Italia — 30 Giugno 2014

Pubblichiamo questa Cronaca dal 16 Luglio 1987 fino al Dicembre 1987,  con trascrizioni e articoli di giornale, del tragico periodo vissuto dai Valtellinesi, dall’alluvione alla frana del Pizzo Coppetto, con la formazione del lago della Valle di Pola, e il successivo isolamento di Bormio, fino all’apertura di una pista provvisoria per permettere il collegamento tra la Valtellina e la Bormio, drammi, cronache e curiosità, per non dimenticare quel tragico evento…

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LA STAMPA SERA DEL 16 LUGLIO 1987

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LA STAMPA SERA 17 LUGLIO 1987

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La prima ondata di caldo si smorza sotto i temporali.
Da ieri le condizioni del tempo sono entrate in crisi e con essere anche il caldo, almeno per quanto riguarda le regioni settentrionali.
La pressione è in flessione ed’è iniziato lo smantellamento della struttura anticiclonica e subaldente degli strati alti dell’atmosfera.
Subentra una circolazione di aria instabile la cui permanenza sull’Europa e sull’Italia si potrarrà oltre il prossimo fine settimana.
I piovaschi ed i temporali di ieri costituivano la parte più avanzata di una subentrante circolazione depressiva il cui intervento massiccio sulle regioni settentrionali è previsto tra questa sera e la giornata di domani.
Comporterà una proliferazione dell’attività temporalesca ed il rischio di locali grandinate.
Non si esclude inoltre la possibilità di qualche nubifragio.
Le località più esposte a questo rischio risultano essere quelle del Piemonte e della Lombardia settentrionale, le zone montuose della Liguria e della Toscana settentrionale nonchè quelle del Trentino Alto Adige e del Friuli.
Per domenica l’attività temporalesca si porterà verso le regioni nord – orientali e quelle centrali, lasciando condizioni di variabilità, seguita da schiarite sul Piemonte e sulla Liguria.
La temperatura subirà una flessione contenuta in alcuni gradi.
A partire da domani il Mar Ligure sarà mosso prima da venti moderati da Sud – Est e Sud – Ovest e da domenica da venti da Nord – Est.

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LA STAMPA 18 LUGLIO 1987

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LA STAMPA 19 LUGLIO 1987

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FINORA 11 MORTI E DECINE DI DISPERSI – IL NUBIFRAGIO TRA SONDRIO E BERGAMO
ALLUVIONE, ALBERGO TRAVOLTO
A TARTANO, IN VALTELLINA, UNA FRANA DEVASTA L’HOTEL GRAN BAITA – SALVATI DA UN ELICOTTERO 75 BAMBINI IN UN CAMPEGGIO – BLOCCATA LA VALBREMBANA – SI TEME LA PIENA DELL’ADDA – EMERGENZA ANCHE IN ALTO ADIGE

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MILANO – Undici morti, decine di dispersi e feriti.
E’ il primo tragico bilancio dell’alluvione che ha colpito la Lombardia, nel triangolo compreso fra le province di Como, Sondrio e Bergamo dove piove da tre giorni.
Sono straripati torrenti e molte case sono state evacuate, paura soprattutto a Sondrio, in Valtellina, in Valmalenco e nella Val Bembana.
Nella sola Tartano, piccolo centro turistico della Valtellina, a 1210 metri, una frana ha spazzato via l’hotel Gran Baita, un condominio e alcune abitazioni vicine.
Alle 22, squadre di soccorso, che hanno dovuto raggiungere il paese a piedi, avevano estratto i corpi di sette morti e venti feriti, erano stati trasportati in elicottero all’ospedale di Morbegno.
I dispersi a Tartano sarebbero almeno dodici.
L’ondata di acqua e fango si è scatenata in Valtellina poco dopo le 16, investendo una quarantina di comuni e isolando la Valmalenco, una laterale in cui si trovano Spriana, Torre Santa Maria, Caspoggio, Chiesa Valmalenco, Lanzada.
La statale 38 dello Stelvio è interrotta da una frana a Morbegno, alle porte di Sondrio: in pratica tutta la Valtellina non può essere raggiunta.
Un’altra frana a Sant’Antonio di Morignone, dove sono stati recuperati altri tre corpi, blocca l’accesso a Bormio.
Stessa situazione all’Aprica.
La massa di fango trasportata dal torrente Mallero ha travolto un ponte nel centro storico di Sondrio, dove le sue acque confluiscono nell’Adda.
La protezione civile ha fatto sgomberare un centinaio di famiglie, le cui case si trovano sugli argini: sono state ospitate in alcuni alberghi.
Il torrente trasporta oltre seicento metri cubi di acqua, fango e tronchi d’albero al secondo.
Innumerevoli le frane, Piateda, alle porte di Sondrio, è in parte allagata.
Il torrente Lenasco è uscito dagli argini e Mondadizza rischia di essere invasa dall’acqua.
In Valmasino il torrente è straripato in più punti.
Nella frazione di Filorera, sono arrivati, trasportati dall’elicottero, che ha compiuto dodici viaggi, 75 bambini di Bovisio Masciago (Milano) portati al sicuro dopo che un fiume straripato a Predarossa, dove erano attendati i ragazzi, li aveva isolati.
Sono stati trasportati dagli uomini del soccorso alpino nell’albergo di Miravalle, poi saranno ospitati in una scuola.
Il ministro della protezione civile Giuseppe Zamberletti, che si è trasferito in Lombardia per seguire da vicino le operazioni di soccorso, ha disposto l’invio di rinforzi dei vigili del fuoco dalla Lombardia e dal Piemonte (da Torino sono partite nella notte due sezioni operative con anfibi).L’esercito sta impiengando nelle operazioni la brigata meccanizzata Legnano, i battaglioni del Genio Ticino e Lario, oltre al gruppo squadroni elicotteri del corpo d’armata rinforzato un reparti dell’Antares di Viterbo.
Situazione drammatica anche in Val Brembana per lo straripamento del Brembo: gli elicotteri dei carabinieri che hanno sorvolato la zona hanno valutato che l’alluvione ha colpito una fascia di 35 chilometri oltre i mille metri di quota.
Almeno 30 mila persone sono state costrette a passare la notte isolate dal mondo.
C’è già un morto accertato, ma mancano all’appello anche un uomo di quarant’anni a Lenna e una donna di 35 anni a Mezoldo.
Paura a San Pellegrino Terme, San Giovanni Bianco e Mezoldo, dove sono già state evacuate diverse abitazioni e le stesse caserme dei carabinieri.
La strada statale è stata chiusa al traffico da Zogno verso l’alta valle.
Molte auto sono rimaste bloccate lungo la carreggiata, alcune sono state danneggiate da massi e terriccio.
I collegamenti telefonici si sono interrotti ieri pomeriggio verso le 16.
Difficile raggiungere i paesi isolati.
La montagna continua a franare anche nella zona di Sedrina.
A Cemarata, nel tratto fra San Giovanni Bianco e Lenna, il fiume ha fatto crollare una casa e cinque persone si sono salvate a stento.
A Como invece la situazione sembra meno allarmante anche se il fiume Livo che attraversa l’omonimo Comune e quello di Daveso è Gravedone minaccia di straripare.
Sono stati segnalati diversi smottamenti e frane, soprattutto a San Nazario Cal Camone e sulla Statale 36 Colico – Lecco che è rimasta chiusa per parecchie ore per infiltrazioni di acqua nelle gallerie.

