravi danni e vari incidenti.
Nelle vicinanze del rondò di Loreto, in causa alla fitta polvere, una vettura tranviaria non potè essere arrestata in tempo dal manovratore che si trovava nell’impossibilità di tenere aperti gli occhi ed urtò contro un’altra vettura.
Ma oltre al panico, fra i passeggeri, non si ebbe a lamentare nemmeno una contusione: si frantumarono soltanto tutti i vetri.
Lungo il viale Venezia si staccò un grosso ramo ed un platano, nel momento in cui transitava una tranvia: il manovratore riuscì ad arrestare il veicolo ed in tal modo ad evitare una digrazia, poichè il ramo cadde poco distante dalla vettura.
In causa ai guasti ai pali, le principali linee tranviarie di via Torino e via Carlo Alberto sono rimaste interrotte per più di mezz’ora.
In via Settembrini, per poco, non si sfasciò, sotto le raffiche del vento, un’impalcatura di una casa in costruzione.
I muratori dovettero accorrere ed assicurare con funi le antenne per impedire che l’impalcatura cadesse.
Sui bastioni di Porta Romana, in fondo a via Fontana, si stava abbattendo una casa: dopo il temporale di oggi non vi è più bisogno di proseguire il lavoro, perchè il vento l’ha demolita completamente.
I muratori pervennero a salvarsi a stento.
I SOCCORSI INVIATI DA MILANO
Da Gallarate partirono per Busto Arsizio i pompieri con uno squadrone di cavalleggeri per cooperare ai lavori di salvaggio.
Si dice che a Mombello ed in altri luoghi della provincia di Como, vi sarebbero danni gravi, ma, stante la completa interruzione telefonica e telegrafica, mancano particolari.
Alle 22 è stato organizzato un treno di soccorsi, col quale sono partiti il prefetto senatore Panizzardi, con altre Autorità cittadine, parecchia truppa e molti ufficiali.
UN GROSSO CARICO ROVESCIATO DALLE ONDE NEL PORTO DI LUINO
Oggi nel pomeriggio, uno spaventoso temporale si è scatenato sulla nostra città ed in tutto il Varesotto.
Molti tetti furono scoperchiati, molti comignoli crollarono rovinando violentemente sulle strade, che parevano tramutate in torrenti.
Notizie allarmanti giungono dai paesi vicini, ove la furia del vento e della grandine ha devastato intere campagne.
Si parla anche di morti e di feriti.
Giungono notizie dalle rive del lago di una tempesta violentissima.
Le onde che si elevarono altissime e minacciose, capovolsero numerose imbarcazioni legate dagli approdi.
Un barcone carico 110 quintali di granito proveniente da Baveno, di proprietà dei fratelli Adami, venne da una folata di vento sbattuto e sfasciato contro un muraglione del porto di Luino.
Quando il cielo cominciava ad oscurarsi nell’annunzio funesto del temporale, l’imbarcazione era ancora al largo, ed inutili furono gli sforzi dei barcaiuoli per giungre in porto.
Il grosso carico, in balia delle onde che incalzavano all’avvicinarsi del nembo, sembrava ormai perduto.
Dalla riva alcuni coraggiosi tentarono invano di portar soccorso ai naufraghi, ma ogni frozo parve temerario se non inutile.
La lotta contro le onde fu immane.
A poco a poco il barcone si avvicinava all’imbocco del porto, e per un momento si aperse il cuore alla speranza.
Ma una nuova, una enorme folata sollevò di nuovo la disgraziata imbarcazione, che spinta da un’ondata terribile sbattè con fragore contro il muraglione.
Fu un momento terribile: il carico in pochi minuti fu inghiottito dalle acque, ed intanto dal porto i più animosi si apprestavano con funi al salvataggio.
I barcaiuoli Minelli, Caramella ed Isabella si salvarono a stento, il carico andò completamente perduto.
I danni ascendono a più di duemila lire.
Le linee telefoniche e telegrafiche sono interrotte,
A NOVARA
Stasera, verso le ore 16,30, scoppiava improvvisamente nella nostra città un furiosissimo temporale in poco meno di qualche minuto il cielo è diventato giallastro – oscuro e la città rimase immersa per parecchi momenti in una completa oscurità.
Il vento impetuosissimo ha trasportato e formato vere trombe di terra, sradicando camini dai tetti e facendo volare molte tegole, riversandoli nelle vie, con grande spavento dei passanti, gia allarmati dalla ferocità dell’uragano che andava addensandosi.
Sul corso Carlo Alberto, alcune tegole, cadute, per poco non andavano a colpire un signore accompagnato da due fanciulli.
Sul corso Cavour invece, un coperchio di ferro, adibito ad un camino, è caduto sui fili telefonici, rimanendovi appeso.
La corrente elettrica prodotta dalle officine di energia della nostra città, ha subito parecchi danni tanto che, fino ad ora tardissima non si ebbe la luce.
Benchè, a tutta questa sera, non abbiano notizie precise dei danni, nè dalla campagna, nè dai sobborghi, pure qualcuno assicura che furono d’una certa intensità.
Infatti, ad alcune case, la violenza del vento ha asportato parte del tetto, facendo volare le tegole come fuscelli.
Le grosse piante dei nostri baluardi e delle allee, subirono molti danni.
Quasi tutte le foglie e i rami grossissimi furono asportati e schiantati.
Nei giardini e nei frutteti, rigogliosi, nulla venne risparmiato.
Quello che non fu sradicato, fu abbattuto completamente.
Il gravissimo temporale, seguito da un torrente di acqua, è durato parecchie ore.
Alle mie notizie di oggi intorno al gravissimo temporale che in poco tempo ha invaso la nostra città e le campagne circostanti, si aggiungono stasera altre gravi notizie.
Da ogni parte e in special modo al nord di Milano e più specialmente nella zona che si estende da Novara fino ad Olona, e da Busto Arsizio a Busto Legnano, le notizie sono veramente disastrose.
Sulle fertilissime colline e praterie del Ticino, che da Oleggio si estende fino a Busto, tutto venne distrutto; ciò che non ha fatto la grandine lo ha fatto il turbine sradicando grossi alberi, travolgendo e distruggendo ogni cosa.
