«Ora farò luce come se fosse giorno» dichiara Tesla. Ed ecco che il teatro delle sue esibizioni, il laboratorio sulla newyorkese South Fifth Avenue, risplende di una luce straordinariamente chiara. Poi l’inventore balza su una piattaforma collegata a un generatore di tensione elettrica.
Lentamente lo scienziato alza il regolatore, fino a quando il suo corpo è esposto a una tensione di due milioni di volt. Le scariche elettriche crepitano intorno al suo busto. Fulmini e fiamme gli guizzano dalle mani.
Quando Tesla spegne la tensione, così riferiranno gli spettatori, intorno a lui scintilla un bagliore azzurrognolo.
IL DOMATORE DI ELETTRONI. Il “mago dell’elettricità” amava incantare l’alta società di New York con i suoi allestimenti. E mostrare ai giornalisti la potenza e la sicurezza del sistema di corrente elettrica da lui sviluppato. Le spettacolari esibizioni facevano parte della sua propaganda nella guerra per l’elettrificazione del mondo.
È una guerra che Tesla (seppure contro la sua volontà) combatté contro un altro inventore, altrettanto famoso. Un uomo dall’indole così diversa da personificare l’esatto opposto di Tesla: Thomas Alva Edison. Disinvolto, furbo, abile negli affari. Per gli americani Tesla era al contrario un “poeta della scienza”, un teorico e uno sfortunato cervellone, le cui idee erano “grandiose, ma del tutto inutili”.
Edison misurava il valore di una scoperta dalla quantità di dollari arrivati alla sua azienda. Per Tesla invece non si trattava solo di denaro: l’obiettivo di un’invenzione, sosteneva, consiste in primo luogo nello sfruttamento delle forze naturali per le necessità umane.
Vincitore perdente. Sarà alla fine proprio Tesla a vincere la battaglia per la corrente elettrica. Eppure – come successe spesso nella sua vita – ne uscirà perdente. Ed è proprio come perdente che oggi è tornato a incantare il pubblico: il numero dei libri e dei siti web che lo riguardano è in aumento, su YouTube ci sono video a lui dedicati, un gruppo rock ha scelto di chiamarsi Tesla. E una casa automobilistica finanziata dai fondatori di Google è stata battezzata Tesla Motor.
La misteriosa forza dell’elettricità affascinò Tesla sin dall’infanzia. Nato il 10 luglio del 1856 da genitori serbi nel villaggio croato di Smiljan, da bambino vedeva fulmini abbaglianti.
«In alcuni casi l’aria intorno a me si riempiva di lingue di fuoco animate» ricorderà Tesla nella sua autobiografia. Di solito queste visioni si accompagnavano a immagini interiori. Con gli occhi della mente Tesla osservava ambienti e oggetti tanto chiaramente da non riuscire a distinguere realtà e immaginazione.
Mente geniale. Con il tempo imparò a controllare queste suggestioni: viaggiava con il pensiero in città e Paesi stranieri, intrattenendosi con le persone e stringendo amicizie.
La forza della sua immaginazione si manifesta all’età di 17 anni, quando inizia a “occuparsi seriamente delle invenzioni”. Non aveva bisogno di alcun modello, disegno o esperimento per sviluppare i congegni: l’intero processo creativo aveva luogo nella sua mente. Lì costruiva le sue apparecchiature, correggeva gli errori, le metteva in azione. «Per me è del tutto indifferente costruire una turbina nella mia testa o in officina» scrisse «riesco persino a notare quando va fuori bilanciamento».
Nel 1875 il 19enne Nikola ricevette una borsa di studio al Politecnico di Graz, in Stiria. Il suo impegno sui libri era ossessivo, a volte dalle tre del mattino alle undici di sera, e nel primo anno superò nove esami con il massimo dei voti. «Ero posseduto da una vera e propria mania: dovevo concludere tutto ciò che iniziavo» ricordò. Quando si accinse a leggere Voltaire, apprese con sgomento che “quel mostro” aveva scritto un centinaio di libri. Ma affrontò comunque la mastodontica impresa.
