Carri armati, armamenti pesanti e 5mila soldati. Sarebbe la prima volta dalla fine della Guerra Fredda che gli americani ammassano armi e mezzi di tale entità nel Vecchio Continente
Gli Stati Uniti potrebbero presto inviare un segnale forte al Cremlino. Un segnale che andrebbe ben al di là delle possibili nuove sanzioni minacciate all’ultimo G7.
Secondo a fonti americane ed europee, riportate dal New York Times, il Pentagono sarebbe infatti pronto a dispiegare mezzi e armi pesanti nei Paesi baltici e in diversi Paesi dell’Est Europa, per scoraggiare e impedire aggressioni da parte della Russia.
Se la Casa Bianca dovesse dare il via all’operazione, sarebbe la prima volta dalla fine della Guerra Fredda che gli americani ammassano tale tipo di armamenti e in tale entità nel Vecchio Continente: carri armati, veicoli da combattimento per la fanteria e altri armamenti pesanti per un impiego di circa 5mila soldati. I Paesi interessati sarebbero quelli della ex Unione sovietica oggi nuovi membri della Nato: la Polonia, la Repubblica Ceca, la Romania, la Bulgaria, la Lettonia, la Lituania e l’Estonia. Tutti stati in cui l’allarme è ai massimi livelli da quando Mosca ha deciso l’annessione della penisola della Crimea ai danni dell’Ucraina. E a cui il presidente Barack Obama ha sempre promesso il massimo sostegno in difesa della loro sovranità e integrità territoriale.
Il messaggio che sta dietro a una tale decisione sarebbe diretto anche agli alleati dell’Europa occidentale che sono chiamati a giorni a rinnovare le sanzioni contro Mosca e che Washington vuole restino impegnati anche sulla possibilità di nuove sanzioni in futuro. Il dispiegamento di mezzi e di uomini che Obama potrebbe ordinare ben presto servirebbe a dimostrare, anche agli occhi di molte capitali europee, l’intransigenza della Casa Bianca nei confronti di un Cremlino che proseguisse sulla strada della politica espansionistica. Politica tesa a restaurare la propria influenza su parte dell’Est Europa.
Il piano messo a punto al Pentagono deve comunque ancora ricevere il via libera del segretario alla difesa, Ashton Carter, prima di approdare sul tavolo dello Studio Ovale per un eventuale via libera definitivo di Obama. “Lo sforzo di uomini e di mezzi – sottolinea il New York Times – sarebbe simile a quello che gli Stati Uniti hanno mantenuto in Kuwait per più di un decennio dopo l’invasione da parte dell’Iraq nel 1990”.
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