Carri che si trovavano per strada vennero capovolti come fuscelli, molte persone sono state gettate a terra dalla intensità del turbine, tale che da molti anni non si ricorda l’eguale.
In quelle zone cosparse di numerosissimi e importanti stabilimenti industriali i danni più non si calcolano.
A Turbigo il turbine ha asportato completamente tutti i tetti delle grandiose sale adibite al macchinario facendo cadere per più di 50 metri un muro che divideva lo stabilimento dalle altre proprietà.
Lungo la strada provinciale buona parte dei pali vennero abbattuti come fuscelli e i fili della corrente elettrica mandavano continui sprazzi di luce incendiando grossi alberi che il vento aveva gettato a terra.
Notizia giunge che da altri paesi in questo momento dicono che dovunque furono scoperchiate case e stabilimenti, e per buona parte distrutti i raccolti.
Ma le notizie più dolorose, che al momento non si possono controllare, avendo la rete telefonica subito gravi danni, pervengono da Saronno, dove si assicura che tutti i camini delle fabbriche sono caduti.
A Busto Arsizio pare che la caduta di due o tre camini abbia fatto parecchi morti, ma al momento è impossibile avere un idea precisa del disastro.
Gravissimi sono i danni sulle linee per il trasporto dell’energia elettrica; quasi tutti i pali sono stati gettati a terra.
Anche da Legnano le notizie non sono meno gravi.
Intanto per alcuni giorni buona parte dei numerosissimi stabilimenti toccati dal gravissimo ciclone saranno destinati ad un riposo forzato.
Dalle vicinanze di Novara continuano a pervenire notizie allarmanti.
Gli stabilimenti dei fratelli Rossi, Koeller, Doria e Calderoni ebbero tutti i tetti in buona parte scoperchiati.
Nell’interno della nostra stazione principale un fumaiolo, proiettato con violenza andava a cadere sopra un lastrone di vetro della grande tettoia e di là sulla banchina, gettando un panico indescrivibile fra i passeggeri.
Per poco una signora che attendeva di partire, non ne rimase vittima.
Anche stasera il cielo è minaccioso e la città è al buio per i gravi danni causati ai fili della corrente elettrica.
A GENOVA
Verso le ore 21 si è scatenata sopra la città un furioso temporale, con grandine fortissima e scariche elettriche.
A TORINO
LA CITTA’ NEL TURBINE
LA ROVINA D’UNA CUPOLA ALL’ESPOSIZIONE
Non sappiamo davvero come spiegarci: è stato un turbine fuoribondo, una galoppata di vento impetuoso o polveroso che ha investito con violenza incredibile la città, verso le 15 di ieri, stringendola come in un vortice folle, invadendo vie, piazze, viali e giardini, distendendo su ogni casa e su ogni selciato, sugli abiti e sui volti dei passanti uno strato spesso ed opaco di materia color cenere, accecante, bruciante, attaccaticcia come la colla e sudicia come il fango.
Era polvere? Forse: ma certo raccolta chissà dove, chissà attraverso a quali viaggi e a quali giri per città o campagne.
Vi fu un momento in cui tutti potevano avere l’illusione completa di essere in pieno Sahara; tutti… salvo forse quei pochi che ci sono stati.
Il turbine – giacchè ci siamo chiamiamolo così – arrivò improvviso, preceduto da una grande avanguardia di nuvole nere, e seguito da un codazzo fantastico d’oggetti volanti, composto dalle cose più diverse e inverosimili congiunte insieme nella pazza ridda indiavolata.
Abbiamo tentato di analizzarle, ma non ci fu verso; e abbiamo voluto rinunciare, perchè non ci accadesse come ad un signore, che in piazza Castello volle guardare nel turbine e si ricevette in pieno viso un magnifico pezzo di scopa.
Ci accontentammo così di assistere alla sorpresa ed allo stupore dei buoni torinesi per la inaspettata di un così incomodo coinquilino.
E’ stato uno spettacolo commovente: tutti piangevano sino alle lacrime, e si fregavan gli occhi con accanimento.
Abbiamo colto a volo dalle labbra di un pacifico borghese quest’esclamazione caratteristica:
– Che vento infame! Ne ho piene le pupille!
E tutti si chiedevano atterriti che mai fosse venuto a fare a Torino un simile uragano di vento e avrebbero voluto, ma non si poteva! Interrogare il cielo per sapere se il trattenimento fosse durato un pezzo,
Ma lo scopo di questa visita temporalesca lo abbiamo saputo più tardi noi: il turbine era venuto a visitare i lavori dell’Esposizione.
E infatti colà dove si aggirò con maggior compiacimento, lasciando una discreta orma del suo passaggio.
Sotto le sferzate del vento lo scheletro della nostra Esposizione fu colto da un tremito convulso, che però, per la solidità delle basi, e la bontà del materiale, non recò quasi alcun danno.
Solo qualche antenna di sostegno, qualche palo di congiuntura, che asse più leggera, subirono spostamenti di poca entità.
In un punto solo avvenne un incidente più grave: e fu al palazzo delle industrie artistiche, all’angolo dei corsi Vittorio e Massimo d’Azeglio.
Si sa che questo è già dinnanzi nella costruzione e già drizza al cielo il disegno maestoso dell’ampio padiglione centrale, ricco di svelti pinnacoli e di due cupole ardite.
L’Uragano volle portare con s’è un ricordo e con alcuni schiaffi potenti sfascò la maggior parte della cupola principale, facendola ruinare fragorosamente.
Per fortuna non accaddero disgrazie personali, sebbene in quel momento, lassù si affollassero gli operai intenti a collegare i montanti.
Ciò malgrado, il danno non è gravissimo e potrà essere rapidamente riparato: si crede che non superi le quindi mila lire.
Prima di andarsene, il turbine volle commettere altri guai.
Così in corso Vittorio all’angolo di via Sant’Alselmo, schiantò un ramo d’albero e lo fece cadere sul braccio sostenitore dei fili elettrici della tranvia i quali si ruppero, interrompendo il servizio su quelle linee per oltre mezz’ora.