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A Como l’acqua del lago è uscita dagli argini e ha invaso piazza Cavour creando non pochi problemi alla circolazione.
Alla frontiera di Ponte Chiasso il traffico verso l’Italia è quasi bloccato perchè le autorità hanno chiuso l’autostrada e la ferrovia del Gottardo per una serie di nubifragi nel Canton Ticino.
La situazione di emergenza, prevista dal servizio meteo per tutto il Nord Italia, al punto che la Protezione civile aveva allertato tutte le strutture, si è andata allargando nella serata.
In provincia di Milano qualche apprensione desta l’ondata di piena dell’Adda prevista per la notte.
Il nubifragio ha creato anche gravi disagi in un centro del Bresciano, Doglio nell’Alta Val Camonica.
Il torrente Val Grande è straripato allagando il paese.
Due ponti sono pericolanti e la statale è interrotta; nella notte non è escluso che il centro debba essere evacuato.
Sul posto sono presenti decine di vigili del fuoco e di uomini del soccorso alpino-.
L’ondata di piena ha fatto saltare l’acquedotto.
L’emergenza è scattata anche in Alto Adige dove piove da tre giorni.
A causa dello straripamento del torrente Passirio, per motivi precauzionali, sono state evacuate alcune case a Nord di Merano.
Centinaia di vigili del fuoco, professionali e volontari, presidiano il corso del torrente nel tratto tra Meranoe San Leonardo in Passiria.
La situazione è particolarmente preoccupante in prossimità degli affluenti del torrente, ove alcuni ponti rischiano di essere travolti dalla violenza delle acque.
Una giornata drammatica che ne ricorda un’altra: proprio oggi, due anni fa, accadeva la tragedia di Stava.
Nel crollo dei due bacini della miniera di Prestavei morivano 269 persone.
La speranza , mentre decine di migliaia di persone lottano per salvare le loro famiglie e le loro case, è che la tragedia in Valtellina, in Valbrembana e in Valmalenco non si ripeta.

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REPUBBLICA 19 LUGLIO 1987

UN PRIMO ALLARME, POI LA TRAGEDIA

MILANO Era quasi l’ una di stanotte quando il ministro della Protezione civile, Giuseppe Zamberletti, è arrivato a Morbegno, l’ ultimo paese raggiungibile prima dell’ interruzione della strada. In piazza Sant’ Antonio Zamberletti con il comandante dei vigili del fuoco di Milano, Leonardo Corbo, e l’ ispettore capo dei vigili del fuoco Cesare Sangiorgi, ha seguito le operazioni di soccorso che a quell’ ora, nel pieno della notte, erano affidate all’ esercito e si svolgevano sotto la luce delle fotoelettriche. Gli AB205 e CH47, gli elicotteri del terzo corpo d’ armata e quelli del raggruppamento Antares di Viterbo avevano dovuto abbandonare il campo con lo scendere della notte, dopo aver portato in salvo centinaia di persone. Riprenderanno la loro opera questa mattina, ma intanto per tutta la notte la brigata meccanizzata Legnano con il 67ø battaglione, il 2ø battaglione Bersaglieri Governolo e i battaglioni del Genio Ticino e Lario hanno continuato a lavorare alla ricerca dei dispersi, al ripristino della viabilità, allo sgombero di edifici alluvionati e all’ arginamento dei fiumi che sotto la pioggia battente hanno continuato ad ingrossarsi. Scene spettrali, purtroppo non nuove, proprio qui in Valtellina. Zamberletti ieri mattina, dopo aver visto le previsioni del servizio meteorologico dell’ aeronautica, aveva lanciato l’ allarme. Ai tre giorni di pioggia battente si sarebbero aggiunti, questa era la previsione, fortissimi nubifragi. Di qui la decisione della Protezione civile di allertare le prefetture delle province interessate, una vasta area del nord che abbraccia di fatto tre regioni. Neppure Zamberletti poteva prevedere però che in poche ore la situazione sarebbe precipitata soprattutto in Valtellina. I soccorsi sono stati immediati ma le difficoltà di accesso per le frane che ostruivano le strade e per lo straripamento dei fiumi hanno reso tutto terribilmente complicato. Anche le comunicazioni sono state difficili, spesso interrotte. Il tutto è stato complicato anche dal fatto che i soccorsi nelle zone più colpite non potevano arrivare dalle zone più vicine non ancora colpite ma in pericolo. Non dobbiamo sguarnire le aree che nelle prossime ore potrebbero essere interessate da analoghi fenomeni, diceva Zamberletti. L’ allarme meteorologico infatti è fino a martedì e il fronte aperto dal maltempo è vastissimo.

