Curiosità dal Mondo & Misteri — 20 Agosto 2016

Riportiamo questo interessante approfondimento, certi di fare cosa gradita ai nostri lettori. L’articolo in questione non è nostro ma del giornalista Rino de Stefano, che ringraziamo, tratto dal proprio sito www.rinodestefano.com.

Limone sul Garda, 9 Agosto 2011 – In Italia ci sono 38 persone, uniche al mondo, che, a causa di una mutazione genetica ereditata dai propri avi, sono del tutto esenti dal pericolo di infarto e ictus. Nel loro sistema cardiocircolatorio, infatti, non si deposita alcuna forma di grasso e di colesterolo.

Le “scorie”, se così possiamo chiamarle, finiscono direttamente nel fegato, che pensa a metabolizzarle. Ebbene, i fortunati portatori di questa miracolosa mutazione, sono tutti originari di uno dei paesini lacustri più belli al mondo, Limone sul Garda. La maggior parte di essi vive ancora nell’antico borgo; alcuni, invece, nel corso degli anni si sono trasferiti in altre città, come Cremona, Verona e Milano, dove attualmente risiedono.

Tutti, però, hanno comuni radici a Limone dove nel 1752 una coppia di sposi, proveniente dal Trentino, Cristoforo Pomaroli e Catarina Zito, cominciò a regalare ai propri discendenti quella che nel 1979 il professor Cesare Sirtori, medico e farmacologo di fama mondiale, chiamò l’apolipoproteina A-1 Milano, Perché fu proprio il professor Sirtori a scoprire l’anomalia genetica che ben presto provocò stupore e meraviglia negli ambienti scientifici internazionali.

La scoperta era talmente sensazionale che, in un primo tempo, fu osteggiata. Qualcuno arrivò a pensare che il professor Sirtori e la sua équipe avessero confuso una rara malattia del fegato con la presenza di un’ipotetica apolipoproteina. Ma non era così. E quando vennero le conferme dei Centri di ricerca Gladstone di San Francisco e Bethesda, nei pressi di Washington, anche i più scettici dovettero ricredersi: quella mutazione genetica era un fatto reale, si era verificata tre secoli prima per motivi sconosciuti e riguardava un piccolo gruppo di persone, tutte discendenti da un’unica coppia.
Il professor Sirtori (col microfono) al quinto congresso scientifico internazionale di Limone sul Garda

Ma vediamo come si è arrivati alla scoperta. Tutto iniziò nel 1974 quando il signor Valerio, ferroviere di mezza età, fisico asciutto, sguardo leggermente depresso, si rivolse al dottor Ruggero Rizzitelli, medico-capo delle Ferrovie, accusando una lunga serie di disturbi gastroenterici: ulcera, problemi digestivi generici, anemia poi regredita, e altro ancora. Per prima cosa vennero eseguiti degli esami di laboratorio e il primo a prenderne visione fu il dottor Franco Conti, allora aiuto medico.

La cosa che più insospettì il dottor Conti è che, nonostante al signor Valerio fosse stato somministrato del clofibrato, cioè un potente farmaco che a quel tempo veniva utilizzato per abbassare i grassi nel sangue, invece di ridursi, i trigliceridi salivano. Tanto che, ad un certo punto, il signor Valerio si rifiutò di assumere altre quantità della medicina. Fu a quel punto che il dottor Conti decise di chiedere il parere del professor Sirtori, farmacologo di chiara fama, sottoponendogli quel misterioso quesito. Come mai, infatti, il clofibrato otteneva un risultato opposto proprio in quel paziente?

Per prima cosa, il professor Sirtori ordinò altri esami, in particolare uno: l’elettroforesi delle lipoproteine. Come spiegò egli stesso, si trattava di una tecnica (oggi superata) che consentiva di avere un quadro indicativo sulla distribuzione dei grassi nelle varie particelle, cioè le lipoproteine che li trasportano. E qui ci fu la seconda sorpresa. Infatti, nel signor Valerio si notava la quasi totale scomparsa della banda alfa, il cosiddetto “colesterolo buono”. Alcuni tra i portatori dell'apoliproteina A-1 Milano

Come era possibile che in quel ferroviere di mezza età non ci fosse la banda alfa? Sirtori pensò subito a qualcosa di genetico e allora volle che anche i tre figli del signor Valerio si sottoponessero allo stesso esame. E venne fuori che due di loro non avevano la banda alfa. Provò quindi con i genitori del signor Valerio. La madre, che soffriva di una malattia vascolare, aveva una banda alfa normale. Il padre, invece, perfettamente sano, quella benedetta banda alfa non l’aveva neppure lui.

Tutto questo avveniva nel corso del tempo. Fu nel 1979, ormai a cinque anni dai primi esami del signor Valerio, che il dottor Guido Franceschini, dinamico collaboratore del professor Sirtori nel Centro E. Grossi Paoletti a Niguarda, in quel di Milano, che, eseguendo un esame di laboratorio, si accorse che nel sangue del paziente era presente una proteina con un gruppo di zolfo, e più precisamente della cisteina. Per essere sicuri che non fosse stato fatto alcun errore, un campione del sangue venne inviato al Centro di ricerca Gladstone di San Francisco. “La risposta fu inequivocabile – raccontò il professor Sirtori – era presente una proteina, certo un mutante, e conteneva cisteina”.

