Per Fabrizio Poggi, direttore dell’unione provinciale agricoltori, che intervistiamo martedì pomeriggio, non ci sono dubbi.
“Stimiamo in circa 2000 gli ettari di terreno agricolo fino ad ora colpiti dalla pioggia di petrolio misto ad acqua.
Erano terreni coltivati a cereali”.
Perchè “erano”?
“Perchè il terreno impregnato di petrolio diventa incoltivabile. Su questa terra non potrà crescere più niente.
Si apre un problema enorme”.
Di che tipo?
“In teoria si dovrebbe asportare tutto lo strato di terreno imbevuto di questa miscela di acqua e olio.
E poi sostituirlo con un altro terreno di coltura fertile.
Ora, noi non siamo ancora in grado di sapere quanto in profondità è penetrata questa miscela: pochi centrimetri, mezzo metro, un metro?
In ogni caso si tratta di un volume enorme di terra che deve essere rimossa e sostituita.
Dove andiamo a prendere quella buona?
E ammesso che l’operazione sia fattibile, a che costi lo sarà?
Non so proprio che soluzione potremo trovare”
E i danni, siete in grado di quantificarlo?
“No. Sono enormi, di sicuro.
Ma ora come ora un calcolo sarebbe improponibile.
Più petrolio fuoriesce, più la situazione peggiora”.
È una calamità più grave dell’alluvione che nell’autunno scorso ha danneggiato molte colture? “Si perchè vede, l’alluvione può produrre danni anche gravissimi alla produzione, che viene persa, alle strutture, alle strutture, alle macchine.
Ma nel giro di qualche anno, a seconda dei casi, la situazione di partenza può essere ricostituita.
Qui si ha un danno irreversibile all’elemento primo dell’agricoltura: la terra”.
FRANCO MOIA