Alla Barriera di Vanchiglia il vento soffiò con tal forze che abbattè una grossa pianta, coricandola in mezzo allo stradale in modo da ostruire completamente il passaggio.
Nè basta; in via Fontanesi si spezzarono altri fili elettrici presso il deposito delle tranvie monicipali, causando notevoli ritardi in tutte le linee.
Vittima del turbine fu anche un poco il dirigibe Usuelli, che i lettori hanno ammirato in una nostra illustazione.
Esso, che da qualche giorno, già gonfio e pronto al volo, si pavoneggiava nel cortile della Krieger, ha dovuto perdere le sue belle forme opulente, perchè gli venne tolto il gas.
Si può dire adunque che il dirigibe è stato il personaggio di Torino maggiormente seccato dal vento.
Verso il tramonto, il turbine si allontano’, seguito, oltrechè dal corteo di polvere, da un coro di maledizioni, che esprimeva in quell’istante l’opinione pubblica di Torino.
Ed alla sera, col rasserenarsi del cielo, un fenomeno curioso si manifestò in città.
L’aria, che s’era già fanta più fina, divenne frizzante, cosicchè di botto fummo trasportati in una fresca serata autunnale.
Passeggiando pei viali, si provava l’illusione di essere in qualche ritrovo alpino, a più di mille metri d’altezza, e di respirare a pieni polmoni il venticello puro e leggero che viene dai ghiacciai.
Non s’invidiava davvero, ieri sera, quei cari concittadini che son rifugiati lassù “in campagna” nei paesetti sperduti tra le valli montane, e che a quest’ora pagherebbero a peso d’oro un bel soprabito di flanella.
VISITANDO LA BRIANZA FLAGELLATA
UN MILIONE DI DANNI A SARONNO
LE DICHIARAZIONI DEL SINDACO
I 16 CADAVERI DI SOLARO
LA MADONNA D’UN SANTUARIO SALVA PER MIRACOLO
SARONNO
La catastrofe immane che ha percorso ieri spietatamente la deliziosa Brianza, incombe persin su Milano, Velandola d’una atmosfera nervosa, mettendo sul volto e nello sguardo dei cittadini un’ansia triste, una dolorosa espressione di cordoglio e di tutto.
Alla stazione ferroviaria della “Nord” non si parla che di sciagura e di strage tra la gente che si affanna agli sportelli di tutte le linee, nella fretta impetuosa ed irrefrenabile di partire, di correre, di arrivare quassù, col terrore nell’animo di trovare il cadavere d’una persona cara, ma con pur una vaga speranza di abbracciarla viva.
ATTRAVERSO LA CAMPAGNA IN LUTTO
Il treno che mi ha condotto a Saronno era carico di questa folla singolare di persone mute ed intente, chiuse ciascuna nel proprio dolore, che gettavano appena timidi sguardi spauriti sulle campagne fuggenti ai lati del convoglio, e tutte segnate dall’orma indelebile del turbine passato.
Spettacolo davvero desolante!
Man mano che il treno si avvicina a Saronno, la piccola capitale di questa piaga devastata, appaiono evidenti le prime vittime della tempesta implacabile: i campi di frumento e di granturco.
I mucchi di grano già mietuto giacciono a terra, ridotti in informi poltiglie di paglia, di polvere e di fango, come se mani gigantesche li avessero linciati d’un colpo, e i folti ciuffi di mellea piegano al suolo i loro cappucci barbuti, e gli snelli sostegni in un’attitudine pietosa e dolente, come ciurme di schiavi sotto le sferzate d’un ignoto tiranno.
E qua e là, sradicati, abbandonati a terra coi bei rami distesi, simili a braccia aperte ad implorare, giacciono i gelsi, i graziosi gelsi azzurro palliri che sono una ricchezza di queste regioni.
Poi, tutto all’intorno, interminabili prati d’erba medica di trifoglio, tempestate di margherite bianche e gialle, sono scarmigliati, disordinati, sconvolti, come capellature di donna che enormi mani indiscreta ed audaci abbian voluto frugare.
E su tutto questo popolo vegetale abbattuto, fiaccato, sfinito, sfolgora nel cielo divinamente limpido un magnifico sole, che invano spande a dovizia, sulla campagna in lutto, barbagli biondi e luccicori dorati.
LA CITTA’ SENZA TETTI
Quando il treno rallenta per fermarsi alla stazione di Saronno, questa cittadina della grazia e del sorriso, sino a ieri celebre per il suo aspetto giocondo e per la sua felice positura, in una culla di giardini fioriti, con le piccole casette civettuole a un sol piano colorate di rosa pallido e di rosso acceso, si prova uno stringimento del cuore.
Quasi tutti i tetti sono franati o scompoarsi, lasciando al loro posto, in cima agli edifici, spaventevoli ferite nere, dove lo sguardo non s’azzarda a giungere nel timore di trovarvi uno spettacolo di morte.
Intorno a me, mentre scendo dal treno, non odo che esclamazioni di doloroso stupore:
E’ incredibile, è fantastico, è enorme!
Chi si sarebbe immaginato una simile ruina!
Non c’è più un tetto in questa città!
Non c’è più un fumaiolo in piedi…
E’ uno spavento!
E tali esclamazioni non sono che pallide espressioni di ciò ch’era la verità.
Il primo edificio di cui mi occupo e quello delle Officine della Nord – Milano, che, come dissero i telegrammi, furono le maggiormente battute dall’uragano.
E queste officine, ove poche ore addietro ferveva il lavoro, tra il pulsar dei motori e lo strider lieto delle macchine, mi appaiono ora come vasti recinti deserti, ove alcune palafitte e alcune malferme pareti circondino montagne di macerie senza forma e frane di calcinacci e di mattoni.
Penso a quel povero giovane vicentino, di ventun anno, Giuseppe Fontana, che trovò la morte quì, travolto sotto i residui di un forno crollato, e apprendo che lascia nella miseria la madre vedova e una sorella, per le quali lavorava!