SPAZZATI VIA DA UN MARE DI FANGO

SONDRIO E’ crollato un albergo… Ci sono vittime, dispersi…. Erano le cinque e mezzo del pomeriggio di ieri, al comando di Sondrio la voce del carabiniere arrivava confusa, dalla radio da campo. Come erano confuse le notizie che giungevano dall’ epicentro del nubifragio che ha investito la Valtellina e le alti valli del Bergamasco. Poi, nella nottata, una terribile conferma: a Tartano, un paesino sperduto che domina una piccola valle, trenta chilometri da Sondrio, una frana aveva spezzato via l’ hotel Gran Baita. Tra le macerie, i primi soccorritori arrivati a marce forzate dai paesi vicini avevano estratto sette cadaveri. All’ ospedale di Morbegno gli elicotteri cominciavano a scaricare i feriti. Più tardi, il primo bilancio: sette vittime almeno, dodici dispersi, venti feriti. L’ hotel Gran Baita, 29 stanze e una clientela abituale, in maggioranza proveniente da Roma, non era certo al completo, ma nessuno al momento può stabilire quanti fossero gli ospiti. La zona è bloccata da frane e allagamenti, i soccorsi vanno avanti con grande lentezza in quanto le strade non sono transitabili, anche le statali a fondo valle, quelle che collegano Sondrio con i laghi e la Svizzera. Il capoluogo della Valtellina è praticamente isolato, nel centro è crollato un ponte, e al Grand Hotel della Posta si accalcano gli sfollati di altri alberghi, fatti evacuare in gran fretta sotto la minaccia dell’ inondazione. Tre giorni di pioggia Tre giorni di pioggia battente e, venerdì notte, un nubifragio apocalittico sono stati la causa di questa nuova sciagura (sono undici le vittime: sette quelle dell’ hotel e altre quattro in Val Brembana), che arriva nell’ anniversario di un altro dramma, quello di val di Stava. Allora tracimò una diga di terra; oggi è crollato un pezzo di montagna, travolgendo l’ albergo e un condominio. Racconta un testimone, seppure indiretto, una donna del paese vicino: E’ venuto giù il prato, quello che sta sopra Tartano. Ha preso in pieno un condominio che sta poco più in basso, un complesso di 15 appartamenti, abitato da villeggianti… Dentro c’ erano due famiglie… Poi cemento, balconi, fango hanno raggiunto l’ albergo, l’ hanno invaso. Due piani, il tetto spiovente di ardesia, le terrazzine, le ringhiere di legno… tutto è stato sommerso. Poi la frana si è fermata lì davanti, sul piazzale. Dei due gestori dell’ albergo, Marcellino e Ottavina Gusmeroli, non si sa più nulla. Si conoscono i nomi di alcuni dei feriti: Carla Trizzi, 70 anni; Mario Molteni, 70; Ilde Pirraferri, 60; Ermenegildo Fagnini; Gino Reato, 50 anni; Gerardo Colla, 35. Non sono gravi, hanno riportato solo fratture. Due bambini di otto anni, Magda Ceppi e Gabriele Grossi, sono stati ricoverati in via precauzionale. Sotto la luce delle fotoelettriche, per tutta la notte sono proseguite le ricerche sotto le macerie, nella speranza di trovare ancora vivo qualcuno dei dispersi. Nella piazza della chiesa il quartier generale dei soccorsi. Questo sembra essere il fatto più grave avvenuto nelle due province di Sondrio e Bergamo, devastate dall’ alluvione. Un disastro di cui è ancora difficile valutare le proporzioni. Sono straripati fiumi e torrenti, spazzate via strade e ponti, interrotte le comunicazioni telefoniche e le forniture di energia elettrica. E ancora piove, ancora non è finita. Tutto questo in pieno week-end, con le valli piene di turisti, gli alberghi e i campeggi quasi al completo. Quando la frana ha travolto l’ albergo di Tartano, gli ospiti se ne stavano in camera o nei saloni comuni in attesa dell’ ora di cena: fuori c’ era il solito acquazzone, non c’ era proprio niente di meglio da fare. L’ allarme, in molte zone, era stato dato già la sera prima: è piovuto troppo, c’ è pericolo. Ma come si fa a bloccare una stagione turistica già avviata? E poi, a complicare una situazione già compromessa, la difficoltà per i soccorritori di raggiungere i paesi alluvionati, il ricorso agli elicotteri. Ma con il buio anche questi sono rimasti bloccati. Nel primo pomeriggio, solo per poco non si era rischiata un’ altra strage. Settantacinque ragazzini di Bovisio Masciago, in provincia di Milano, stavano trascorrendo un periodo di vacanza in un campeggio in località Predarossa, sempre nel sondriese. E’ straripato il torrente Masino, e i ragazzi sono rimasti isolati. La zona è ad alto rischio, per la possibilità di frane e