Astronomia & scienze dell'Universo — 07 Settembre 2015

Per la prima volta sono state immortalate le fasi iniziali dell’esplosione stellare che dà origine ad una nova, una vera e propria bomba H stellare.
Protagonista di questi scatti unici è la pirotecnica esplosione che nell’agosto del 2013 ci ha fatto sognare accendendo una nuova luce nella costellazione del Delfino, ovvero la nova Delphini 2013. Le prime rilevazioni dettagliate sono pubblicate su Nature da un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall’università della Georgia negli Stati Uniti. Foto Gianluca Masi, The Virtual Telescope Project 2.0

Telescopi puntati sulla nana bianca
Nelle prime 15 ore dalla scoperta della nova (avvenuta il 14 agosto 2013 per mano dell’astronomo giapponese Koichi Itagaki), gli esperti dell’università della Georgia avevano immediatamente puntato i telescopi del loro interferometro ottico Chara in modo da valutare forma e dimensioni dell’esplosione (non distruttiva ma solo superficiale) della nana bianca, una stella dotata di un diametro pari a quello della Terra ed una massa come quella del Sole.

L’innesco dell’esplosione
Questa fusione termonucleare, avvenuta ad una distanza di 14.800 anni luce dal Sole, è la conseguenza del ‘furto’ di idrogeno che la nana bianca ha consumato ai danni della stella compagna con cui ruota all’interno di un sistema binario: l’idrogeno accumulato in un vero e proprio oceano, profondo quasi 200 metri, ha determinato una forte instabilità fino a scatenare l’esplosione dello strato più esterno della nana bianca.

La cronaca delle prima fasi
Nelle prime fasi, questa palla di fuoco aveva le dimensioni dell’orbita terrestre; già 43 giorni dopo la detonazione, si era espansa di 20 volte, alla velocità di oltre 600 chilometri al secondo, fino a raggiungere le dimensioni dell’orbita di Nettuno, il pianeta più esterno del Sistema solare. Le immagini scattate dallo strumento Chara dimostrano che il materiale emesso dalla stella non aveva una forma sferica, bensì ellittica. Durante l’espansione, gli strati più esterni sono diventati più rarefatti e trasparenti: ad un mese dall’esplosione sono diventati addirittura brillanti, forse per la formazione di granelli di polvere che emettono luce nell’infrarosso.
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Fonte: ansa.it

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