Osservando l’andamento di questo mese di ottobre, con la solita difficoltà delle irruzioni fredde da est a manifestarsi nell’area mediterranea anche quando sembrerebbero altamente probabili, con l’Atlantico che diventa quasi sempre l’unico vero protagonista, insieme agli anticicloni, la previsione di un altro inverno complessivamente mite ma caratterizzato da precipitazioni a tratti abbondanti sembrerebbe quasi automatica.
Eppure non è proprio così facile formulare proiezioni a così lunga gittata, perchè di questo si tratta, osservando l’andamento di una fase dell’autunno, così come non convince affatto il riferimento alla statistica, snocciolando i dati degli ultimi 15 inverni e raffrontando il comportamento dell’inverno che è seguito a quello risultato particolarmente mite. Neanche gli indici più fedeli spesso ci hanno confortato rispetto ad una previsione di inverno abbastanza freddo.
Certo se prendessimo in esame il gelido gennaio del 63 i calcoli sembrerebbero tornare: lì infatti la quasi biennale oscillazione dei venti nella stratosfera subtropicale (QBO) si era portata su valori ampiamente negativi e l’attività solare risultava bassa, così come nel freddo febbraio 1965, con abbondante neve anche a Roma.
Invece non tornerebbero affatto considerando l’annata 70-71, con la QBO in negativo durante la fase mite della stagione e in virata su valori positivi, quando si scatena il famoso marzo freddo e nevoso del 71, senza contare l’attività solare piuttosto vivace di quel periodo.
E i conti seguiterebbero a smentirci se prendessimo in esame il famoso gelido gennaio del 1979, quando la QBO risultava su valori positivi e il sole sembrava indemoniato.
Ne citerei almeno ancora un paio che possono illuminarci sui riscontri non automatici di questi indici: il freddissimo gennaio del 1981 e il gelido inverno 90-91 con quel febbraio storico, entrambi sono accompagnati da una QBO decisamente positiva e da una importante fase di attività solare, se non ai massimi.
Certo vi sono anche esempi di inverni freddi accompagnati da una sostanziale concordanza con indici e bassa attività solare come l’86-87, che però colpì maggiormente l’Europa centrale o come quello che rimase nella storia come l’84-85.
In tempi recenti, a sostenere l’importanza (ma non assoluta) dell’accoppiata bassa attività solare e qbo negativa ci ha pensato l’inverno del 2005-2006, quello della grande nevicata al nord-ovest del 26-27 gennaio, tanto per intenderci. Strizza l’occhio agli indici anche la stagione invernale 2009-2010, particolarmente fredda.
Quello che però vogliamo dirvi è che non bastano questi indici, nè il Nino, nè molti altri per comprendere pienamente l’andamento della stagione invernale ormai imminente. Dobbiamo invece andare a guardare la copertura nevosa, della disposizione dell’asse del vortice polare, la sua vivacità, sulla quale però è decisamente prematuro esprimersi.
Dunque tutto resta in sospeso e non può che partire dalla realtà dei fatti: dai primi di novembre comanderà l’Atlantico, quando durerà la sua azione? Il resto sono chiacchiere, scientificamente interessanti, ma pur sempre chiacchiere.
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