L’ebola non le ha strappato la vita e nemmeno quella che ha messo al mondo, un bambino di due chili e 800 grammi che ha chiamato Barnabas, nome biblico che significa figlio del conforto e della consolazione. A 20 anni la storia di Victoria Yillia è già un simbolo nella sua Sierra Leone: è l’unica sopravvissuta della sua famiglia e ufficialmente la prima nel paese africano, ricevuta per questo dal presidente a giugno. Ora è anche una delle poche pazienti di ebola che è riuscita a partorire un figlio vivo e sano. ”Il suo caso è molto interessante – osserva Elizabeth Kamara, vice caposala dell’ospedale di Kenema, la città della Sierra Leone che l’anno scorso fu isolata per l’ebola – perché la maggior parte delle donne incinta ha avuto aborti o i bimbi sono nati morti”.
Il suo Barnabas, avvolto e quasi perso dentro una coperta, come si vede in un video diffuso da Ap – sta bene e lei lo guarda quasi incredula. I medici le hanno dato l’ok per allattarlo, visto che le analisi hanno assicurato che non ci sono tracce del virus nel latte materno. Il bambino è la sua seconda chance riuscita, dopo una prima gravidanza fallita nel 2014 proprio per via dell’ebola. La giovane non poteva sapere che un’infermiera che l’aveva curata, era entrata in contatto con qualcuno che aveva partecipato a un funerale in Guinea, passandole così la malattia. E come se non bastasse, quando è tornata nel suo villaggio, Victoria ha scoperto che il virus aveva ucciso i genitori, la nonna e tre sorelle. Poco dopo l’altra scoperta: era di nuovo incinta e senza nessuna certezza di farcela. E invece il parto è riuscito.
Sette giorni dopo, nessuna cerimonia per la nascita di Barnabas come prevede la tradizione. Victoria e il padre del piccolo non se la sono sentiti ma, su insistenza del pastore locale, hanno deciso di farlo benedire in chiesa.
Fonte Ansa