E però meraviglioso, mi osserva un impiegato, come nella catastrofe delle nostre officine si sia dovuta lamentare una sola vittima, mentre altrove…
Non finisce la frase, ma si allontana singhiozzando.
E’ forse un congiunto di uno di quegli infelici, che son sepolti laggiù nelle tragiche Fornaci di Solaro.
Non mi indugio troppo, e proseguo il mio rapidissimo sopraluogo.
A pochi passi dalle Officine della Nord sono, o meglio, erano i grandi edifici dello stabilimento delle “costruzioni meccaniche” che appartiene ad una Società anonima, ed è il più ricco del luogo, e quello che occupava il maggior numero di operai.
Qui se il pensiero non deve ricorrere con strazio all’immagine tragica di vittime sepolte, lo sguardo resta tuttavia colpito dallo stato di ruina irreparabile, in cui questo superbo stabilimento si trova.
A terra, in mezzo ai rottami confusi, tra cui scintillano frantumi di vetri, si scorgonono scheletri ancor lucenti di belle macchine metalliche, di cui indovina l’altro prezzo se non si riesce a intuire l’antica forma: sono dinamo potenti, motori dai complicati congegni moderni, intrichi di ruote e di rotelle e di leve, di cinghie e di puleggie che giacciono così affastellate neil più fantastico disordine.
E quasi tutti questi brani di macchina sono contorti nei modi più strani, come se qualche forza sovrumana avesse tentato di spezzarli.
Prima che lo Stabilimento , così tragicamente scomparso durante un quanrto d’ora di bufera, possa essere ricostruito, occorrerà parecchio tempo, e intanto 500 operai, che vi erano impiegati, rimarranno sul lastrico, senza lavoro.
La Ditta delle “Costruzioni meccaniche” ha subito essa sola un danno che supera le 300 mila lire.
Mi allontano lestamente di là per non turbare oltre, con la mia presenza, il cupo, inconsolabile dolore dei capi Ditta, dei direttori, degli impiegati e degli operai stessi, che si aggirano ancora oggi, come ombre erranti, fra quelle macerie mute, quasi sperassero, in un risveglio improvviso di vita, di udire un’altra volta risonare la voce gradita e gioconda delle macchine operose.
A COLLOQUIO COL SINDACO, UN MILIONE DI DANNI
Un breve giro pel paese mi persuade come l’uragano abbia immerso questi sereni popolani e queste contadinelle pacifiche, che voggo passarmi accanto vestite dei pittoreschi costumi domenicali, in uno stato di apatia incosciente, di abbattimento estatico, da cui passeranno molti giorni prima che si possano strappare.
Se ne stanno raccolti in gruppi, attorno alle loro casette, senza tetti e senza comignoli, e non parlano guardano e si guardano, senza far nulla, senza il minimo atto di reazione.
Solo nelle trattorie, malgrado tutto, si lavora fervidamente per sfamare i forestieri, la maggioranza dei quali è fatta di giornalisti, di touristes e di chaufferus.
Per aver subito un’idea complessiva dei danni, mi metto alla caccia del sindaco, anzi, del facente funzioni di sindaco, signor Paolo Morandi, e riesco a trovarlo, mentre ritorna, stanco e polveroso, da una seconda visita ai luoghi più danneggiati della sua città.
Gli rivolgo senz’altro la domanda più importante:
a qual cifra crede possano ascendere i danni complessi?
Non credo d’errare asserendo che è una cifra molto grossa e che più avvicinarsi al milione.
Vuol dirmi, allora, per ordine e di entità di danni, quali sono gli stabilimenti e gli edifici più gravemente colpiti dalla catastrofe?
Anzitutto, come avrà visto, lo stabilimento delle “Costruzioni meccaniche” poi le officine della Nord Milano, quindi il Santuario, il cotonificio Poss, dove è crollato un camino enorme, sotto al quale per un mero caso non si trovavano in quel momento le operaie; lo stabilimento tintoria Banfi; il gazometro, ove si ruppero i tubi di conduttura, cosicchè rimarremo senza gas, il mercato boario che ebbe tutta la tettoia nettamente asportata e trasportata di fianco; e ancora il Collegio arcivescovile e l’ospedale, dove crollarono parecchi muri, lo stabilimento Lazzarotti, ove si fabricano i famosi amaretti di Saronno, e il cimitero, gli edifici scolastici che furon scoperchiati, e infine le case priva di cui possono dirsi favorite dalla fortuna quelle ch’ebbero asportato soltano un comignolo o due.
E quanti operai rimarranno senza lavoro?
Circa un migliaio senza contare i contadini che dovranno incrociare le braccia e sospendere i lavori di raccolto e mietitura.
Di grano, grano turco, vigne e piante di frutta quest’anno a Saronno non se ne parlerà più.
Dobbiamo confidare nell’aiuto degli altri, come mi assicurò ieri sera, nella sua breve visita, il Prefetto; e dobbiamo pur ringraziare il cielo che la sventura ci abbia provato più nelle cose che nelle persone.
“La Madonna dei Miracoli – conclude il facente funzioni di sindaco – veglia ancora su Saronno.
AL SANTUARIO DEI MIRACOLI CIO’ CHE ACCADDE ALLA STATUA DELLA MADONNA
Le ultime parole del sindaco, adducono a visitare il Santuario, la cui fama è troppo nota perchè sia qui il caso di ricordarne la storia.
La svelta architettura del tempo, che porge al sole la sua elegante facciata tutta candida, gaia di colonniche, ‘archi e di fregi, non è stata nemmeno essa risparmiata dalla furia devastatrice dell’uragano.
Sull’alto dell’arco, che sormonta la porta di ingresso, si ergevano cinque statue, di non trascurabile pregio, quattro delle quali rappresentano gli angeli, ed una di quella di mezzo, rappresentava la Madonna a cui è dedicato il santuario.
Nell’istante in cui il nembo fuoribondo si scagliò su Saronno, anche la chiesta investita e ricevette in piena facciata un formidabile schiaffo di vento.
Le quattro statue degli angeli, dopo aver barcollato un’istante con dondolio malcerto, finirono per piegare e coricarsi sul tetto, dove giacquero mezzo infrante a traverso le travature scoperchiate.