Manie ossessive. Il giovane continuava a essere soggetto a comportamenti compulsivi. Nutriva una forte avversione verso perle e orecchini, provava disgusto per i capelli delle altre persone. Sentiva caldo davanti a una pesca. Ripeteva alcune attività in modo che le ripetizioni fossero divisibili per tre. Contava i passi mentre camminava, calcolava il volume del contenuto delle tazzine di caffè, dei piatti fondi, degli alimenti. «Se non lo faccio, il cibo non mi piace» annotò.
A Graz Tesla s’imbatté infine in un misterioso oggetto di studio che lo accompagnerà per il resto della vita: l’elettricità. Gran parte degli uomini, a quel tempo, consideravano la corrente elettrica una linfa misteriosa che scorreva lungo i fili grazie all’intervento di una mano fantasma. Tesla volle padroneggiare le leggi di questo fluido. E istintivamente si convinse che il futuro apparteneva a un sistema non ancora applicabile: la corrente alternata. Un generatore di corrente continua la produce grazie a un magnete permanente e a una bobina che ruota all’interno dell’apparecchiatura; nel caso invece di un generatore di corrente alternata, il magnete ruota al centro e produce la corrente nelle bobine collocate all’esterno.
Il vantaggio consiste nel fatto che non è necessario prelevare la corrente elettrica da una bobina rotante, utilizzando contatti striscianti che sprizzano scintille. Essa si forma invece nella parte esterna, statica, del generatore.
All’epoca tutti gli apparecchi elettrici erano alimentati in corrente continua, quella che scorre incessantemente nella stessa direzione (vedi illustrazione qui a sotto). Gli scienziati del tempo giudicavano impensabili motori elettrici alimentati a corrente alternata. Ma Tesla credeva nella propria intuizione. Nella sua mente sperimentava un motore a corrente alternata dopo l’altro. Con il pensiero seguiva il veloce movimento alternato della corrente elettrica che frusciava nei circuiti di commutazione, all’inizio senza successo.
Intuizione fulminea. Ci vollero sette anni prima che Tesla, impiegato in una compagnia telefonica di Budapest, arrivasse a una svolta. In una sera del 1882, durante una passeggiata nel parco della città, la soluzione gli si presentò alla mente “come un fulmine”. Tesla afferrò un bastone e disegnò nella polvere il diagramma di un motore assolutamente innovativo, nel quale le bobine esterne, attraversate dal flusso di corrente alternata, generavano un campo magnetico rotante. In questo modo si creavano le forze che mettevano in moto il rotore interno (vedi illustrazione qui sotto).
Come in delirio, nelle settimane successive Tesla sviluppò ulteriori motori, dinamo e trasformatori; tutti necessitavano di corrente alternata, o la producevano. «Uno stato spirituale di completa felicità come non lo avevo mai provato nella vita» scrisse. «Le idee mi si presentavano in un flusso ininterrotto. L’unica difficoltà era riuscire a fissarle».
Tesla si rese conto che la corrente alternata offriva un vantaggio decisivo rispetto a quella continua: grazie alle sue proprietà fisiche, poteva essere trasportata via cavo per centinaia di chilometri, con perdite quasi nulle. Con la corrente continua, invece, si poteva farlo solo per brevi tratti.
In America. Due anni più tardi, nel 1884, si licenziò dall’azienda e prese la strada di New York, armato di una lettera di raccomandazione. Voleva lavorare con il grande Thomas Alva Edison e convincerlo del valore della sua pionieristica scoperta. Il magnate della lampadina aveva costruito la prima centrale elettrica pubblica al mondo nel centro di Manhattan. Ma la corrente prodotta era in grado di illuminare soltanto i lampioni elettrici nel raggio di un centinaio di metri. Per questo Edison progettò di coprire la città con una rete di generatori.
La lettera di raccomandazione procurò a Tesla un colloquio con Edison. Fin dal primo incontro fu però disilluso: quando espose le caratteristiche del suo sistema elettrico, l’americano gli replicò irritato di smetterla con quella follia. «La gente vuole la corrente continua, ed è l’unica cosa di cui intendo occuparmi».
