Partita la stagione degli uragani nella fascia tropicale e, con essa, anche le prime forzature della tranquilla circolazione delle medie latitudini. C’è davvero un filo che lega queste due vicende? E in generale è possibile che le vicende tropicali possano influenzare il tempo di casa nostra?
Come calciatori delle varie scquadre di club, convocati dalle rispettive nazionali, eccoli schierarsi ordinati lungo l’oceano tropicale: siamo nel bel mezzo di agosto e stiamo parlando dei cicloni tropicali. Tutti quanti hanno insita quell’energia, denominata tecnicamente instabilità barotropica (meccansimo che si sviluppa in seno a masse d’aria omogenee), che farà di loro tre veri e propri uragani. Il tutto grazie all’indispensabile tocco fatato delle acque oceaniche tropicali, calde quanto basta e forse anche più per accenderne il moto vorticoso e sostenerlo durante il loro peregrinare.
A proposito di peregrinare: dove andranno a finire poi tutti questi uragani una volta terminata la loro fase di pieno vigore? Normalmente la traiettoria che intraprendono, nel nostro emisfero, segue dapprima le cosiddette “easterlies”, ossia le ondulazioni orientali della circolazione tropicale poi, per motivi fisici derivanti dal mantenimento della loro vorticità assoluta (pur diminunedo quella relativa al loro interno per il fisiologico indebolimento cui vanno incontro) finiranno per salire verso le latitudini temperate.
Qui verranno agganciati dalle ondulazioni delle medie latitudini, onde che traggono la loro energia con un meccanismo noto tecnicamente come instabilità baroclina (meccanismo che mette in contatto masse d’aria con caratteristiche diverse). Tutto da rifare dunque per i nostri ex uragani. Qui non avremo più mari caldi da cui trarre l’energia ma masse d’aria differenti che verranno a stretto contatto. Una cosa però li rende favoriti rispetto ai cicloni extratropicali che devono fare “tutto da soli”: l’energia cinetica ancora insita nelle loro spire, agevola il mantenimento della vorticità, dunque potranno rimanere ancora attivi come in una specie di seconda vita.
Potranno quindi attraversare l’oceano e giungere nei punti chiave della nostra circolazione, la quale li smisterà poi, chi verso la regione scandinava, chi verso l’Europa centrale. Solitamente la traccia del loro passaggio si rivela nella sommatoria del vento laddove quello sinottico, interno al ciclone che ruota in senso antiorario, e quello di traslazione, dovuto allo spostamento dello stesso da ovest verso est, vadano in fase.
Al passaggio di quello che fu un uragano dovremo dunque attenderci comunque una struttura depressionaria decisamente scorbutica, con tanto di fenomeni annessi e venti forti, soprattutto nel settore meridionale del vortice. Dobbiamo considerare anche il fatto che la corrente a getto a loro associata potrà andare ad alimentare a valle anticicloni dinamici prelevandone l’energia dalle latitudini subtropicali, chiudendo di fatto quel magnifico cerchio di energia che lega in un unico grande abbraccio i vari settori climatici del nostro Pianeta.
Autore : Luca Angelini
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