Quella della madonna, invece, subì una sorte diversa, che già fa correre in paese la voce d’un caso incredibile, quasi d’un miracolo.
La madonna, colta nelle spire del turbine, che le si avviticchiò attorno vigorosamente, fu spinta con violenza estrema sul tetto perforato in modo da sprofondare dentro con la testa innanzi.
Parrebbe che la pesante statua avesse dovuto piombare con immenso fragore sul pavimento della chiesa, dove senza dubbio sarebbe andata in pezzi.
Invece no: rimase sospesa nel foro praticato nella volta in quella posizione, che le aveva imposto l’impeto dell’uragano.
Benchè, causa i pericoli, sia vietato l’ingresso, mi faccio amico un gioviale – sagrestano, una curiosa macchietta che par sfuggita ad un capitolo di Fogazzaro e posso entrare nella chiesa meravigliosa d’affreschi di pitture.
Vedo così lassù, tra le figure d’angeli e di santi aprirsi una ferita, in mezzo alla quale appare il viso cereo della Madonna che guarda in giù.
Ha voluto un pò discendere dal tetto e mettere i fedeli sotto la sua sorveglianza diretta commenta non senza finezza il sagrestano.
LE “FORNACI” DELLA MORTE
IMPRESSIONANTE RACCONTO D’UN BRIGADIERE
Da Saronno, in una vetturetta antidiluviana, sgangherata e traballante, rotolando per uno stradale pieno di sole, tra due file di Gelsi contorti e di cipressi schianti, giungo alle Fornaci di Solaro, che ormai, per il tragico destino che lo ha scelto a tomba di sedici cadaveri, possono ben chiamarsi le Fornaci della morte.
Sotto una tettoia posta accanto a quella franata, è uno spesso strato di paglia ove sono pietosamente adagiati i sedici cadaveri ravvolti in ampie lenzuola bianche.
Si vedono i loro piedi nudi sbucare di sotto la paglia.
Qua e là all’estremità opposta, qualche cranio orribilmente deformato fa capolino.
In mezzo a questa camera mortuaria improvvisata, è un tavolino dinnanzi al quale siede il pretore di Saronno, intento a ricevere i nomi delle vittime di tutti operari delle Fornaci e contadini dei dintorni.
Li presso un medico in camice bianco dice le ragioni della morte di ciascuno: un elenco spaventevole di fratture e di lesioni, che credo bene risparmiare ai lettori.
Intorno v’è un semicerchio di contadini che stan li immobili a capo chino, cogli occhi sbarrati e il cappello tra le mani, qualche carabiniere che sorveglia, qualche donna che piange, qualche sacerdote che prega…
Dagli interstizi della tettoia filtra appena un pò scialbo, un raggio di sole e va a posarsi sulla paglia che fa da letto ai morti, dandole riflessi giallastri.
Interrogo, frattanto il brigadiere, Bandi, che fu il primo ad accorrere a Solaro, qualche minuto dopo il crollo della tettoia.
Ecco il suo preciso racconto:
C’è da rabbrividire a rievocare quel momento tragico.
Appena giunto qui, vidi un ammasso di rottami e null’altro.
L’aria era ancora caliginosa e il cielo oscuro.
Sentivo l’ululato del vento che fischiava negli alberi sinistramente.
Ad un tratto mi parve di udir gemiti soffocati che venissero di sotto le macerie.
Un brivido mi corse poi corpo; ma mi vinsi, impugnai una pala e coi miei militi e con altri, incominciai a scavare.
Quello che accadde allora non lo so descrivere senza un senso di raccapricelo.
“Al lume di una torcia a vento, che qualcuno aveva acceso, vidi balzar fuori di tra le macerie la testa di un uomo ancor vivo.
Ma quale testa, mio Dio!
Una costa di terriccio e di fango, umida di sangue non ancora raggrumato, gli copriva il volto, velandolo come di una ributtante maschera macabra.
E solo la testa era fuori; il resto del corpo rimaneva nascosto.
“Aumentai d’ardore nel mio lavoro, ed allora in quel volto sfigurato due labbra si mossero ed udii una fievole voce balbettare:
“Presto, per carità… muoio!”
“Mi animai sempre più e finalmente scopersi tutto il corpo e compresi perchè il disgraziato non poteva muoversi.
Era schiacciato fra due cadaveri!
“Ecco una scena, signore, che non dimenticherò mai più”.
E neanch’io dimenticherò mai più le Fornaci di Solaro e di quei sedici cadaveri allineati sulla paglia, che il sole illuminava di riflessi giallastri….
GIOVANNI CORVETTO.
EPISODI E CASI TRAGICI
I MORTI DI SOLARO
Ecco i nomi dei sedici morti di Solaro:
- Carugati Giulio di anni 19;
- Sala Giulia di anni 29;
- Peverelli Angelo di anni 30;
- Cattaneo Giacomo di anni 18;
- Vago Enrico di anni 19;
- Basalico Vittorio di anni 18;
- Basilico Giuseppe di anni 22;
- Basilico Maria di anni 11;
- Nobili Vincenzo di anni 49;
- Radice Giuseppe di anni 59;
- Vismara Luigi di anni 12;
- Beretta Enrico di anni 13;
- Galli Luigi di anni 14;
- Basilico Rosa di anni 8;
- Galli Paolo di anni 11;
- Castelnuovo Alberto d’anno 11,
All’ultima ora pare ne sia stato scoperto un diciassettesimo.
Così narrano gli operai della fornace Borghi crollata, l’immane catastrofe:
Erano le 17,30, quando gli operai, un centinaio, che lavoravano quasi tutti all’aperto, furono improvvisamente costretti per l’imperversare della bufera a ripararsi.
Molti di essi fuggirono e fu fortuna verso l’osteria; altri si diressero alle loro abitazioni.
Ventuno invece, cercarono ricovero sotto il porticato della fornace.
Fu quella la ragione della loro sciagura!
Il vento fattosi terribilmente impetuoso, avvolse le case, le piante, gli alberi in un turbine spaventevole.