smottamenti. L’ allarme è scattato tempestivo: sono intervenuti gli uomini del soccorso alpino con un elicottero, riuscendo a mettere in salvo tutti i ragazzi, che sono stati sistemati alla meglio nelle scuole di Valmasino. E’ la Valmalenco che preoccupa i geologi, per l’ alta probabilità di frane. In tutta la zona sono straripati torrenti, evacuati alberghi, abitazioni e campeggi. Bloccata la provinciale, ma anche la strada che costeggia il lago fino a Sondrio è chiusa in vari tratti, come pure quella che da Tirano porta a Saint Moritz. Gravi gli intralci anche sulle linee internazionali. Nel Canton Ticino, oltre Bellinzona, è bloccata a causa di una frana la linea ferroviaria del Gottardo: tre metri di detriti, ma le autorità elvetiche assicurano che, se non ci saranno smottamenti, la linea verrà ripristinata oggi stesso. Pure l’ autostrada, a Faido, è chiusa, per motivi precauzionali: si sono formate lunghissime code di veicoli provenienti dal nord Europa e dirette in Italia, attraverso i valichi di Brogeda e Ponte Chiasso. Gli automobilisti hanno trascorso la notte in autostrada, in attesa che la situazione si chiarisca. Il maltempo e le frane hanno colpito durissimo anche nel bergamasco, in val Brembana e in val Seriana. Black-out telefonico ed energetico e bloccata l’ unica strada che conduce ai paesi più colpiti, quelli delle valli alte. I mezzi di soccorso hanno tentato di raggiungere le zone alluvionate attraverso la Valtellina, dal passo di san Marco. In tre giorni sono caduti 55 millimetri di pioggia. L’ allarme era già partito l’ altra sera, e questo fa sperare che la gente non si sia fatta trovare impreparata, ma comunque, per il week-end, in zona hanno continuato ad affluire villegianti, nonostante il maltempo. Le avvisaglie si erano avute all’ alba, quando a Cusio e Cassiglio, in alta val Brembana, le strade erano state invase dai detriti, dopo una prima, piccola, esondazione del fiume. Ma è stato verso le 4 del pomeriggio che il Brembo ha iniziato a straripare un po’ ovunque. Alle 6 è toccato al Serio e ad altri torrenti più piccoli. Gli sbarramenti sono stati spazzati via, sono crollati i ponti, le frane hanno invaso le strade, travolgendo le auto posteggiate. Interi paesi, come Lenna Vallese, Santa Brigida, hanno dovuto essere evacuati. Le strade impraticabili Isolata anche Foppolo, con le sue centinaia di turisti arrivati in pullman per il fine settimana. Impresa ardua per i soccorritori giungere dove si presumeva fosse più urgente l’ intervento: la strada principale era impraticabile, e quelle secondarie addirittura cancellate, a Camerata Bornello, Val Taleggio, Olmo. Così si è dovuto ricorrere agli elicotteri. Speriamo che le nostre raccomandazioni abbiano almeno avuto l’ effetto di far affluire la gente nelle zone più sicure diceva ieri sera un funzionario della Protezione civile di Bergamo . Dall’ elicottero vediamo campeggi, paesi alluvionati completamente deserti. Vuote le case, le automobili, le tende. Non possiamo ancora scendere a controllare, ma abbiamo fiducia che non ci siano vittime. In quasi tutti i paesi delle valli bergamasche, le zone a ridosso degli argini dei fiumi sono state sgombrate. I danni cominciano dalla zona alta di Mezzoldo e proseguono fino alla parte bassa della valle, a Zogno e Sedrina. A Camerata, nel tratto tra San Giovanni Bianco e Lenna, il fiume ha fatto crollare una casa e cinque persone si sono messe in salvo all’ ultimo momento. Sgombrate le caserme dei carabinieri di San Giovanni, San Pellegrino e Branzi. Proprio a San Pellegrino, località ad alta concentrazione turistica, l’ acqua del fiume ha raggiunto in paese il mezzo metro, ma sembra che a sera il livello si sia stabilizzato. Si teme, però, che il Brembo possa, con nuove ondate, allargare l’ area di danno e di pericolo. La Protezione civile ieri non escludeva la possibilità di nuove emergenze, visto che il tempo non pare distinato a migliorare nei prossimi due-tre giorni. Fiumi e laghi, al nord, hanno raggiunto ormai nella maggioranza i livelli di guardia, e se la pioggia continuerà a cadere la situazione potrebbe diventare disastrosa. A Como è esondato il Lario, invadendo la centralissima piazza Cavour, altri fiumi in provincia sono in piena. E poi c’ è la minaccia dell’ Adda. In altre regioni la situazione non è migliore, per esempio in Alto-Adige. Se non smette di piovere, si rischia la catastrofe.

