Mi piace molto esaminare ed analizzare la modellistica sino al medio ed al lungo termine ma considerando che più si va oltre nel tempo e più le relative proiezioni scemano di sostanza probabilistica. Tuttavia in alcuni casi, seppur, come detto, guardare a distanza di 7-8 giorni fornisce ipotesi dalle possibilità limitate, i modelli ci offrono il disegno di evoluzioni particolarmente interessanti e, quanto meno, sia meritevoli di un approfondimento che dal valore didattico. E’ questo il caso delle mappe che alcuni importanti istituti ci indicano per il medio-lungo di fine prima decade di dicembre e di cui prendiamo atto per il modo con cui offrono la possibilità di valutare certe linee evolutive, alcune delle quali particolarmente stimolanti per i freddisti. Da qui a circa una settimana il trend sarà, più o meno, quello già visto ed ovvero di un quadro di valori barici, prima favorevole ad un certo moderato richiamo freddo continentale, e poi destinato ad uno spostamento verso occidente con riapertura a flussi di opposto segno. Quindi ecco subentrare, tra le ipotesi in campo, quella di un ulteriore consolidamento del disturbo del vortice polare già in atto da qualche tempo, con la maturazione di un marcato split in pattern wave2 e di una perturbazione del VP sino a sua deformazione nella classica forma a ferro di cavallo associata alla distribuzione lungo i meridiani di due suoi lobi. Sappiamo che le evoluzioni di questo tipo, non infrequenti in inverno e, il più spesso delle volte, non destinate ad evolvere sino a propagazioni verso le basse latitudini, sono, però, anche quelle che possono produrre gli eventi freddi di maggiore consistenza. Se osserviamo, nel disegno, quanto ci propone il modello europeo per i giorni 7/8 a livello di media troposfera risultano chiari lo split legato all’azione anticiclonica in atlantico e sino alla groenlandia e la minacciosa ampia diramazione del vortice polare in estensione sul nord-est del continente. Da qui a dire che tutto questo si tradurrà in un deciso afflusso freddo, tuttavia, ce ne corre, e per vari motivi. Per il fatto che stiamo trattando proiezioni di medio-lungo termine meritevoli di ampie verifiche future, per il fatto che non tutti i modelli concordano con questa proiezione e per il fatto che, al netto dell’eventuale concretizzarsi di una figura del genere, l’ipotesi dinamicamente e statisticamente più probabile non è quella di movimenti nel senso dei meridiani ma piuttosto quella di movimenti nel senso dei paralleli. Nella maggioranza dei casi, ovvero, si impone la legge dei forcing legati alle westerlies, che riguardano la basse latitudini, e delle eventuali associate easterlies, che riguardano le alte latitudini. La figura, in ogni caso, risulta, freddisticamente, particolarmente attraente, perché, comunque sia, non esclude affatto la diversa e meno probabile possibilità che lo sbarramento anticiclonico permanga ed agisca sino, quanto meno, a latitudini relativamente basse, e che, di conseguenza, i movimenti sul continente si orientino, più o meno, lungo i meridiani. Nel disegno la simbologia serve a differenziare le due ipotesi considerate, con la prima, enfatizzata da frecce e linea tratteggiate, in cui la grande sacca fredda muove più verso ovest disinteressandosi di scendere ed agganciare la depressione sul golfo di biscaglia, e con la seconda, enfatizzata da frecce e linee continue, in base alla quale un deciso muro in atlantico ben esteso in latitudine costringe il ramo suddetto del vortice polare a scendere verso sud o sud-ovest. Sia beninteso il fatto che tra le proiezioni relative a quel periodo quella dello split del vortice polare descritta non è la sola in campo e la sola da considerare…
Pierangelo Perelli