I resti di un’antica civiltà precolombiana sono stati rinvenuti nella foresta della Mosquitia: potrebbe trattarsi della leggendaria Città Bi
Antiche leggende del Centro America raccontano della Ciudad Blanca (Città Bianca), qualche volta chiamata Città del Dio Scimmia, nascosta da qualche parte in Honduras, nella regione della Mosquitia, la più grande foresta pluviale a nord dell’Amazzonia. Le leggende sono però adesso qualcosa di più che racconti tramandati di generazione in generazione: una spedizione guidata da Chris Fisher, antropologo della Colorado State University, ha infatti trovato i resti di una misteriosa civiltà proprio nella Mosquitia.
Nascosta nella foresta. Come di consueto nel caso di importanti ritrovamenti, l’esatta posizione del sito archeologico è top secret, per evitare saccheggi. Ciò che trapela dal dipartimento di antropologia dell’università è che si tratta di una delle aree più inaccessibili e incontaminate del Centro America, sul versante orientale dell’Honduras. Dell’antica città sono venuti alla luce finora pochi frammenti: il team di ricerca, composto da archeologi honduregni oltre che statunitensi, ha trovato blocchi di pietra, apparentemente tagliati a mano, e 52 oggetti parzialmente sotterrati che sono, forse, indizio di un rituale. Gli studiosi confidano di fare ulteriori scoperte scavando più in profondità.
Tra i reperti più interessanti c’è quello che è stato battezzato il giaguaro mannaro: «Una figura che sembra indossare una specie di casco», commenta Fisher, che potrebbe rappresentare uno sciamano in stato di trance nel mondo degli spiriti.
600 anni da soli. Della Città Bianca parlò il conquistador Hernàn Cortés nelle sue scorribande cinquecentesche e forse la sorvolò anche Charles Lindbergh nel 1927, ma nessuno la trovò mai, perciò la sua esistenza è finora rimasta confinata nella mitologia. Oggi si stima che l’ignota civiltà precolombiana, cui gli studiosi non hanno ancora dato un nome, abbia prosperato nella Mosquitia dal 1000 d.C. al 1400, per poi scomparire per cause ancora da chiarire. L’isolamento della città è stato tale che, secondo Fischer e i suoi colleghi, dall’epoca dell’abbandono (circa 600 anni fa), nessuno ci ha mai messo più piede. Questa tesi è supportata anche dalla straordinaria diversità biologica che caratterizza l’intera zona e dal fatto che molti animali hanno dimostrato, con il loro comportamento curioso e disinvolto, di non aver mai visto prima un essere umano.
Archeologia con il LIDAR. Lo straordinario ritrovamento non è il frutto di una caccia alla cieca o di un evento fortunoso. Il primo indizio risale al 2012, durante una ricognizione aerea di una valle a forma di cratere della Mosquitia, e sulla base di quello gli sforzi dei documentaristi Steve Elkins e Bill Benenson hanno poi permesso di localizzare il sito. Grazie alla collaborazione con il Center for Airborne Laser Mapping della University of Houston, che ha contribuito alle ricerche con la tecnologia Lidar (Laser Imaging Detection and Ranging, la stessa usata da Google per Street View), è stato possibile mappare la foresta pluviale e identificare i segni lasciati dalla civiltà scomparsa, come le tracce di un intervento umano sulle sponde del fiume e le cicatrici lasciate sul terreno da antichi edifici.
La spedizione ha poi confermato le interpretazioni avanzate sulle immagini Lidar. Il lavoro dei ricercatori è però solo agli inizi. La Città Bianca, se di questa si tratta, potrebbe rivelare una verità ancora più grande: secondo gli studiosi potrebbe infattii trattarsi solo del primo di una serie di insediamenti perduti, che dimostrerebbero l’esistenza di una grande civiltà che ha presidiato il territorio del Centro America a est dei Maya, rimasta finora sconosciuta per cause ancora tutte da capire.