Dopo il 2050, le ondate di calore potrebbero diventare eventi annuali e produrre picchi di +5 °C rispetto alla media in due terzi del pianeta.
(Rinnovabili.it) – L’espressione “morire di caldo” assumerà nei prossimi anni sfumature ben più tragiche, stando all’ultimo rapporto di due scienziati americani pubblicato sul Climatic Change journal. Entro il 2075, infatti le ondate di calore aumenteranno spaventosamente la frequenza: se fino ad oggi la statistica ci dice che si è trattato di fenomeni ricorrenti ogni 20 anni, nei decenni a venire si trasformeranno in eventi annuali. Tutta colpa del riscaldamento globale innescato dalla malsana idea dell’uomo di bruciare ad oltranza combustibili fossili, concentrando in atmosfera sempre più particelle di carbonio.
Un recente studio condotto dal Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione dei rischi ha riferito che 148 mila delle 164 mila persone decedute durante grossi sbalzi di temperatura negli ultimi 20 anni, non sono morte di freddo ma a causa delle ondate di calore. Il 90% di queste vittime, inoltre, è localizzato in Europa.
Come sempre, i soggetti che più rischiano la vita in caso di aumento dei picchi di caldo sono i poveri, gli anziani e i bambini.
Entro il 2050, i due esperti si attendono che il 60% del pianeta sperimenterà sempre con cadenza ventennale un periodo di almeno 3 giorni con temperature 3 °C superiori alla media. Sempre entro metà secolo, il 10% del pianeta potrebbe sperimentare picchi di 5 °C o più.
Il peggio arriverà subito dopo: entro il 2075, assumendo che l’umanità continui a bruciare combustibili fossili ai ritmi attuali, le regioni del mondo colpite dalla furia delle ondate di calore si amplieranno. Circa il 54% del globo sperimenterà il caldo da record con frequenza anche annuale e intensità maggiore. Su scala ventennale, questo si tradurrà in temperature di 5 °C più alte del solito. Anche se l’accordo raggiunto alla COP 21 di Parigi lo scorso dicembre venisse seguito alla lettera, un quarto della superficie planetaria subirebbe questa sorte. Quindi, sebbene il taglio delle emissioni auspicato potrebbe diminuire del 50% le aree sottoposte ai picchi di caldo, il pericolo di morte graverebbe comunque su una porzione di mondo estremamente vasta.