Ad un tratto l’alto camino com immenso fragore, ha ceduto!
Si è come ripiegato su se stesso ed è venuto ad abbattersi sulle mie stanze e sulla tettoia.
Di essa non rimase più segno.
Tutto era sprofondato e sotto le macerie si trovavano le persone che avevano cercato ricovero.
Tutto ciò si è svolto in pochi secondi.
Intanto la pioggia ed il vento continuavano nella loro opera di distruzione.
Poco dopo giungevano contadini ed operai.
Ma tutti rimasero istupiti dalla gravità del disastro e impossibilitati, al momento di recare aiuto.
Fu solo più tardi, quando giunsero anche i carabinieri dei vicini paesi che si cominciò l’opera di sgombero.
Le macerie furono rimosse con grandi precauzioni.
Furono così estratti da prima i corpi dei feriti.
Sperammo così di trovare tutti i nostri compagni soltanto feriti.
Ma la nostra illusione durò ben poco.
Dopo i feriti noi estraemmo dalle macerie quattordici cadaveri.
Ricordo che nei lavori di sgombero trovammo valido aiuto nel brigadiere dei carabinieri Valenti, negli operai Tommaso Basilico, Mantegazza Giovanni, Felice Nobili e Giuseppe Fusi.
Il lavoro è stato difficilissimo perchè le macerie bagnate cadevano sotto il peso dei rottami del comignolo infranto.
L’angosciosa opera nostra è durata oltre due ore.
Quando credevamo di aver finito, scorgevamo ancora un braccio, od una gamba sbucare dalle macerie, e la febbrile ricerca continuava.
Da un lato, fra i rottami ed il fango su di uno strato di paglia, e coperti di straccie da lenzuola, erano allineati quattordici miseri corpi, sformati, insanguinanti, contorti e quasi irriconoscibili.
Quel tratto di fornace pareva un cimitero dal quale fossero stati dissotterrati i defunti.
Abbiamo proceduto al riconoscimento delle vittime insieme ad alcuni uomini di Solaro.
NEL MANICOMIO DI MOMBELLO
Fra Limbiate e Solaro, su una collina si innalza come si sa, l’ampia fabbrica del Manicomio di Mombelli, anche lì scene di terrore si sono seguite con un crescendo spaventoso e terribile.
I pazzi che appartengono alla squadra colonica, lavoravano nelle campagne adiacenti di proprietà della provincia quando alle 16,30 il nubifragio si abbattè improvviso con fragore sordo, fu una fuga incerta , convulsa dei poveri pazzi verso il ricovero che era ancora lontano.
E si udirono in mezzo allo strepito della tempesta le grida disperate dei fuggenti a cui si unirono nella corsa anche gli infermieri.
Dentro il Manicomio intanto, lo spavento non fu minore.
Sotto una tettoia a vetri lavoravano parecchie suore e il personale di servizio;
allo scoppiare del cataclisma la fuga fu generale; le donne si rifugiarono in un vasto salorem atterrite.
E fu fortuna poichè dopo poco tempo la tettoia crollò fragorosamente.
Nel riparto dei pazzi furiosi le scene di terrore furono più spaventose.
I poveri dementi urlavano affannosamente in preda ad una paura fantastica.
Accorsero, pronti i dottori Corberi, Battistolla e Alzano, che col personale di infermeria poterono rinchiuderli nelle loro celle.
Ma la calma non tardò a sopraggiungere e passato il primo impeto pauroso, tutto tornò nella silenziosa calma di prima, tanto che i sanitari sopra ricordati poterono abbandonare il Manicomio portandosi con le automobili sui luoghi del disastro, dove organizzarono un pronto servizio sanitario.
Ecco un primo elenco dei morti:
1) Carlotta Marcora di Giovanni, d’anni 22;
- Bonizzoni Giovannina di Carlo d’anni 23;
- Brazzeili Albertina d’anni 25
- Zara Ersilia d’anni 26
- Rossi Rosa d’anni 37
- Mainini Carolina d’anni 25
- Ferrè Giovanni d’anni 51
- Bellotti Carlo d’anni 29
- Magugliani Giovanni, padre d’11 figli..
I feriti sono in gran numero.
Si ha fin qui notizie soltanto dei seguenti:
- Castiglioni Pietro d’anni 30 in condizioni gravissime
- De Bernardi Angelo d’anni 18
- Bonizzoni Mario d’anni 25
- Candiani Giuseppina d’anni 21
- Azzimonti Angeli d’anni 25
- Lualdi Giuseppina d’anni 20
- Prandoni Giovanni d’anni 26
- Prandoni Giovanni d’anni 26
- Colombo Paolo d’anni 26
- Vigezzi Cesare d’anni 26
- Venegoni Ernesto d’anni 11
A Busto Arsizio durante la notte sono morti altri due feriti.
Alle 10 di questa mattina è morta anche una ferita, cosicchè i morti a Busto ammontano a dieci.
Rimangono ancora nove feriti, la maggior parte dei quali in condizioni piuttosto gravi, uno specialmente, al quale dovrà essere fatta l’amputazione delle braccia.
Si preparano per domani, alle sedi, i solennissimi funerali per le vittime.
La Giunta municipale di Busto ha pubblicato un manifesto che è stato affisso su tutte le mura della città, nel quale invita i cittadini, e specialmente gli operai a partecipare numerosi alle manifestazioni di cordoglio che si renderà alle vittime.
Il consiglio comunale riunito d’urgenza ha votato 700 lire per le spese dei funerali e trecento lire per un ricordo marmoreo.
Ecco i particolari del disastro di Galbiate.
Durante il ciclone, il camino della filanda Foulet Freres alto 32 metri precipita sulla sala delle bacinelle, dove si trovavano circa 300 operai.
Fortuna volle che precipitassero verso il fianco dello stabilimento, evitando così una più larga strage.
EPISODIO DI LUTTO E DI VALORE
Rimase morta certa Spreafico Giuseppina di anni 26.
Sono feriti diversi operai.
Lo stabilimento è reso in parte inattivo per la distruzione di 25 bacinelle.
