Lo scorso mese di Gennaio due astronomi del California Institute of Technology (Pasadena, Usa) hanno presentato l’affascinante ipotesi dell’esistenza di un altro pianeta nel Sistema Solare, mai rilevato e subito etichettato come “Planet Nine”, pianeta nove (“nove” è la posizione lasciata libera da Plutone quando è stato declassato da pianeta a pianeta nano). Quindi dovrebbe in realtà, se Plutone non fosse stato declassato, essere il famoso “decimo Pianeta”, proprio quello…teorizzato dallo scrittore e sumerologo Prof. Zecharia Sitchin.
L’ipotesi relativa alla presenza di Planet Nine- Planet X, si basa sulle anomalie orbitali di alcuni oggetti della Fascia di Kuiper, la famosa “ciambella” di asteroidi e comete che circonda il Sistema Solare, che si spiegherebbero considerando gli effetti gravitazionali esercitati da un altro pianeta con massa 10 volte quella terrestre.
I due ricercatori che hanno fatto questa scoperta, il Dr. Konstantin Batygin e il Dr. Mike Brown, hanno sottolineato di poter identificare un’orbita, ma non la posizione del pianeta che la percorrerebbe in un tempo indefinito compreso tra i 10 e i 20 mila anni. La ricerca è dunque iniziata, e sempre grazie ai calcoli un team di scienziati francesi ha dimostrato che si può ridurre di molto la porzione (o area) di cielo dove cercarlo. In un lavoro pubblicato su Astronomy and Astrophysics money order fluoxetine prozac where to buy how can i get fluoxetine prozac pills purchase licensed pharmacy. store fluoxetine order now on line fluoxetine i francesi avrebbero dimostrato che, in base ai dati di Cassini (Nasa/Esa), la sonda in orbita attorno a Saturno dal 2004, è possibile escludere dalla ricerca due grandi aree del cielo.
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Usando un modello matematico i ricercatori francesi hanno studiato quale potrebbe essere l’influenza di Planet 9-Planet X su Saturno e in particolare sugli oggetti della Fascia di Kuiper, ma solo se questo pianeta ruotasse sull’orbita prevista dagli americani. In questo modo avrebbero dato una risposta all’incertezza della distanza tra Saturno e la Terra e, per il pianeta nove, identificate (per esclusione) le aree del Sistema Solare dove potrebbe trovarsi: un contributo prezioso, considerati i carichi di lavoro dei grandi telescopi terrestri e dell’Hubble Space Telescope – probabilmente gli unici che potrebbero rilevarlo.
Jacques Laskar, dell’osservatorio di Parigi, coautore della ricerca, ritiene che se la sonda Cassini potesse restare in orbita attorno a Saturno fino al 2020, l’area di ricerca potrebbe essere ulteriormente ridotta. Purtroppo, però, per la sonda automatica della NASA “Cassini”, siamo quasi a fine vita e il prossimo anno i tecnici dell’ente spaziale americano (JPL- Nasa) la faranno sicuramente precipitare nell’atmosfera gassosa di Saturno. A meno che ci siano nuovi finanziamenti per mantenere attivo il team tecnico-scientifico e di ricerca che potrà mantenere ancora (e per qualche tempo) in vita la missione Cassini.
Fonte Segnidalcielo