Il furto di Edison. A ogni modo, Edison riconobbe il talento tecnico del giovane serbo e lo assunse, promettendogli un premio di 50mila dollari nel caso riuscisse a migliorare le prestazioni delle dinamo a corrente continua. Tesla accettò l’offerta. Dopo quasi un anno di duro lavoro, poté annunciare al capo i propri successi: le modifiche alle dinamo di Edison erano concluse, l’efficienza era aumentata in modo sostanziale. Ma la retribuzione promessa non arrivò. Edison si rifiutò di pagare il premio: «Tesla, lei non capisce il senso dell’umorismo americano» si giustificò.
Indignato, Tesla si licenziò. Più tardi scrisse sul (presunto) genio del secolo: «Se Edison dovesse cercare un ago in un pagliaio, si metterebbe a esaminare con la frenesia di un’ape un filo dopo l’altro, fino a trovare l’oggetto cercato. Con dispiacere ho assistito al suo modo di procedere, ben consapevole che un po’ di teoria e di calcolo gli avrebbero risparmiato il 90% del lavoro».
Meglio soli che male accompagnati. Il suo eccellente lavoro per la Edison Electric Light Company fece però conoscere Tesla nella cerchia degli specialisti. Subito dopo il licenziamento, il 29enne accettò l’offerta di un gruppo di investitori e fondò una sua azienda, la Tesla Electric Light and Manufacturing Company. Ma ancora una volta le sue speranze non si realizzarono. Invece di preparare all’immissione sul mercato i sistemi in corrente alternata, su richiesta dei finanziatori si ritrovò a costruire innovative illuminazioni per strade e fabbriche.
Tesla si dedicò meticolosamente allo sviluppo di una lampada ad arco e depositò svariati brevetti. Ma dopo aver portato a termine i suoi incarichi, fu estromesso dall’azienda e imbrogliato sui compensi. «Seguì un periodo di lotta» ricordò seccamente l’inventore. Per un anno si trovò a sbarcare il lunario lavorando, a chiamata, nella costruzione di strade.
Svolta. Ma all’inizio del 1887 il suo destino prese una piega inaspettata: il capo della squadra di costruzione venne a sapere del presunto motore dei miracoli ideato da Tesla e lo mise in contatto con Alfred K. Brown, il direttore della Western Union Telegraph Company. Le compagnie telegrafiche necessitavano di energia elettrica; e Brown era interessato alla corrente alternata, che poteva essere trasmessa su grandi distanze senza perdite. Non lontano dalla Edison Company, a Manhattan, i due presero in affitto uno spazioso laboratorio nel quale Tesla poté finalmente accelerare la trasposizione pratica del suo sistema in corrente alternata.
La guerra della corrente elettrica. Ebbe così inizio la guerra della corrente elettrica: Tesla depositava un brevetto dopo l’altro per i componenti del suo innovativo motore, teneva conferenze, inscenava le sue dimostrazioni davanti a un pubblico entusiasta e presto catturò l’attenzione dell’industriale George Westinghouse.
Westinghouse, egli stesso ingegnere e inventore, era entrato nel mercato elettrico da qualche anno, acquistando svariati brevetti. Diversamente da Edison, credeva nella redditività della nuova tecnica. Acquistò i brevetti di Tesla, stabilendo il pagamento di un diritto di licenza da 2,5 dollari per ogni cavallo vapore venduto dell’“elettricità di Tesla”. E scese in campo nella battaglia per la corrente alternata.
Grazie alle ridotte perdite di energia, Westinghouse poté erigere le sue centrali all’esterno delle città. Inoltre i suoi cavi di rame erano meno spessi di quelli richiesti dalla corrente continua, e i costi per le linee elettriche erano minori di quelli sostenuti dalla concorrenza.
Westinghouse riuscì a vendere l’elettricità a prezzi più favorevoli di Edison, e presto si ritrovò ad avere più clienti. Ma quest’ultimo passò al contrattacco: raccolse informazioni sugli incidenti che coinvolgevano la corrente alternata, scrisse pamphlet e fece pressione sui politici.
Il gioco sporco di Edison. Pagò giovani studenti perché catturassero cani e gatti che, durante esibizioni ufficiali, legava a placche di metallo, facendo poi passare la corrente alternata nel loro corpo sussultante. Chiedeva infine agli spettatori: «È questa l’invenzione che le nostre amate donne dovrebbero usare per cucinare?».