A Calolzio sono rimaste scoperchiate alcune ville.
A Rossino riportò gravi danni l’antico castello.
Stamane il prefetto si recò sui luoghi del disastro, visitando Legnano, Canegrate e Busto, dove si è temuto lungamente, volendo rendersi conto minutamente di tutti i danni avvenuti nei vari stabilimenti.
A Legnano si raccontano vari episodi.
Fra l’altro la cantoniera della ferrovia elettrica si rese ammirevole perchè con la sua presenza di spirito riuscù ad evitare un gravissimo disastro al streno che arrivava alla stazione nel momento in cui infuriava la tempesta.
Il camino della fabbrica Venanzi era caduto traverso il binario ed il treno procedendo a tutta velocità, senza che il macchinista se ne fosse accorto.
Allora la donna non curandosi dell’infuriare degli elementi, col bambino in braccio, tanto si adoperò che attrasse l’attenzione del macchinista e riuscì a fermare il convoglio a pochi metri dai materiali caduti.
Si osserva a Busto Arsizio questo curioso fenomeno.
Molti fumaiuoli hanno resistito alla raffica, però il parafulmine che si trova alla punta di essi è contorto ad angolo retto.
Ciò fa supporre che il fatto sia dovuto alla speciale influenza di energia elettrica.
Altri raccontano di avere visto dei fumaiuoli che non sono caduti nel momento della tempesta, oscillare visibilimente.
Forse, dicono molti, è per questo che non sono caduti: perchè non hanno opposto una resistenza completa all’infuriare del vento.
Circa i danni vi è da fare questa importante: i luoghi danneggiati sono da considerare dal doppio punto di vista: agricolo e industriale.
Sono danneggiati nell’industria soltanto Legnano e Busto Arsizio che non hanno territorio coltivato.
Tutti gli altri luoghi sono danneggiati soltanto nei raccolti.
Però vi è da considerare che quest’ultimo danno è molto minore dell’altro perchè il frumento era già stato raccolto: l’uva, che è andata a male, era stata già completamente distrutta dalla peronospora.
Non rimangono se non che il granoturco, che ha subito pochissimi danni e gli alberi sradicati e qualche frutteto, ma i danni prodotti sono di secondaria importanza.
Le condizioni però sono molto ben più gravi nei due centri industriali di primaria importanza che sono Legnano e Busto Arsizio, perchè qui le fabbriche sono in condizioni tali che non potranno riprendere il lavoro se non dopo un periodo di alcuni meso, occorrente alle riparazioni.
Alcuni proprietari sperano di poter far lavorare in qualche reparto, ma con tutto questo si prevede già che a Busto Arsizio rimarranno disoccupati più di 3000 operai e a Legnano invece saranno più di quattromila.
Bisogna aggiungere a ciò che i proprietari hanno avuto molta merce avariata e si troveranno nella dura condizione di non poter fare fronte agli impegni di consegna di merce che avevano assunto per epoca determinata.
Il caso di forza maggiore eviterà ad essi di pagare le multe stabilite nei contratti, ma ad ogni modo la merce non potrà più vendersi.
Come si vede, mentre da poco tempo si usciva dalla crisi manifatturiera prodotta dallo sbilancio nei mercati di cotone, si precipita ora in una nuova crisi.
A CAMERI (NOVARA)
Giunge notizia che a Cameri vi fu una vittima in seguito al ciclone.
I treni hanno subito delle fermate lungo la linea, e specialmente ad Oleggio i danni materiali sono gravi.
Il comignolo dello stabilimento Giuseppe Marcora a Daviago è pure crollato, ma non si ha notizia di vittime.
Gravi danni ha subito anche il cotonificio Valle Ticino, ma fortunatamente non si deplorano vittime.
Sulla linea dei Nord, un treno proveniente da Como, ebbe a lottare per parecchi chilometri colla tempesta che coprì in parecchi punti la linea sotto un cumulo di macerie di alberi spezzati.
Impossibile per ora precisare l’entità dei danni.
Il raccolto di un’intera e fertilissima regione è completamente distrutto, e centinaia di famiglie sono piombate nella miseria.
La notizia della sciagura produce da per tutto una tristissima impressione.
SUI LAGHI
A Como i danni materiali provocati dal ciclone di ieri furono relativamente non gravi.
Quasi tutti i paesi circonvicini furono colpiti.
Sul lago molti battelli corsero un serio pericolo.
Il Plinio ha rotto gli ormeggi.
Un autoscafo su cui si trovavano tre forestieri, corse pericolo di capovolgersi.
A Carimate una bellissima pinea rimase quasi completamente abbattuta.
Sul lago Maggiore parecchie barche si rovesciarono.
A Baveno un grosso vagone carico di 250 quintali di granito, fu sbalzato dalle rotaie e rimase sfasciato.
Il carico è perduto.
Tre barcaioli caddero in acqua, e si deve al coraggio dei salvatori se non annegarono.
TRAGICO SOMMARIO
In tutti i paesi danneggiati dal ciclone continua l’affannosa l’opera di salvaggio e la ricerca delle vittime.
A Busto Arsizio fu spedito un reparto di cavalleria.
Finora furono estratti i cadaveri di:
1)Fare Giovanni;
2)Bellotti Carlo;
3)Rossi Rosa
4)Maineri Carolina
5)Marcora Carlotta
6)Bonizzoni Giovanni
7)Baranzelli Albertina
8)Zara ErsiliaA Legnano, nello stabilimento dell’Acqua furono estratti i cadaveri di:
1)Raimondi Gaspare
2)Olgiati Luigi
3)Rotondi Gaetano,A Solaro crollò uno stabilimento seppellendo molti operai.
Vi furono 15 morti e 40 feriti.
Nelle officine delle ferrovie, a Saronno, venne estratto il cadavere del falegname Fontana Giuseppe,
A Busto un fulmine entrato in una cabina fulminò il deviatore Randetti Luigi.
L’ospedale di Legnano è scoperchiato.
A Vanzaghello vi sono otto donne uccise;
A Castellanza crollarono i comignoli delle manifatture Tosi e Cantoni.
