Arriva, non arriva, forse arriva…
La querelle dell’arrivo di un El Niño era iniziata la scorsa primavera, quando nell’Oceano Pacifico equatoriale è nata una Kelvin Wave, cioè un’ondata sottomarina di trasporto di acqua calda da ovest verso est, dall’Indonesia verso le coste del Sud America. Era il segnale che la componente oceanica degli eventi di riscaldamento superficiale di quella porzione dell’oceano si stava attivando, dopo lunghi mesi in cui degli alisei molto robusti avevano continuato a contenere l’acqua calda verso est. Date le proporzioni di quella Kelvin Wave, in molti hanno iniziato a pensare che sarebbe arrivato un super El Niño, nonostante si fosse in primavera, cioè tecnicamente al di qua di una nota barriera prognostica definita appunto spring barrier.
A corroborare questa tesi, la previsione dell’incipt di un evento significativo diramata da un gruppo di ricerca che ha messo a punto una tecnica di previsione che avrebbe dovuto permettere di aggirare la barriera di primavera. Il meccanismo però si è inceppato quasi subito, perché la componente atmosferica del processo di innesco non ha collaborato. La differenza di pressione atmosferica tra Darwin e Tahiti è rimasta accentuata e quindi gli alisei non hanno mollato. Risultato, le chances di avere un El Niño forte sono via via diminuite, fino a mettere in dubbio la possibilità che l’evento avesse luogo.
Ora invece sta montando una nuova Kelvin Wave, appena visibile, che potrebbe tornare a far salire le probabilità che El Niño finalmente arrivi, magari raggiungendo puntualmente il suo picco intorno alla fine a Natale, rispettando anche l’etimologia del suo nome. Ma, se arriverà, sarà un evento che gli analisti stimano probabilmente debole, forse moderato, comunque non intenso.
Questo, da un lato allontana il rischio che le reazioni a catena che El Niño provoca normalmente, le piogge alluvionali in Sud America tra tutte, ma anche il termine della siccità sugli Stati uniti orientali e tutte le altre conseguenze dirette e indirette, assumano proporzioni troppo ampie, dall’altro potrebbe impedire che un evento assolutamente naturale e ciclico come questo, in grado di innescare un aumento delle temperature globali per il rilascio di calore dal mare, possa essere preso a pretesto da chi non aspetta altro che la temperatura torni ad aumentare per gridare al ritorno del global warming, notoriamente in ferie da oltre tre lustri.
Del resto, con la persistenza di una Oscillazione Decadale del Pacifico in territorio negativo, le probabilità di intensi El Niño sono davvero basse e pare che neanche stavolta aumenteranno.
Qui su CM, in pratica abbiamo seguito questo evento sin dall’inizio. Poi è arrivata la serie di post molto esplicativi di Bob Tisdale e abbiamo segnalato e seguito anche quella, insieme alle previsioni via via rilasciate e aggiornate dai centri di ricerca che si occupano di queste analisi. Ora di quei post è arrivata addirittura la diciottesima puntata, mentre appena qualche giorno fa è uscito un nuovo aggiornamento della NOAA. La storia non è ancora finita ed è tutta da seguire. Stay Tuned.
Autore : Guido Guidi (www.climatemonitor.it)