Editoriali — 09 Maggio 2015

La regione Trentino Alto Adige presenta entro i confini della sua modesta estensione territoriale (13.600 kmq) scarti termici e precipitativi degni di nota. Se le differenze di temperatura possono intuitivamente essere messe in relazione con la grande varietà altitudinale presente (dal fondo della Val Lagarina alle cime dell’Ortles si registra un dislivello di quasi quattromila metri), meno prevedibile è lo scarto nel regime delle precipitazioni che esiste tra il nord ed il sud del territorio.

Dalla Valle del Chiese, al confine con la provincia di Brescia, alla Val Venosta il tragitto in linea d’aria è breve, qualche decina di chilometri, ma sufficiente a distinguere nettamente il clima umido della prima località da quello della seconda, su cui piove poco più che in un deserto. Per spiegare una tale configurazione va presa in considerazione l’influenza che l’arco alpino esercita sulle correnti umide provenienti generalmente da sud o sud ovest. Sospinte dalle depressioni che si formano frequentemente sul Mediterraneo nel semestre freddo, esse trovano inevitabilmente sul loro cammino i contrafforti prealpini che delineano il margine settentrionale della Pianura Padana.

Costrette a risalirne i versanti, la massa d’aria originaria cambia le sue caratteristiche perdendo in temperatura, contraendosi e causando quindi la condensazione dell’umidità in eccesso, che cade sotto forma di pioggia o neve. Si osserva di conseguenza, man mano che le correnti procedono verso nord, ad un processo di graduale “prosciugamento” delle nubi, che giungono con un carico di umidità nettamente diminuito nel cuore della catena alpina.

Se, infatti, l’area meridionale e centrale del Trentino può contare su apporti di 1000-1500 millimetri d’acqua per metro quadro annui, alcune zone interne dell’Alto Adige (Val Venosta, media Val d’Isarco, Val Pusteria) rimangono al di sotto dei 700, con minimi anche intorno ai 500 mm, inferiori a quelli di molte località mediterranee, conosciute per il clima caldo e le distese assolate di sabbia e fichi d’India.

Ma che cosa impedisce dunque a queste aree di assumere aspetti simili ad un ambiente semi-desertico? Principalmente la temperatura media, decisamente fresca, che comporta un minor tasso di evaporazione, ma anche una certa uniformità nella distribuzione delle precipitazioni nel corso dell’anno, a differenza del contesto mediterraneo, per il quale l’estate rappresenta un prolungato periodo di siccità.

Anche i dati raccolti nei due capoluoghi di provincia confermano la situazione descritta: se a Trento in media cadono oltre 900 millimetri d’acqua per metro quadrato, a Bolzano si scende a circa 700. La differenza si nota ancor più in inverno, quando le precipitazioni sono spesso a carattere nevoso, e dunque facilmente quantificabili anche senza l’ausilio di appositi strumenti.

Eclatante è l’esempio del freddo gennaio 1985 che vide la città trentina sepolta da quasi un metro di neve, mentre a Bolzano non si superarono i venti centimetri. La maggiore piovosità (e conseguentemente una minore insolazione) del Trentino rispetto alla provincia altoatesina si evidenzia anche nell’altitudine raggiunta dalle coltivazioni agricole, che lungo la cresta centrale alpina si spingono ad una altitudine di quattrocento metri maggiore rispetto a zone poste più a sud.

Si può dunque concludere che anche le differenze nel regime precipitativo, così come in quello termico, sono da imputare alla presenza ed alla particolare disposizione ad arco della catena alpina.

La domanda che sorge spontanea a questo punto è la seguente: quale sarebbe il clima della nostra regione in sua assenza? Di certo differenziazioni e particolarità a livello locale svanirebbero istantaneamente. Il clima assumerebbe caratteristiche più spiccatamente centro-europee: l’estate si presenterebbe più breve ma molto calda, non più confortata dalle brezze quotidiane che garantiscono un certo rimescolamento dell’aria; l’inverno particolarmente freddo per la mancanza di protezione dalle correnti provenienti dalle regioni polari, ma anche più secco, a causa della mancata condensazione dell’umidità indotta dal sollevamento delle correnti mediterranee. Va dunque riconosciuto alle Alpi il merito di aver fatto del nostro territorio una zona dalle caratteristiche assolutamente singolari.

Fonte: Meteolive.it__070617___bolzano_neve

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