Nessuna vittima.
Notasi la scomparsa di un ragazzo dodicenne a Canegrate; sono pure segnalate delle vittime.
Da Locate a Saronno i comignoli degli stabilimenti sono tutti crollati.
Ritornai oggi sui luoghi devastati dal ciclone.
L’immane disastro in pieno giorno in pieno giorno appare ancor più grave di quanto a tutta prima non apparisse stanotte.
Dovunque gli abitanti sostano costernati per le vie, davanti alle gravi rovine.
La zona maggiormente danneggiata è stata quella che da Legnano mette a Busto Arsizio, a Saronno, spingendosi nella ubertosa Brianza, dove il ciclone ha pure prodotto enormi danni ed ha fatto parecchie vittime.
Il vento impetuoso alzatosi improvvisamente ieri verso le ore 17 passò per la ricca zona del gallaratese come un flagello, atterrando le ciminiere di quasi tutti gli stabilimenti, diversi grossi alberi, scoperchiò un numero infinito di case.
Una grossa e violenta grandinata distrusse inoltre completamente il promettente ed assai florido raccolto, arrecando dovunque danni incalcolabili.
Danni gravissimi vi sono a Legnano, a Legnarello, dove si contano 5 morti e parecchi feriti.
L’Oospedale di Legnano è completamente scoperchiato.
Gravi danni subirono pure le chiese di San Domenico e di San Magno, i campanili di Sant’Ambrogio e della Madonnina furono molto lesionati.
L’abbandonata filanda Kramer a Legnanello ebbe pure il comignolo crollato: rovinò inoltre parte di un nuovo fabbricato di proprietà di certo Ciapparelli, e numerose vie sono ancora ingombrate.
I danni si fanno ascendere a parecchi milioni.
I funerali delle vittime che si prevedono imponenti, avranno luogo domani.
Molti stabilimenti, per le necessarie riparazioni, dovranno rimanere chiusi per qualche settimana.
Stanotte, da Milano giunsero di rinforzo guardie e carabinieri, con un drappello di soldati di fanteria.
Il punto dove il ciclone si scagliò con maggiore veemenza è stato Busto Arsizio, dove ben dieci ciminiere sono crollate e ben 11 morti sono già finora estratti dalle macerie.
Busto, dopo la catastrofe presenta un aspetto desolante.
L’interruzione delle linee telefoniche e telegrafiche rendono ancor più difficile l’avere notizie dai paesi flagellati dal ciclone.
A VANZAGHELLO
In questo paese otto sono i morti; tra questi le operaie:
Inaldi Vignati di anni 30
Murelli Luigia d’anni 18
Croci Savina d’anni 24
Le disgraziate furon travolte dalle macerie mentre tentavano di mettersi in salvo da un primo crollo parziale del comignolo della fabbrica Crospi.
Tra i feriti gravissimo notiamo:
Bombelli adele d’anni 26
Colombo Angela d’anno 14
Provasi Maria d’anni 15.
Nello stabilimento Visconti oltre ai gravissimi danni recati dal ciclone si ebbe a deplorare anche lo scoppio di un motore.
MORTI E FERITI A CERMENATE
Giunge notizia che a Cermenate (Como), molte case furono scoperchiate dal vento; altre in costruzione precipitarono.
Purtroppo anche in questo paese si devono lamentare due morti e parecchi feriti.
I morto non sono ancora identificati, tanto sono straziati, irriconoscibili.
I DANNI DEL CICLONE DI IERI
UN DEVIATORE COLPITO DAL FULMINE
NOVARA
Anche quest’oggi le notizie che ci pervengono dalle zone toccate dal famoso ciclone che ha prodotto tanto disastro sono veramente impressionanti.
Si devono bensì registrare molti altri disastri.
I promettentisimi raccolti della campagna sono andati distrutti completamente.
Ma ancor oggi il triste bilancio non si può fare, e non si può stabilire neppure approssimativamente alcuna cifra di danni.
Lo spettacolo che oggi offre la campagna in queste nostre regioni e lungo la linea che da Novara si estende sino a Saronno, colpita dal gravissimo ciclone devastatore è veramente dei più desolanti.
Le spighe del grano giacciono a terra disperse ed ovunque è uno squallore di morte; alberi divelti, stabilimenti scoperchiati, case quasi interamente distrutte.
Tutta l’ubertosa piana è ridotta in uno stato di devastazione incredibile.
La violenza del vento ha spazzato via tutto, ha stroncato come fuscelli gli alberi più robusti, ha atterati tutti i raccolti.
Ed è certo che nessun paese in questa vastissima zona venne risparmiato dal turbine.
Anche il numero delle disgrazie umane continuano ad aumentare.
Sul casello ferroviario presso la stazione di Busto, cadde un fulmine, mentre il deviatore Luigi Randetti vi si trovava come al solito, per compiere il proprio mandato.
La scarica fatale lo ha colpito ed il povero uomo fu gettato a terra come morto.
Accorsero parecchi suoi compagni e gli porsero aiuto.
Fortunatamente non è morto, ma si trova in condizioni gravissime.
Le ultime notizie recano ancora che, durante l’infuriare spaventoso del ciclone, sono avvenute terribili scariche elettriche, specialmente sui fili telegrafici e telefonici, moltissimi dei quali lungo il tratto da Novara a Saronno, furono lesi o spezzati.
FURIOSI TEMPORALI ANCHE NEL VICENTINO
Ieri sera ad ora tarda si è scatenato sulla città un violento nubifragio.
Caddero parecchi comignoli; fu interrotta la diramazione dell’energia elettrica.
Parte della rete tranviaria rimase danneggiata.
Il servizio tranviario rimase sospeso.
A Bertesina presso vicenza è pure scoppiato un furioso temporale.
Il Fulmine è caduto ed ha ucciso un contadino che si trovava sotto un albero per ripararsi dalla pioggia.
E’ accorsa sul luogo l’autorità.
Anche a Verona ieri sera si è scatenato in città un temporale violentissimo, accompagnato da vento e da grandine.
Dalla provincia giungono pure notizie di forti grandinate.