TRAVOLTI DAL FANGO

SONDRIO – “Mi sono salvato perchp sono alto…”, Gerardo Colla ha 33 anni, fa il pubblicitario e abtia a Monticelli, provincia di Parma. Da uan settimana era in vacanza alla Gran Baita. Ora è ricoverato all’ ospedale di Mordegno con ferite alle gambe. Nella tragedia di Tartano è nel gruppo dei superstiti. Ecco il racconto dei drammatici secondi quando la massa di fango e acqua ha spazzato via l’ albergo. ERO DIETRO la veranda e guardavo la pioggia che scendeva a dirotto. All’ improvviso, in mezzo al prato, ho visto sbocciare una massa d’ acqua gigantesca, grigia e marrone…Vicino a me c’ erano altri ospiti dell’ albergo. Per un attimo siamo rimasti fermi, inebetiti. Non avevamo neppure paura. Avevamo l’ impressione che l’ acqua non arrivasse mai, che ci mettesse un’ eternità a piombare sull’ albergo. Colla parla a fatica al telefono del reparto medicina dell’ ospedale di Mordegno. Si interrompe, cerca di organizzare le idee come a non credere di essere ancora in vita. In trenta secondi la valanga è arrivata. Si è staccata rapidissima dal prato. Io sono alto 1,90, avevo l’ acqua alla gola, sentivo i sassi che mi picchiavano sulle gambe. Non riesco a pensare alla fine di quelli più bassi di me… Mi sono salvato perchè sono alto…Vicino a me c’ era una donna anziana che gridava, aveva le gambe rotte. L’ ho sollevata dal fango e dall’ acqua e sono riuscito a trascinarla al sicuro. Non mi ricordo chi fosse, certamente una ospite dell’ albergo. Forse siamo stati degli ingenui. Era da giovedì che pioveva, con l’ auto non potevamo più scendere al paese, salire, neanche a parlarne. Sulla montagna dalle finestre dell’ albergo vedevamo formarsi cascate d’ acqua, sapevamo che frane avevano bloccato alcune strade. Ma non ci preoccupavamo. Le ripeto, eravamo degli ingenui. E poi l’ albergo ci sembrava solido, ci sentivamo sicuri. E invece all’ improvviso da dietro la vetrata abbiamo visto l’ acqua arrivare. Il condominio sopra l’ albergo si è come seduto, si è proprio aperto. E’ stato un attimo. Ho ancora la scena negli occhi. La valanga è arrivata, la massa d’ acqua ha sfondato le vetrate e le porte, fango e pezzi di cemento e travi ci hanno sommerso. Il racconto di trasforma in angoscia: Non ce la faccio a pensare a quei poveretti, saranno stati una decina seduti sotto la veranda a guardare ingenuamente la pioggia. Non ne ho più visto uno… Io mi sono salvato perchè ho avuto un’ illuminazione: mi sono messo dietro una porta, poi mi sono aggrappato allo stipite e ho alzato la testa mentre l’ acqua mi saliva alla gola e sentivo i colpi dei sassi sulle gambe. Adesso le ho tutte piene di lividi come se avessi fatto una partita a calcio… Ma la paura per me non è finita. Quando noi superstiti eravamo fuori, mentre continuava a piovere, ho pensato: Adesso arriva la seconda ondata. Eravamo terrorizzati, sapevamo che le strade erano bloccate, che i soccorsi avrebbero messo molto tempo ad arrivare…. Non mi ricordo più quanto tempo dopo, in mezzo al fango, abbiamo visto salire a piedi i carabinieri. Ci hanno detto che le jeep erano state bloccate più in basso dall’ alluvione, sulla strada, poi abbiamo sentito gli elicotteri e finalmente sono arrivati. L’ assurdo è che se tutti quanti fossimo saliti al primo piano dell’ albergo forse ci saremmo salvati. Alla Gran Baita c’ erano almeno 40 villeggianti, e per fortuna mancavano i quindici operai che lavorano alla diga di Campo. Il sabato e la domenica non ci sono mai. Tutto il pianterreno dell’ albergo è stata spazzato via, come da una scopa gigantesca. E poi, mentre aspettavo i soccorsi guardavo il primo piano con i terrazzini tutti puliti. Era perfetto come se nulla fosse successo. Me lo ricorderò per tutta la vita, quel primo piano, dell’ albergo bianco e pulito in mezzo alla pioggia, al fango, alle grida dei feriti e ai morti. Qui finisce il racconto di Gerardo Colla. Ma la tragedia della Gran Baita ha anche altri sconosciuti protagonisti. Per esempio un ignoto soccorritore che, stando alle parole di un abitante di Campo, il paese vicino, è stato visto scivolare nel fango e trascinato a valle da una seconda ondata che ha investito la strada. Racconta Umberto Barlascini: Eravamo a casa, che aspettavamo qualcuno di ritorno dalla Gran Baita per farci raccontare cosa era successo, la tragedia, quando abbiamo saputo che, poco prima delle otto un uomo ha gridato, ha chiesto aiuto mentre veniva afferrato da una nuova valanga. Lo hanno cercato in tutti i modi, ma non c’ è stata ragione. Anche l’ elicottero a un certo punto per il buio ha sospeso le ricerche. E la moglie del cantoniere di Campo aggiunge: Ho continuato a guardare col binocolo là dove c’ era il condominio. E’ incredibile: l’ acqua continuava a scendere come se si fosse in mezzo a un fiume.

L’UNITA’ 19 LUGLIO 1987

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SCONVOLTE VALTELLINA E VALBREMBANA.
PAESI EVACUATI, STRADE INTERROTTE
PROTEZIONE CIVILE MOBILITATA

DISASTRO IN LOMBARDIA
MORTI, FERITI, DISPERSI NELL’ALLUVIONE

Fiumi in piena, frane, smottamenti.
Dopo tre giorni di pioggia un violento nubifragio si è abbattuto sulla provincia di Sondrio.
Particolarmente colpite Valtellina e Valbrembana.
Quasi tutti i corsi d’acqua hanno rotto gli argini.
In Valmasino 75 giovani campeggiatori sono stati salvati dagli elicotteri.
Decine di abitazioni evacuate.
A Tartano, in Valtellina, ci sarebbero già sette morti.

