Curiosità dal Mondo & Misteri — 05 Ottobre 2015

Turchia, Arabia Saudita e Qatar non resteranno a guardare mentre Mosca continua ad aiutare Assad con l’appoggio di Iran e Hezbollah.

 
DAMASCO (WSI) – Dopo gli attacchi via aerea, la Russia prepara l’assalto dal mare in Siria, a sostegno del regime di Assad. L’ostinazione del presidente Putin a difendere l’ultimo baluardo rimasto ai russi in Medio Oriente rischia di provocare una guerra regionale, prima, e mondiale, poi.

Secondo diversi analisti e politologi, Turchia, Arabia Saudita e Qatar non resteranno a guardare con le mani in mano mentre Mosca continua ad aiutare il governo siriano con l’appoggio delle truppe iraniane e delle milizie sciite come Hezbollah.

In una settimana durante la quale il Cremlino ha lanciato decine di bombardamenti contro i ribelli anti governativi, non solo postazioni dell’Isis ma anche di fazioni armate dall’Occidente e addestrate dalla CIA come l’Esercito Libero Siriano, i paesi sunniti hanno continuano a dichiarare che vogliono vedere la fine di Assad.

“Non c’è futuro per Assad in Siria”, ha detto il ministro saudita degli Esteri Adel Al-Jubeir, poche prime che Mosca iniziasse a bombardare il paese ormai da anni coinvolto in una violenta guerra civile. Al-Jubeir ha aggiunto che se non viene offerta una soluzione di transizione politica, il suo paese valuterà seriamente l’opzione militare.

Almeno 39 civili sono morti nella prima tornat di raid aerei russi e la prospettiva di un’escalation del conflitto tra i sostenitori di Assad e i suoi avversari rischia di provocare un bagno di sangue. Non si puo’ conoscere per tempo l’esito di un simile evento. L’unica cosa sicura è che vittima sacrificale sarà il popolo siriano.

“L’intervento russo è un brutto colpo per chi appoggia gli oppositori del regime, in particolare i paesi piu’ potenti della regione mediorientale, come Qatar, Arabia Saudita e Turchia”, che non staranno dunque a guardare, secondo Julien Barnes-Dacey, professore ordinario di politica presso il Consiglio Europeo delle Relazioni Internazionali.

La posizione dei sauditi è chiara. “Dall’inizio delle rivolte in Siria, Riyadh ha continuato a chiedere la caduta di Bashar al-Assad. La posizione non è destinata a cambiare certo ora”, dice al Guardian Mohammed Alyahya, professore del King Faisal Centre for Research and Islamic Studies, a Riyadh.

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