1,4 milioni di decessi in 1 anno soltanto in Europa. All’Italia occorre coerenza tra parole e fatti
di Luca Aterini
www.greenreport.it
L’inquinamento ambientale, secondo quanto stimato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel suo nuovo rapporto Preventing disease through healthy environments è responsabile di 12,6 milioni di morti ogni anno nel mondo, 1,4 milioni dei quali (riferiti al 2012) nella sola Europa. In pratica, circa «1 morte su 4 (il 23%, ndr) a livello mondiale è determinata da fattori di rischio ambientale legati al luogo in cui si vive o si lavora».
Nel dettaglio, all’Oms hanno esaminato oltre 100 categorie di malattie e di danni alla salute cui hanno contribuiscono fattori di rischio ambientale come l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, le esposizioni chimiche, i cambiamenti climatici e le radiazioni ultraviolette: è stato dunque osservato che la stragrande maggioranza dei decessi correlati ai rischi ambientali sono dovuti a malattie cardiovascolari, come ictus e cardiopatie ischemiche. In prima fila compare appunto l’ictus (2,5 milioni di morti ogni anno), seguito solo a distanza dai tumori (1,7 milioni di morti ogni anno) o dalle infezioni delle vie respiratorie (567.000 decessi all’anno).
La maggior parte di questi decessi si concentra nei paesi poveri e in via di sviluppo, come in Africa (2,2 milioni di morti ogni anno), nelle regioni del Pacifico occidentale (3,5 milioni di morti) e soprattutto in quelle del sud-est asiatico (3,8). È una dimostrazione indiretta di come tecnologie produttive, modelli di consumo e interventi legislativi più attenti all’ambiente possano tracciare la direzione verso uno sviluppo sostenibile, ma è indispensabile notare come anche il Vecchio continente abbia ancora molto da progredire in quest’ambito: l’Europa, come già accennato, non a caso subisce ogni anno 1,4 milioni di morti legati a fattori d’inquinamento ambientale.
Nel rapporto – sottolineano dall’Oms – emerge che i più esposti ai fattori di rischi ambientali sono i bambini al di sotto dei cinque anni e gli adulti di età compresa fra i 50 e i 75 anni. Ogni anno 1,7 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni e 4,9 milioni di adulti di età compresa tra i 50 ei 75 perdono la vita per cause che potrebbero essere evitate grazie ad una migliore gestione dell’ambiente. Sono infatti i bambini ad essere maggiormente colpiti da infezioni delle basse vie respiratorie e dalle malattie diarroiche, mentre le persone anziane sono le più esposte a malattie non trasmissibili.
«Un ambiente sano è alla base di una popolazione sana – è il commento di Flavia Bustreo, vice direttore generale dell’Oms per la Salute della famiglia, delle donne e dei bambini – Se i Paesi non intraprendono al più presto azioni volte a ridurre l’inquinamento e migliorare le condizioni dell’ambiente in cui si vive e si lavora, in milioni continueranno ad ammalarsi e a morire prematuramente. È necessario agire in fretta ed investire in strategie efficaci per ridurre i rischi ambientali nelle nostre città, case e luoghi di lavoro. Investimenti mirati possono aiutare a ridurre a livello globale e in modo significativo il crescente numero di malattie cardiovascolari e respiratorie, così come anche di tumori, ed al tempo stesso a ridurre i costi del sistema sanitario».
Come si muove l’Italia in questo delicato terreno? Bustreo sottolinea che il nostro Paese ha «giocato un ruolo chiave nell’ambito degli ultimi negoziati sul cambiamento climatico tenutisi a Parigi alla fine del 2015 e, possiede sia le conoscenze che le capacità tecnologiche per giocare un ruolo di leader nel combattere gli effetti dell’inquinamento ambientale sulla salute. In virtù dell’esperienza in tema di utilizzo di energie pulite sul territorio e la grande varietà di fonti energetiche di cui il Paese è dotato, l’Italia può giocare un ruolo chiave su queste tematiche anche nell’ambito dei paesi G7». L’Italia però è per antonomasia Paese delle contraddizioni: se è vero che durante la Cop21 ha rafforzato l’asse costituito dagli Stati schierati contro l’avanzata dei cambiamenti climatici, di fatto entro i propri confini l’attuale governo ha realizzato ben poche politiche ambientaliste, e anche in fatto di clima abbia prodotto più parole che impegni concreti.
Un esempio ne è la politica sulle trivellazioni petrolifere. Tra le azioni concrete delineate nel nuovo rapporto Oms per invertire la tendenza al rialzo registrata in termini di malattie e morti legate all’inquinamento ambientale spicca l’utilizzo di tecnologie energetiche a bassa emissione di carbonio, mentre tra poco più di un mese – il 17 aprile – i cittadini italiani saranno chiamati con un referendum ad esprimersi sulle attività di ricerca idrocarburi offshore. «Il voto del 17 aprile – hanno già affermato con chiarezza gli ambientalisti – serve anche a chiarire che gli italiani pretendono serietà e hanno l’ambizione di essere rappresentati nel mondo da politiche coerenti, non da chiacchiere».
Fonte blueplanetheart