Ambiente, territorio & dissesti — 11 Settembre 2015

Uno studio italo-spagnolo fa luce sul mistero di un albero che sembra naturalmente protetto dalle fiamme. Con lo scopo di usarlo per combattere i roghi, nel Mediterraneo e non solo.

Prendete un appezzamento di piante coltivate a scopo scientifico. Ora, immaginate un disastroso incendio, che ne distrugga una buona parte: è accaduto, nel 2012, a una distesa di alberi di Andilla, nella provincia spagnola di Valencia, dove si svolgeva una ricerca sulla resistenza di alcune specie vegetali a un fungo patogeno.

 

Ma in quello sfortunato episodio è accaduto un fatto a dir poco strano. Tra circa 20 mila ettari di piante carbonizzate, i ricercatori hanno trovato una macchia completamente verde: un gruppo di cipressi che si ergevano ancora vivi e risparmiati dalle fiamme. Come è stato possibile? Uno studio appena pubblicato sul Journal of Environmental Management fa luce sul mistero.

Risparmiati. «Quando siamo arrivati sul posto abbiamo visto tutte le querce, i lecci, i pini e i ginepri completamente bruciati. Ma solo l’1,27% dei cipressi mediterranei era stato intaccato dal fuoco», racconta alla BBC Bernabé Moya, tra gli autori. La pianta in questione, della specie Cupressus sempervirens var. horizontalis, è stata analizzata nel dettaglio dai ricercatori del Forest Fire Laboratory di INIA-CIFOR, in Spagna, e dall’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante di Firenze.

I cipressi mediterranei trattengono grandi quantità d’acqua anche in situazioni di estrema siccità.

acqua sul fuoco. I test di infiammabilità della pianta, compiuti non solo su campioni secchi – come si usava in passato – ma anche su rami vivi e completi di foglie, hanno rivelato che la pianta è particolarmente ricca d’acqua. La spessa cuticola (il tessuto idrofobico che ricopre rami e foglie) e la struttura interna delle foglie riducono al minimo la perdita di liquidi anche nelle situazioni di calore estremo. Il risultato? Questi cipressi impiegano fino a 7 volte di più a incendiarsi rispetto a pini, ginepri e querce.

 

Altre “armi”. I frammenti di foglie che si depositano al suolo, poi, trattengono l’acqua come una spugna: un’ulteriore barriera contro le fiamme. La forma affusolata e rada della chioma dell’albero fa sì che non si accumulino foglie morte tra le fronde, e aiuta a dissipare il calore. Infine, se nelle conifere la componente resinosa della pianta fa accelerare la combustione, in questi cipressi i componenti volatili infiammabili degassano poco a poco, rallentando di fatto l’incendio.

Barriere universali. La speranza dei botanici è di poter sfruttare le proprietà di queste piante per creare zone “cuscinetto”, in grado di rallentare e arginare gli incendi tipici delle aree mediterranee. Piantagioni sperimentali con questo scopo sono state allestite a Valencia e Siena, ma la grande adattabilità della pianta, capace di crescere in vari tipi di suolo e altitudini, permetterà forse di utilizzarla anche altre zone aride, come Cile, Argentina e California.

Fonte: Focus.itwildfire_630x360

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