In futuro i rifiuti elettronici potrebbero diminuire drasticamente grazie a una sorta di meccanismo di “autodistruzione”. Ricercatori dell’Università dell’Illinois hanno sviluppato dispositivi in grado di dissolversi fino alle componenti molecolari, anche “a comando” e a distanza, ad esempio utilizzando segnali radio e calore come stimolo. In questo modo, spiegano sul sito dell’ateneo Usa, i materiali potrebbero essere riciclati molto più facilmente.
I ricercatori hanno realizzato circuiti elettronici in grado di dissolversi quando non servono più utilizzando diversi stimoli per innescare l’autodistruzione, come il calore, la luce ultravioletta, sollecitazioni meccaniche. La disintegrazione – che servirebbe a riciclare più facilmente i materiali – può essere innescata anche a distanza, grazie a un ricevitore di radiofrequenza e a una bobina di riscaldamento a induzione.
Realizzato anche un dispositivo in grado di dissolversi in acqua, con potenziali applicazioni in campo biomedico.
La ricerca, pubblicata su Advanced Materials e guidata dal professore di ingegneria aerospaziale Scott R. White, potrebbe essere un importante passo verso la riduzione dell’inquinamento elettronico e una produzione più sostenibile. Quello dei rifiuti elettronici (e-waste) non è un problema da poco. Nel 2014, secondo un recente rapporto del Programma dell’Onu per l’ambiente, l’industria elettronica ha generato circa 41,8 milioni di tonnellate di rifiuti e solo una piccola parte – stimata tra il 10 e il 40% – è riciclata e gestita in modo corretto. La montagna di e-waste potrebbe raggiungere 50 milioni di tonnellate fra soli tre anni.