La presenza nell’aria di diossido di azoto e ozono indurrebbe dei cambiamenti nelle proteine dei pollini, rendendole più aggressive per il sistema immunitario.
STARNUTI, naso che cola, tosse, gli occhi che si gonfiano, difficoltà a respirare e la fila in farmacia per gli antistaminici: bentornata primavera. La bella stagione è infatti avvertita come uno strazio da chi soffre di allergie stagionali. E come se non bastassero già i pollini di betulle, platani, salici, pioppi, olivi, gramigna, grano, denti di leone, eucalipto e artemisia, a complicare la vita dei 12 milioni di italiani che soffrono di allergie stagionali ci si mette anche il cambiamento climatico. Uno studio presentato al meeting annuale dell’American Chemical Society suggerisce infatti che due inquinanti, collegati al cambiamento climatico, potrebbero essere i responsabili del continuo aumento di allergie stagionali.
Di per sé sia i cambiamenti climatici sia l’inquinamento, entrambi dipendenti dalle attività umane, possono far aumentare tosse e starnuti. Ancor prima dell’anidride carbonica, che agisce come un fertilizzante per le piante (ne è il carburante per eccellenza), l’aumento delle temperature può farlo allungando la bella stagione, anticipando le fioriture e facendole durare più a lungo, aumentando così anche la quantità di polline in circolo. D’altra parte alcuni inquinanti possono interagire con gli allergeni stessi, modificandone le caratteristiche e il profilo allergenico. Effetti che possono legarsi l’uno all’altro quando parliamo di inquinanti correlati ai cambiamenti climatici.
Ed è qui che sei inserisce il lavoro dei ricercatori del Max Planck Institute for Chemistry, in Germania: capire in che modo alcuni inquinanti, come il diossido di azoto e ozono (quello troposferico, ovvero quello che si trova nella parte bassa dell’atmosfera), possono rendere alcuni allergeni ancora più aggressivi.
Per farlo gli scienziati hanno osservato, con esperimenti in laboratorio e tramite simulazioni al computer, cosa accadeva al principale allergene del polline di betulla – una proteina nota come Betv1 – in presenza di diverse concentrazioni di ozono o diossido di azoto. I ricercatori hanno così scoperto che entrambi gli inquinanti inducono delle modificazioni chimiche sulla proteina, modificandone le capacità di legame. L’ozono in particolare induce una serie di eventi a cascata che da ultimo portano più proteine Betv1 a unirsi tra di loro, alterandone la struttura. Quando questo accade, spiegano i ricercatori, le proteine stesse possono diventare più allergeniche, rendendo cioè la risposta del sistema immunitario ancora più forte.
Si tratta solo di un piccolo passo, tengono a precisare gli scienziati, ma sufficiente a dimostrare che modificazioni chimiche indotte dagli inquinanti avvengono e possono rendere i pollini ancora più dannosi per chi soffre di allergia. O addirittura essere tra i responsabili di un mondo che starnutisce sempre di più a primavera.