La circolazione oceanica, responsabile del clima mite dell’Inghilterra e della Scandinavia, è in rallentamento. L’evento non è né brusco nè drammatico come descritto nel film di fantascienza del 2004 “The Day After Tomorrow”, ma è comunque un effetto reale che avrà conseguenze per i climi dell’Europa occidentale e Nord America orientale.
Figura: Una rappresentazione della circolazione globale degli oceani. Nell’Oceano Atlantico, acqua calda viaggia verso Nord in superficie, mentre l’acqua più fredda viaggia a sud in profondità. I ricercatori stanno studiando che cosa controlli la forza di questa circolazione. Credit: NASA
Ma il rallentamento, contrariamente alla teoria fin ora sostenuto , non sarebbe collegato con la fusione del ghiaccio marino artico e con la conseguente immissione di acqua dolce nel settore settentrionale del Nord Atlantico.
Sembra invece collegato ad anomalie nelle correnti marine in prossimità del Sud Africa, secondo un recente studio della Università di Washington pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters.
Lo studio ha esaminato i dati da satelliti e delle boe oceaniche con i quali è stato monitorato quel naturale ciclo climatico noto come AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation) ovvero il ribaltamento della circolazione oceanica nell’Atlantico meridionale. L’AMOC è solo una parte di un nastro trasportatore oceanico in tutto il globo.
Ma ecco come funziona l’AMOC.
Nel Nord Atlantico tropicale le acque calde e salate della Corrente del Golfo, sotto la spinta dei venti che in verso orario ruotano introno all’anticiclone delle Azzorre, si dirigono dapprima verso i Caraibi e poi, dopo aver lambito al Florida si spostano con direttrice Nordest verso le Isole Britanniche, Il Mar del Nord. Ma qui giunto, ogni volumetto d’acqua ha perso per evaporazione una parte del contenuto liquido iniziale mentre il contenuto di sali disciolti (circa 35 grammi) è rimasto invariato. Pertanto il volumetto d’acqua, risultando ora più salato, e quindi più pesante, del pari volume d’acqua trovato sul Nord Atlantico, diviene più pesante dell’ambiente liquido circostante e quindi sprofonda nell’Oceano fino 2000-3000 metri di profondità.
Poi questa corrente di profondità, più densa dell’Oceano circostante perché è più fresca e più salata, si sposta verso Sud. Qui, una parte riemerge in superficie, chiudendo così l’anello della Corrente del Golfo nel Nord Atlantico; una parte invece prosegue nell’Atlantico meridionale per poi riemergere in superficie nel Sud di tale Oceano.
Ma là dove la corrente marina sprofonda allora trascina con sé e intrappola il calore solare immagazzinato dalla superficie dell’Oceano. Però anche la temperatura delle acque superficiali del Nord Atlantico ha un ciclo naturale di circa 60 anni. Nel trentennio nel quale le acque superficiali sono più fredde della norma la corrente AMOC viaggia più veloce e quindi sottrae maggiore calore dalla superficie, riscaldando invece di più le profondità dell’Oceano; nel trentennio invece nel quale sono le acque superficiali sono più calde della norma la corrente AMOC rallenta e quindi trasporta minore quantità di calore dalla superficie oceanica verso il fondo; ma in tal modo la superficie marina , essendo più calda della norma, contribuisce a surriscaldare anche l’atmosfera sovrastante. Questo ciclo di 60 anni circa nella temperature delle acque superficiali del Nord atlantico è nota appunto come AMO (Atlantic Multidecadal Oscillation).
Ma cosa ha scoperto tale nuova ricerca?
Innanzitutto i dati raccolti mostrano un rallentamento ben definito dal 2004.
E le cause?
Ebbene qui risiede la novità della nuova ricerca.
I ricercatori hanno escluso che il rallentamento sia avvenuto secondo la teoria sostenuta negli ultimi decenni. Ovvero la colpa non sarebbe, come fin ora sostenuto, della massiccia fusione di acqua dolce dei ghiacci artici, la quale rimescolandosi con l’acqua calda e salata della correnti del Golfo, ne avrebbe impedito lo sprofondamento fino a 2-3 km intorno 60 gradi di latitudine e da qui si sarebbe dovuta dirigere verso sud e risalire in prossimità dell’equatore.
Insomma “Sembra che questo rallentamento osservato negli ultimi 10 anni non sia correlato alla salinità,”, ha detto Kelly. Infatti, nonostante sia aumentata la fusione dei ghiacci polari artici, paradossalmente l’acqua di superficie nell’Artico sta diventando sempre più salata e quindi più densa e tutto ciò perché sono diminuite le precipitazioni e quindi anche gli apporti di acqua dolce ad alte latitudini nel Nord Atlantico. “Ciò significa che il rallentamento non poteva essere causato dalla salinità perché in realtà l’ Atlantico del Nord è divenuto via più salato” nell’ultimo decennio.
Fonte: www.meteogiuliacci.it