Nel gennaio del 1889 nello Stato di New York entrò in vigore una nuova legge: gli assassini sarebbero stati condannati a morte tramite corrente elettrica. Edison perorò la causa della corrente alternata. Nell’agosto del 1890 un uomo (William Kemmler) morì sulla prima sedia elettrica: tramite corrente alternata. L’interruttore dovette essere premuto due volte prima che il condannato smettesse di sussultare.
Ma la campagna di diffamazione promossa da Edison non raggiunse i suoi obiettivi. Nel giro di due anni Westinghouse costruì oltre 30 centrali elettriche e rifornì 130 città americane con la corrente alternata di Tesla. Nel 1893 fu lanciato il bando per l’illuminazione dell’Expo di Chicago: Westinghouse offrì quasi un milione di dollari meno di Edison.
Dal novembre del 1896 in poi, in tutto il mondo le città installarono quasi unicamente centrali a corrente alternata. Nikola Tesla stava per diventare uno degli uomini più ricchi del pianeta: secondo il contratto di licenza avrebbe dovuto incassare una percentuale per ogni motore elettrico venduto, e per ogni utilizzo dei brevetti sulla corrente alternata. Ma gli investitori spinsero Westinghouse a modificare il contratto.
Tesla e le sue invenzioni.
Ingenuo o magnanimo? L’imprenditore disse chiaramente a Tesla che dalla sua decisione dipendeva il destino dell’azienda. Tesla, che in Westinghouse vedeva un amico, strappò il contratto e barattò la percentuale per i brevetti con un importo forfettario di 216mila dollari. In questo modo perse ogni diritto non soltanto sugli onorari già guadagnati, presumibilmente 12 milioni di dollari, ma anche sui miliardi che si sarebbero prodotti in futuro.
Per Tesla il denaro non era importante: ciò che contava era la diffusione della sua tecnica. L’inventore era già immerso in nuovi compiti. Immaginava un mondo in cui tutti gli uomini avrebbero ricevuto energia gratuita e illimitata. Per Tesla le reti elettriche erano soltanto uno stadio intermedio nel percorso verso un sistema senza fili, in grado di spedire intorno al globo informazioni ed energia.
Energia a distanza. Nel 1898 sviluppò il primo radiocomando a distanza. L’anno successivo da un laboratorio situato vicino a Colorado Springs riuscì a inviare onde radio a una distanza superiore ai 1.000 chilometri.
Nel 1900 Tesla trovò un finanziatore per la costruzione di una futuristica torre-antenna a Long Island: il suo obiettivo era inviare negli strati superiori dell’atmosfera onde altamente energetiche per distribuire l’energia intorno al globo. Ma poco prima dell’ultimazione del progetto, l’investitore si ritirò: se chiunque nel mondo avesse potuto utilizzare senza controllo l’energia prodotta a Long Island, da dove sarebbero venuti i guadagni? Tesla ne ricavò un esaurimento nervoso da cui faticò a riprendersi. Nel 1917 l’impalcatura di acciaio della torre fu fatta esplodere e i rottami venduti per mille dollari.
Nello stesso anno l’inventore avrebbe dovuto ricevere la prestigiosa Medaglia Edison. Ma Tesla rifiutò: l’onorificenza avrebbe dato lustro solo allo stesso Edison. Bernard Arthur Behrend, presidente della giuria, lo persuase ad accettarla. «Se privassimo il mondo industriale di tutto ciò che è nato dal lavoro di Tesla» disse Behrend «le nostre ruote smetterebbero di girare, le vetture elettriche e i treni si fermerebbero, le città sarebbero buie e le fabbriche morte e inutili. Il suo lavoro ha una tale portata da essere diventato il fondamento stesso della nostra industria».
Nonostante la fama e i suoi 700 brevetti, il mago dell’elettricità non ebbe mai successo economico.
Il 7 gennaio del 1943, a 86 anni, Nikola Tesla, l’inventore più disinteressato della Storia, morì povero in canna in una camera d’albergo di New York.
Fonte Focus.it