L’inverno che verrà lo vedremo; quello arrivato fino a questo punto della stagione è stato un inverno con qualche spunto pacato di freddo e di maltempo ma, francamente, ben lontano dalle aspettative di noi freddisti. Da appassionato, sin da bambino, degli algidi misteri del grande nord, trovo che la delusione superi la soddisfazione, anche a dispetto di analisi e commenti che, qua e là sulla rete, parlano di un inverno rispettabile se non, addirittura, piuttosto freddo. A mio parere possiamo parlare di un inverno senza estremi, moderato, variabile, abbastanza dinamico, caratterizzato anche da qualche temporanea spinta polare o artica, ma nulla di più. Gli inverni adeguati alle speranze dei freddisti sono ben altri. E lo dimostra una configurazione emisferica che ha visto, quasi costantemente, un VP in buona salute, il dominio del flusso occidentale, per quanto ben ondulato, e l’assenza totale di rialzi barici continentali influenti. Al riguardo, tra l’altro, sussistono nei forecast, indicazioni che la dominante descritta possa coinvolgere anche i primi giorni dell’anno. Il disegno generale, che identifica la situazione in quota intorno al 2-3 gennaio, mostra, infatti, un sostanziale contesto zonale, seppur in presenza dell’ennesima moderata spinta nord-atlantica in affondo tra mediterraneo centro-orientale e penisola balcanica. La tipica alternanza tra riprese anticicloniche da occidente e queste moderate irruzioni polari può, quindi, andare avanti e procedere con la nuova irruzione dell’epifania (linea da arancione a blu simbolo di una isoipsa di riferimento), almeno nelle prospettive, più incisiva della precedente. Il dopo ulteriore, che, nei forecast di lungo termine che disegnano i giorni di metà gennaio, mostra segni di una certa svolta nella direzione che piace ai freddisti, è abbastanza allettante ma, francamente, anche troppo distante e, quindi, molto da rivedere e poco affidabile…