IL GELIDO INVERNO 1683/1684 A TRIESTE
In molte parti dell’Europa l’inverno 1683/1684 è ricordato per la sua durezza e per le abbondanti nevicate.
Anche per la città di Trieste fu una stagione difficile, in particolare il periodo che va dalla metà di Gennaio ai primi giorni di Marzo, in quelle settimane continue irruzioni di aria gelida, con poche e brevi pause, misero a dura prova la vita della città giuliana provocando anche molti morti, Trieste fu costantemente flagellata dalla Bora e dalla neve che la ricoprirono di un solido strato di ghiaccio.
Dopo alcune giornate più temperate il 19 Gennaio una violentissima Bora investì la città dando inizio come scrive Giuseppe Mainati ad ” un freddo si rigido ed eccessivo, che a memoria di vecchi uno simile non si è mai sperimentato in Trieste”, nell’ ultima decade di Gennaio la Bora violentissima imperversava su Trieste e sul suo golfo, mentre si succedevano continue bufere di neve, le cronache dell’ epoca descrivono queste nevicate come abbondanti e specificano che si trattava “di una quantità grandissima di neve che, agitata in aria dal vento cadeva minuta simile alla farina in terra” .
L’inizio di Febbraio trovò una città congelata nella quale la vita quotidiana si faceva sempre più difficile, il frate Ireneo della Croce scrive che ritrovandosi di passaggio a Trieste incontrò ” un diluvio di grandi nevi, freddo e giaccio (ghiaccio) così orrido che non era permesso di uscire di casa, e seppure alcuno dei più gagliardi tentava l’ uscita era forzato l’armarsi le scarpe di certi ferri chiamati giaccioli, e buoni bastoni in mano per non cadere, mentre tutte le strade della città lastricate da giaccio (ghiaccio), sembravano di lucidissimo cristallo, restando alcuni storpiati per le cascate causate dal vento”
La sera del 2 Febbraio nella Cattedrale di San Giusto si svolse la funzione per la festa della Candelora, il tempio era illuminato dalla tenua luce dei ceri, mentre fuori infuriava la Bora, la gente era poca dato il grande freddo, ma i canonici della Cattedrale erano quasi tutti presenti, alla fine della cerimonia il sacerdote Antonio Giuliani fu portato a casa e messo a letto per un malore causato dal gelo, il frate Ireneo della Croce scrive che “a malapena respirava”.
In quei giorni i morti in città per il gelo furono numerosi, un uomo fu trovato morto in una zona fuori della città, sempre a causa del gelo eccessivo morirono tre frati cappuccini mentre si tovavano in viaggio, e altre cinque persone furono ritrovate morte per il freddo in una barca, ma le vittime furono molte di più, e sia in città, che fuori furono segnalati morti a causa del freddo eccessivo, mentre molti ebbero fratture a causa delle cadute e congelamenti.
Tutto il mese di Febbraio fu estremamente rigido, e la Bora alternava brevi pause a ritorni violenti, mentre le bufere di neve si susseguivano trasformando Trieste in una città artica, finalmente intorno al 5 Marzo le condizioni si fecero più clementi, terminava cosi una delle ondate di gelo e di neve tra le più dure che la città avesse sperimentato.
Questo episodio invernale a Trieste si situa in uno dei periodi più duri della Piccola Era Glaciale (PEG) quando l’espansione fino all’Europa Centrale e anche a parte del Mediterraneo dell’ Anticiclone Termico Siberiano non era raro come oggi, colpisce soprattutto la persistenza del gelo, dalle descrizioni sembra di capire che si trattò di un freddo molto intenso simile a quello del Febbraio 1929, tuttavia è possibile che in alcuni momenti sia stato anche più intenso, gli scritti che sono arrivati fino a noi testimoniano la durezza degli inverni del 600 e di tutta la Piccola Era Glaciale, e le difficoltà e i problemi quotidiani che affrontarono i nostri antenati nel trovarsi a vivere la durezza di stagioni inclementi in condizioni che noi non possiamo immaginare.
Ringrazio Fausto Pagnini per il materiale
Nella foto di Sandro Quattordici la bellezza di Trieste sotto la neve il 23 Febbraio 2013.
Patrizia Puzzer
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