Alcuni mesi dopo il professor Sirtori e il suo collega statunitense Robert Malhey presentarono ad un congresso internazionale il primo mutante delle apoproteine umane. Il nome gli venne imposto dallo stesso professor Sirtori: A-1 Milano, in omaggio alla città dove venne scoperto. Era la fine del 1979 e si stava aprendo una nuova era scientifica che avrebbe investito in pieno i quasi mille residenti di Limone sul Garda.

Prima di tutto, per completare le ricerche di laboratorio sulla mutazione genetica avvenuta nel borgo sul lago, gli americani chiesero la collaborazione di un paio di soggetti portatori della A-1 Milano. Il fratello del signor Valerio, Graziano, e suo figlio Marco, accettarono di sottoporsi a tutti quegli esami che non era ancora possibile fare in Italia.
Il porto vecchio di Limone sul Garda

I due, accompagnati dal dottor Franceschini, giunsero così a San Francisco dove vennero sistemati in una stanza del Reparto Cure metaboliche del General Hospital. Franceschini, invece, alloggiava in una camera del Travel Lodge, un albergo nelle vicinanze. Gli esami durarono un mese, durante il quale Graziano e Marco vennero sottoposti a diete ferree, con precisi orari, per verificare il rapporto tra il cibo e gli esami in corso. Quando i tre italiani lasciarono la California, non si conosceva ancora alcun risultato delle analisi.
Qualche tempo dopo, continuando gli studi sulla A-1 Milano, Sirtori e Franceschini giunsero alla conclusione che era necessario estendere le loro ricerche a Limone sul Garda, al fine di studiare come il mutante si fosse tramandato fino ad oggi. Per farlo, avevano bisogno di analizzare l’intera popolazione del paese. E non sarebbe stato facile. Tuttavia, grazie all’aiuto del sindaco di Limone, commendator Demetrio Fedrici, l’operazione prelievi ebbe inizio e si svolse in quattro fine settimana, distribuiti nell’inverno 1981-82.

Il sangue venne prelevato a 850 abitanti, escludendo i bambini sotto i dieci anni. In cambio della collaborazione, a ogni volontario venne offerta un’analisi completa del quadro lipidico e la determinazione del gruppo sanguigno. Fu mentre si svolgevano le analisi di tutti quei campioni, che giunse la grande notizia dall’America.

Una veduta dalla antica limonaia di Limone sul Garda

I ricercatori di San Francisco avevano identificato l’errore molecolare responsabile della comparsa dell’A-1 Milano. Come spiegò il dottor Franceschini, “l’apolipoproteina A-1, presente nel sangue umano, ma anche in quello di molte altre specie animali, è costituita da 243 anelli. Il fatto straordinario verificatosi nei portatori dell’A-1 Milano, è che uno di questi 243 anelli differisce da quello presente nell’intera umanità. Ci troviamo cioè in presenza di quello strano fenomeno che i genetisti chiamano ‘mutazione’. I colleghi di San Francisco avevano scoperto che tale mutazione, nell’A-1 Milano era rappresentata dalla sostituzione del 173esimo anello della catena dell’apo AI (l’aminoacido arginico), con un anello diverso (l’aminoacido cisteina), confermando così l’idea iniziale della presenza nella proteina del signor Valerio, di un gruppo di zolfo”.

In conclusione, Sirtori e Franceschini scoprirono che 22 residenti su 850 avevano il mutante. Approfondendo poi le ricerche genealogiche, vennero a sapere che tutti erano discendenti della coppia Cristoforo Pomaroli – Catarina Zito. Altri 11 soggetti portatori del mutante vennero quindi identificati in città come Treviglio, Cremona, Verona e Milano. In tutto, quindi, in quegli anni erano 33. Oggi, invece, sono diventati 38.

Altri due limonesi, Davide Girardi e Amelio Segala, vennero chiamati negli Stati Uniti per effettuare altri esami nel prestigioso centro di ricerca di Bethesda. E, sempre dagli Usa, è giunta la notizia che è stata creata artificialmente una sostanza simile all’A-1 Milano che promette buoni risultati per chi soffre di malattie cardiocircolatorie.

Da quel momento Limone sul Garda è stata sede di cinque congressi internazionali durante i quali scienziati provenienti da ogni angolo del pianeta hanno cercato di studiare l’A-1 Milano, arrendendosi, però, davanti alla domanda chiave di questo misteriosissimo giallo scientifico: come e perché è avvenuta la mutazione genetica? Nessuno lo sa e forse nessuno lo saprà mai. Tutto quello che si può ipotizzare è che un giorno, un uomo e una donna, unendosi in matrimonio, hanno inconsapevolmente causato ciò che razionalmente non potrebbe essere. A meno che, aggrappandosi alla fede, non si pensi che, dopotutto, le motivazioni del Signore sono insondabili e non spetta all’uomo spiegarle con la sola arma della ragione…

Di: Rino di Stefano

Tratto da: www.rinodistefano.com

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