Ci sono molti modi per mettere a nudo i problemi che soffrono attualmente i nostri ghiacciai. Una di queste è sotto gli occhi di tutti, o almeno di coloro che frequentano i grandi ghiacciai delle Alpi, i quali quest’anno si mostrano in una veste insolita, certamente inquietante.
Enormi fenditure, molte delle quali mai apparse prima d’ora, solcano i pendii ed orlano alla base le cime ghiacciate che fanno da tetto di confine con le vicine Svizzera, Francia e Austria. Una cintura quasi invalicabile che rende difficoltose e a volte addirittura impraticabili, anche le salite alle vie normali di alcuni celebri “Quattromila” delle Alpi. L’impressione è quella di un cedimento generale delle strutture glaciali, in realtà trattasi di un evento ascrivibile al fenomeno noto tecnicamente come “surge rapido, una sorta di “piena glaciale”. Monte Bianco, Monte Rosa, Gran Paradiso, Bernina, Jungfrau, nessun colosso glaciale delle Alpi sfugge a questo drammatico momento.
In buona sostanza il fenomeno è dovuto alle abbondanti nevicate degli ultimi 2 anni e mezzo e in particolare quelle accumulate durante l’ inverno 2013-14 ed il prosieguo della fresca e nevosa estate del 2014. Queste nevicate hanno creato un compatto substrato di neve trasformata. Ora, con il repentino cambiamento delle condizioni climatiche dell’estate 2015, molto calda e priva di importanti precipitazioni, si è creata una linea di frattura tra questo substrato nevoso, ormai divenuto pesante, e lo zoccolo sottostante.
In pratica la buccia nevosa sta scivolando rapidamente verso il basso, trascinando con sè anche parte del substrato di ghiaccio sottostante e sta causando l’apertura di imponenti crepacci. Questo fenomeno è particolarmente vistoso a carico delle crepacce terminali, ovvero degli orli glaciali che sorreggono le calotte nevose di cime e creste. Insomma, una rapida glaciale che normalmente avviene ciclicamente a seconda delle condizioni atmosferiche, ma che quest’anno è particolarmente vistosa. Come rimarranno le nostre cime dopo questi crolli? Solo il tempo ce lo potrà dire, certamente gli ambienti ne usciranno ampiamente rimaneggiati, alcune via di salita certamente da rivedere.
Intanto questa sorta di piena glaciale ci deve esortare a stare molto attenti nelle nostre salite alpinistiche, dato che trattasi di una situazione rara, che restituisce un territorio molto diverso dal solito, più infido sia per ciò che concerne i pericoli soggettivi (cadute in crepacci) , sia per ciò che riguarda i pericoli oggettivi (crollo di seracchi). l’esortazione è dunque quella di adoperare la massima prudenza e, durante le salite e soprattutto durante le discese (e in particolare nelle ore più calde del giorno), accertarsi in ogni momento delle reali condizioni del terreno sul quale si sta camminando e delle condizioni effettive della montagna che stiamo percorrendo.
Anche questo è ormai un obbligo, anche questo si chiama resilienza ai cambiamenti climatici.
Luca Angelini per Meteoservice.net