Climatologia — 07 Settembre 2016

Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 13 Agosto 2016
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=41989

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Oggigiorno dovunque si vada, in qualunque contesto ci si trovi e qualunque sia l’argomento di discussione, sembra che ci possa essere un solo obbiettivo per la società globale, quello della decarbonizzazione dei processi produttivi, dei consumi e, conseguentemente, degli stili di vita. In questo, con molte parole, moltissime promesse e pochi fatti sostanziali, sembrano essere impegnati tutti i leader mondiali e tutte le organizzazioni sovranazionali. Non c’è discorso che non faccia riferimento al clima che cambia e alla necessità di ridurre le emissioni di gas serra. Persino la cerimonia di apertura delle olimpiadi è stata focalizzata su questo argomento.

Bene, sulla scarsa attendibilità degli scenari climatici, che scaturiscono da modelli di simulazione degli scenari economici e geopolitici, delle emissioni ad essi connesse e della relativa evoluzione del clima, abbiamo già speso fiumi di parole. Ma, se davvero si volesse prendere in considerazione l’eventualità di arrestare il momento condizionante del fattore antropico sul sistema climatico, le emissioni dovrebbero essere semplicemente azzerate, non ridotte né controllate, semplicemente eliminate. Non c’è limite dei 2°C che tenga, non ci sono alternative percorribili: se i modelli dicono la verità, dobbiamo smettere di emettere.

E, l’elemento cardine di questa autentica rivoluzione non potrebbe essere che uno, la transizione verso sistemi di approvvigionamento energetico privi di emissioni, che si tratti di energia primaria o meno. Tutto ciò che per esistere ha bisogno di una forma energetica dovrebbe impiegarne solo di pulite. Di qui, sebbene più per le allettanti prospettive economiche che hanno rappresentato che per reale volontà di darsi da fare, scaturisce la corsa alle fonti rinnovabili di questi ultimi anni, con l’energia prodotta dal vento e dal sole a farla da padrona.

Primo problema: ad oggi, con le tecnologie disponibili, tutto ciò che serve per costruire impianti di sfruttamento del vento e del sole non può essere costruito con l’energia da essi prodotta. Brevemente, questi non sono autosufficienti. Non c’è parco eolico o fotovoltaico infatti che possa tirar fuori abbastanza energia per far funzionare l’industria pesante, per esempio quella dell’acciaio, del quale servono grandi quantità per le installazioni di cui sopra. A seguire il cemento e così via. Questo già la direbbe lunga, ma passiamo oltre.

Secondo problema: una volta in piedi, comunque, gli impianti che sfruttano fonti rinnovabili producono energia ad intermittenza, cioè se c’è vento e se c’è sole, altrimenti, niente da fare. Purtroppo, nonostante si stia cercando di far progressi, non si conoscono processi di immagazzinamento che consentano di far fronte a questa disponibilità ad intermittenza. Sicché, perché si possa far uso di fonti rinnovabili, si deve poter disporre di energia prodotta diversamente pronta a coprire le fasi di deficit. Questo prezioso lavoro ‘sporco’ che qualcuno deve pur fare lo possono fare solo le fonti fossili. Neanche tutte, perché si parla soprattutto di gas naturale, i cui impianti di nuova generazione possono andare a regime in tempi molto brevi. Di qui si capisce, senza mezzi termini, che emissioni zero è una locuzione senza senso.

Sin qui tutte cose note, che però molti si dimenticano di dire, semplicemente dicendo invece che è solo un problema di scala, cioè che se le fonti energetiche rinnovabili fossero molto più diffuse, si risolverebbe il problema dell’intermittenza, perché da qualche parte vento e sole ci sono comunque. A parte l’altra amnesia ricorrente riguardante il tema dello sfruttamento del suolo – per produrre dal sole tutta l’energia per autotrazione che sfrutta il nostro paese dovremmo coprire di pannelli tutta la Pianura Padana, città comprese – vale la pena segnalare una ricerca appena pubblicata:

Bridging the Gap: Do Fast Reacting Fossil Technologies Facilitate Renewable Energy Diffusion?

Sorpresa! Fatti due conti, salta fuori che la diffusione delle fonti rinnovabili è correlata, anzi, favorita dallo sfruttamento di quelle fossili, con specifico riferimento al gas naturale. Analizzando dati provenienti da 26 Paesi, a parità di tutte le altre condizioni, un aumento dell’1% nell’utilizzo di tecnologie a reazione rapida da fonti fossili è associato con uno 0,88% di aumento di capacità di generazione da fonti rinnovabili nel lungo periodo. E, inoltre, se si vuole che il sistema funzioni, gli impianti e le infrastrutture di sfruttamento della risorsa fossile devono essere costruiti prima di quelli rinnovabili, affinché queste possano poi essere utilizzate efficacemente.

Ciò significa che, a meno di consistenti progressi nelle tecniche di immagazzinamento, il massimo di energia che potrà essere prodotta dalle fonti rinnovabili sarà il 50% del fabbisogno, comunque senza considerare gli aspetti relativi all’uso del suolo.

Ergo, chi parla di emissioni zero non sa di cosa parla. Qui, se credete, il Washington Post spiega bene la faccenda.

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