MILANO – Morti, feriti, dispersi.
Case ingoiate dal fango e dai sassi, strade cancellate dall’acqua, ponti spazzati via dalla tremenda onda di piena, decine di paesi evacuati, squadre di soccorso isolate.
Come un castello di sabbia toccato dalle onde, gran parte del territorio lombardo – in provincia di Sondrio, di Bergamo, di Brescia – si è sgretolato ieri pomeriggio sotto il martellare incessante della pioggia, causando un disastro di inaudite proporzioni.
Sono usciti dagli argini l’Adda, il Brembo, il Serio e miriadi di torrenti e fiumiciattoli.
Il delicato sistema geologico della Valtellina – la zona più colpita dall’alluvione – ha ceduto nuovamente, e dalle pendici dei ponti a Piateda, a Tartano, a Caiolo sono scese valanghe di terra fradicia che hanno travolto ogni ostacolo.
A Tartano, in Alta Valtellina in serata una frana ha cancellato l’hotel Gran Baita e un gruppo di case: alle 22 i soccorritori avevano già estratto dalle macerie sette cadaveri e otto persone ferite, ma si teme che il bilancio possa essere ancora più pesante.
Si parla di una dozzina di dispersi ma in questi casi i conti sono sempre approssimativi.
“Figurarsi, che in quell’albergo c’erano almeno 80 persone” è il commento di un infermiere.
A mezzanotte la piazza di Morbegno è quasi un presidio militare: camionette dell’esercito, 200 alpini mobilitati, vigili del fuoco.
Sono tutti ancora al lavoro per cercare di estrarre altre vittime dalle macerie.
La strada si interrompe appena dopo il centro abitato.
Impossibile proseguire verso la Val Tartano, epicentro della tragedia.
Un’altra frana si è abbattuta su Sant’Antonio Morignone, nei pressi di Bormio, e tre persone sono state viste sparire nella massa di terriccio.
I feriti trasportati con gli elicotteri negli ospedali di Sondrio e di Morbegno sono decine, e alcuni di loro sono in gravi condizioni.
I dispersi a Tartano sono finora 12, ma molte altre persone mancano all’appello nell’intera vallata, gremita già di turisti ospitati nei campeggi, nelle case, negli alberghi.
Il persistere delle piogge fa tra l’altro temere il peggio: la zona che desta le maggiori preoccupazioni è quella di Piateda, minacciata da enormi smottamenti.
Le operazioni di soccorso e di evacuazione dei paesi – coordinate dalla Protezione civile e condotte dall’esercito, dai carabinieri, dai vigili del fuoco, dalle guardie di finanza, dal soccorso alpino, dalla polizia – sono gravemente ostacolate dalle disastrose condizioni delle strade.
La principale via di comunicazione, la statale 38 è interrotta. Le strade sono chiuse fin dal tardo pomeriggio, al primo tracimare delle acque dell’Adda nelle località di Chiuro, Berbenno, Ardenno e Teglio.
Sono chiuse anche le strade della Valmalenco e della Valchiavenna, a Sondrio, è crollato un ponte in pieno centro storico.
Le prime avvisaglie della tragedia si sono avute ieri verso le 16,30, e da allora le notizie si sono susseguite sempre più allarmanti, sempre più confuse: in effetti si ha la sensazione che l’entità dell’alluvione abbia letteralmente travolto – nonostante lo stato di preallarme dichiarato ieri dalla Protezione Civile – ogni organizzazione.
A cedere per primi sono stati gli argini del Brembo, in Valbrembana (Bergamo): il fiume ha invaso i paesi di San Pellegrino, Olmo al Brembo, Santa Brigida, Mezzoldo, Ornica, Averara, Cusio.

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Una squadra di vigili del fuoco è riuscita a “passare” oltre San Pellegrino e ad inoltrarsi nell’area più disastrata, ma dieci minuti dopo la forza della piena era tale che le altre squadre sono rimaste bloccate e solo verso le 22 hanno potuto riprendere l’avanzata, lentissima e faticosa.
Il bilancio in vite umane, nonostante la furia del Brembo, pare – almeno secondo le notizie di ieri sera, meno tragico rispetto a quello della Valtellina: alle 23 risultava un disperso.
Alcuni salvataggi hanno avuto del miracoloso: a Camerata, tra San Giovanni Bianco e Lenna, il fiume ha fatto crollare una casa, e i cinque abitanti sono riusciti a scappar via proprio all’ultimo instate.
Sempre in provincia di Bergamo è straripato il Serio, e tutti i centri abitati posti lungo le rive sono stati evacuati.
Gravi problemi ci sono anche nel Bresciano, in alta Val Camonica: il torrente Val Grande ha invaso il paese di Vezza D’Oglio, distruggendo l’acquedotto e sbriciolando i piloni di due ponti.
Anche il Val Camonica la statale è stata interrotta.
Impossibile, per ora, quantificare i danni che sono ingentissimi: sul posto dell’alluvione si è portato in nottata il ministro della Protezione Civile Zamberletti.

STAMPASERA 20 LUGLIO 1987

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LA VALTELLINA SCONVOLTA DA UN IMMANE DISASTRO ECOLOGICO:

DANNI PER CENTINAIA DI MILIARDI

SEDICI MORTI, OLTRE DIECIMILA SFOLLATI 6 PONTI DISTRUTTI,

STRADE SPAZZATE VIA

MOLTI ANCORA I DISPERSI –

UNA FRANA SI E’ ABBATTUTA SULLE CASE DI TARTANO SEMINANDO LA MORTE

DUEMILA EDIFICI INVASI DALLE ACQUE – CHIESTO LO STATO DI EMERGENZA

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SONDRIO –“La Valtellina? Credo che non esista più.
A parte i morti, almeno sedici, basti dire che 60 Comuni su 78 sono interessati dagli allagamenti, dalle frane, dagli smottamenti.
I danni per ora sono incalcolabili, decine di miliardi.
Ci sono più di duemila immobili allagati tra case, alberghi e fabbriche.
Sei ponti sono crollati, altri cinque potrebbero cadere da un momento all’altro.
Chilometri di strada del fondovalle non esistono più.

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Il punto della situazione in Valtellina è stato fatto ieri alle diciotto.
Il ministro della Protezione Civile, Zamberletti, è poi volato a Roma.
Oggi pomeriggio parteciperà al consiglio dei ministri chiedendo lo stato di emergenza per l’intera zona: da Morbegno, pochi chilometri sopra il Lago di Como, su per 80 chilometri sino a Sondrio, Tirano e Bormio.

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Per tutta la giornata è scesa altra pioggia.
Solo verso sera la precipitazione è diminuita di intensità.
Le persone sfollate sono ormai parecchie migliaia, più di diecimila.
Quasi duemila a Sondrio e poi centinaia qua nella valle, dove esistono pericoli di frane e dove l’acqua è a volte alta parecchi metri.

