La premessa doverosa è che quale freddo potrà esserci nel corso della prima decade di gennaio corrisponde ad un quesito di non facile risposta. Le manovre in corso e quelle che si prospettano non sembrano poter regalare quegli afflussi degni di essere chiamati afflussi freddi, ma, ovviamente, mai dire mai. Peraltro nel corso dei primi giorni del nuovo anno qualcosa tende a muoversi a favore di richiami maggiormente orientali continentali ma sembra anche che i medesimi tendano a non scendere troppo di latitudine e, alla fine, finiscano per essere fagocitati da un nuovo contesto groenlandese destinato a rinnovare la situazione in atto, né troppo fredda e né troppo mite. Poiché si parla molto di freddo e vedo che molti, tra siti e social, vedono anche il freddo che non c’è, mi sono dilettato, sulla base dei miei archivi e della mia esperienza di analisi ed osservazione, a disegnare 3 tra le più classiche vere situazioni di freddo per l’italia, attingendo non da situazioni di freddo storico ma da situazioni relativamente normali e recenti. In questi modelli ho disegnato in modo molto sintetico: la situazione in quota (aree colorate rappresentative della pressione e delle corrispondenti termiche); la situazione dei bassi strati (linee bianche isobariche); i flussi e la distribuzione di freddo e caldo nei bassi strati (frecce). Il caso n. 1 è quello del classico afflusso freddo artico-continentale a tutte le quote che spinge definiti poli freddi in quota sino sulla francia meridionale e che attiva una circolazione negativa mediterranea capace di attirare masse di aria fredda dall’est o dal nord-est europeo con venti al suolo di grecale; il caso n. 2 è quello di una situazione che è generalmente atlantica in quota ma che si avvale di una consistente presenza di anticiclone russo-siberiano ben disposto e relativamente esteso verso occidente, con il risultato che le infiltrazioni atlantiche diventano polo di richiamo delle masse d’aria fredde continentali spinte verso ovest dallo stesso anticiclone freddo; il caso n. 3 è quello della classica irruzione artica, incisiva e che, in quota, affonda in senso meridiano sino sulla francia meridionale o, meglio, sino sul mediterraneo settentrionale, causando apporti di aria fredda che scendono dalle quote superiori ma che confluiscono nella eventuale vorticità mediterranea conseguente anche al suolo. Se confrontiamo questi 3 modelli con la situazione prevista tra l’8 ed il 9 gennaio e che rappresenta l’evoluzione di un corso nel quale non sembrano concretizzarsi situazioni come quelle descritte, si deduce che l’inverno possibile che ci attende da qui a quei giorni può essere una stagione conforme al periodo ma non quello delle grandi irruzioni fredde. La medesima situazione prevista per quei giorni ci offre infatti lo spunto per associarle una dinamica che vede il grosso dell’aria fredda muovere a latitudini non troppo basse, un contesto di estensione delle ciclogenesi associate verso il vicino atlantico, ed un disegno di fusione con nuove sbuffate groenlandesi. Naturalmente però, e per come già detto, mai dire mai, anche perché stiamo sempre trattando di medio-lungo termine e, pertanto, di evoluzioni assai ipotetiche e molto da verificare giorno dopo giorno…
Pierangelo Perelli