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SOLO ELICOTTERI E CINGOLATI DELL’ESERCITO RAGGIUNGONO I PAESI ISOLATI DAL DISASTRO

ORA SI TEME UNA “DIGA” DI DETRITI

L’ADDA HA TRASCINATO MASSI E TRONCHI CREANDO UNO SBARRAMENTO ALTRO 5 METRI

IL RISCHIO E’ CHE QUESTA BARRIERA NON REGGA LA PRESSIONE

DELL’ACQUA E DEL FANGO CHE HANNO FORMATO UN GIGANTESCO LAGO ARTIFICIALE

LE OPERAZIONI DI SOCCORSO

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Il tragico bilancio degli allagamenti e dei morti inizia da Tartano, piccola località turistica a 1200 metri di quota ed a 5 chilometri da Morbegno.
Una frana, sabato pomeriggio ha portato via metà dell’Hotel Gran Baita.
Anche due case del paese sono franate e “si sono appoggiate all’albergo”.
I morti accertati sono dieci (tra cui il proprietario dell’albergo, Marcellino Gusmeroli, la moglie e i due figli) due dispersi e trenta i feriti già trasportati all’ospedale di Morbegno.
A Tartano si è continuato a scavare anche questa notte alla luce delle fotoelettriche.
Una colonna dei vigili del fuoco è riuscita, ieri mattina, a risalire gli stretti tornanti.
Le testimonianze raccolte dai pompieri sono strazianti, Gino, di Varese – non è noto il cognome – è un marito venuto su per il fine settimana a trovare la moglie.
La frana che ha portato via la Hall e la cucina dell’Hotel gli ha ucciso la consorte, ma lui è riuscito a salvare due bambine di pochi anni, portandole fuori con sè dalle macerie.
Carla, di Seregno, 75 anni, invece non sa a chi dire grazie.
Nel suo letto d’ospedale (ha una gamba rotta) ripete che è viva perchè “mi sono attaccata a due gambe senza più lasciarle finchè non sono uscita dal fango”.
Poi è svenuta per il dolore.
Non è ancora stato possibile stilare l’elenco ufficiale dei deceduti.
Solo ieri alle 17 il procuratore della Repubblica di Sondrio è stato trasportato a Tartano in elicottero per procedere all’identificazione ufficiale dei morti.
Altre 5 salme sono state recuperate nel Comune di Valdisotto, nel tratto di valle tra Tirano e Bormio.
La sedicesima vittima accertata è invece un bambino di 12 anni, morto a Sant’Antonio Morignone, nel modo più assurdo.
Lasciato un attimo solo dai genitori è caduto annegato nell’adda mentre stava osservando la piena dell’argine.
Proprio a Sant’Antonio Morignone, quattro chilometri prima di Bormio, il fiume Adda, per tutta la giornata di ieri, ha creato una diga naturale fatta di massi, tronchi e detriti.
L’acqua ha cominciato a salire a livelli proibitivi.
L’accumulo di materiale ha superato in certi punti i 5 metri.
Per i tecnici della Protezione civile il pericolo è che il torrente non riesca più a defluire da un piccolo alveo ad un lato della diga.
Il premere dell’acqua potrebbe sfondare lo sbarramento e provocare il deserto, come a stava due anni fa, per chilometri di valle.
La situazione è talmente grave che la polizia ha ricevuto l’ordine di bloccare già dal pomeriggio il traffico a Lecco.
Lungo il lago risalgono verso la vallata solo i mezzi dei vigili del fuoco e dell’esercito.
Colonne e colonne di M13, i cingolati in dotazione alla fanteria, sono diretti verso i paesi isolati, tagliati fuori dall’acqua che ha invaso la sede stradale.
Gli M13 sono gli unici mezzi, oltre agli anfibi dei vigili del fuoco, che riescono a superare le frane ed i torrenti di fango ed acqua che scendono sulla statale 38 dalle pareti della montagna.
I responsabili della Protezione civile continuano a raccomandare per radio di allontarsi dai corsi d’acqua, per timore di piene e improvvisi straripamenti.
Per l’ingegner Leonardo Corbo, comandante dei vigili del fuco di Milano, l’alluvione “ha profondamente mutato la struttura morfologica della Valle.
Per fare un esempio, da Tirano a Bormio non soltanto non ci sono più due chilometri di strada, proprio non c’è più il vecchio fondovalle.
Tutto spazzato via.
Si tratta di una rovina geologica senza precedenti”.
La statale 38 della Valtellina è interrotta, negli 80 chilometri tra Morbegno e Bormio, in almeno 50 punti.
A parte i sei ponti crollati ed i tratti “spariti”, ingoiati dagli smottamenti e dalle frane, in molti punti l’acqua è alta parecchi metri.
La ferrovia Lecco – Tirano è interrotta sin da ieri a Morbegno.
Per il prefetto di Sondrio, dottor Giuseppe Piccolo, ora la zona più pericolosa, a due giorni dagli inizi dell’alluvione, è quell’alta valle verso Bormio.
Ci sono i rischi maggiori di frane malgrado quelle già avvenute.
Complessivamente sono impegnati da ieri mattina nell’opera di soccorso ed aiuto delle popolazioni 900 carabinieri, 200 poliziotti, 640 militari del 3° e 4° Corpo d’Armata dell’Esercito, 750 alpini della 4° brigata alpina, 370 vigili del fuoco, decine di volontari della Protezione civile, decine di radioamatori ed anche molti dell’Ana (Associazione nazionale alpini) della valle.
Complessivamente sono entrati in azione 22 elicotteri (decine di persone sono state prelevate dai tetti delle case) e 200 automezzi, autocarri, ruspe e anfibi.

MARCO VAGLIETTI

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IN ELICOTTERO SUI PAESI DEVASTATI DAL NUBIFRAGIO

VAL BREMBANA ISOLATA

QUANTI SONO I DISPERSI?

BERGAMO – Le prime sciabolate di sole dopo quattro giorni infernali riescono a tagliare le nubi mentre l’elicottero “AB 412” dei carabinieri, decollato pochi instanti prima dall’aeroporto di Orio al Serio, imbocca la Valle Brembana.
Il pilota il maggiore Benedetto Cardillo comandante del gruppo elicotteri dei carabinieri di Orio al Serio, e porta a Lenna un tecnico del genio civile e Aldo Riegler, 61 anni di Milano.
Poche ore prima ha saputo dai carabinieri di Zogno che suo genero, Romeo Cortinovi, era stato travolto e ucciso ieri a Lenna dall’improvvisa ondata di piena del Brembo.
“Mio genero – racconta l’uomo – aveva un impresa di legnami.
Ieri stava tirando fuori l’auto dal Box, vicino al fiume, ed è stato travolto.
Ora vado a raggiungere mia figlia e mio nipotino che sono rimasti soli.
Non so niente di loro.
Penso che siano rimasti sconvolti.
Mentre Aldo Riegler cerca di far filtrare la voce fra il rumore dell’elicottero per raccontare la sua tragedia, sotto la valle Brembana si snoda risalendo dolcemente le Prealpi Bergamasche.
Il Brembo appare ancora rabbioso e denso di fango, ma si vede che l’ondata di piena è ormai passata: lo indicano i boschi, le strade, i manufatti arati e distrutti ben più in alto di dove scorra l’attuale alveo del fiume.
La strada di fondovalle, l’unica che porti a Bergamo e alla pianura,appare tagliata in più punti.
Praticamente tuta la valle appare spezzettata in varie parti, ognuna isolata dall’altra.
L’elicottero atterra su un piccolo prato di lenna.

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Mentre scendono il tecnico del genio civile e il padre di quella vittima, si avvicinano una infermiera ed un altro giovane.
La ragazza ha in mano un sacchetto di medicinali e dice che deve andare più su, fino a Mezzoldo, nell’alta valle, ad una cinquantina di chilometri da Bergamo, perchè c’è da soccorrere un cardiopatico.
Il maggiore Cardillo decide di far fronte a questa improvvisa emergenza e si riparte.
Via via che la valle diventa più stretta le ferite inferte dell’alluvione appaiono più profonde; ristretto fra pareti scoscese il Brembo ha lottato con rabbia per dare sfogo alla sua piena.
Si atterra nella frazione Ponte dell’acqua di Mezzoldo, davanti all’Hotel Genzianella.
Che qui dovesse passare la strada lo si intuisce dalla carcassa rossa di un’auto e da alcuni brandelli di guard – rail.
Dell’asfalto non rimane più traccia.
L’uomo malato di cuore ha bisogno di essere trasportato all’ospedale.
Non bastano pochi medicinali.
Per il difficile decollo fra le pareti scoscese il peso all’interno dell’elicottero diventa eccessivo.
Subito intorno si affollano gli abitanti di questa frazione e diversi turisti rimasti isolati.
E’ piovere di biglietti con numeri di telefono, accompagnati dalla preghiera di chiamare, appena di ritorno all’aeroporto, per tranquillizzare i parenti.
Dall’alta valle è infatti impossibile anche telefonare.

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LE TESTIMONIANZE DEI SOPRAVVISSUTI ALL’ALLUVIONE CHE HA COLPITO L’ALTA LOMBARDIA
“UN BOATO, POI LE CASE CROLLAVANO”
AD AMBRIA DI ZOGNO CODE DI TURISTI AL POSTO TELEFONICO: “VOGLIAMO TRANQUILLIZZARE I FAMILIARI”
UNO SCAMPATO: “HO VISTO DUE AUTO SPARIRE SOTTO UNA FRANA”
DUE ANZIANE SORELLE: “UN NOSTRO NIPOTE E’ RIMASTO LASSU'”

BERGAMO – I sopravissuti al disastro raccontano la loro notte di paura.
Questa mattina ad Ambria di Zogno sono arrivate a piedi molte persone, provenienti soprattutto da San Pellegrino, San Giovanni Bianco, Lenna.
“Almeno 200 persone dalle 7 del mattino fino a mezzogiorno – dice Giovanni Scolari, titolare di un bar dove si incontra il primo telefono funzionante (dalle 16 di ieri tutta l’alta valle è rimasta isolata telefonicamente) – è stata una processione.
Erano quasi tutti turisti che scendevano a piedi per telefonare e tranquillizzare le famiglie”.
Nel bar entra a telefonare Daniele Pozzuolo, 27 anni dipendente della nettezza urbana di Milano.
Ieri si trovava ai Piani di Scalvino intorno alle 17, nel momento più drammatico della piena.
In auto con al fidanzata, Tiziana Biagi, è rimasto bloccato fra le due frane.
“Non eravamo soli – racconta – con noi c’erano altre sette macchine, in tutto 18 persone.
Non sapevamo proprio come fare, poi qualche valliggiano ci ha consigliato di passare attraverso la galleria della strada ferrata e scendere poi a piedi tra i campi gino a San Giovanni Bianco.
Così abbiamo fatto.
Ci sono stati momenti di preoccupazione, anche se non di vera e propria paura: fra noi c’erano delle persone anziane”.
Luigi Zola, 46 anni, di Milano, arriva ad Ambria a piedi, con una valigia a tracolla.
Anche lui è stato bloccato dalle due frane ai Piani di Scalvino, ma, anzichè scendere verso San Giovanni Bianco ha preferito salire verso Lenna, dove ha dormito.
Racconta: “Quando ho fermato perchè non potevo più proseguire, ho guardato indietro e dal retrovisore ho visto altre due macchine che venivano letteralmente seppellite dalla frana.
Gli occupanti avevano fatto appena in tempo a scappare”.
Poco distante da Ambria, verso la Valtellina, sulla piazza di Morbegno arrivavano altri sfollati.
Dall’elicottero dei carabinieri scende Carla Basini, originaria di Morbegno, che stava trascorrendo a Tartano un periodo di vacanza.
Era nel condominio che è crollato, è ancora coperta di fango.
Dice: “Sono riuscita a scappare con i miei familiari.
Quando abbiamo sentito un forte rumore siamo usciti dall’appartamento e siamo scappati a piedi: il condominio è crollato quasi tutto”.
Hanno trascorso in chiesa tutta la notte, si sono arrangiati con mezzi di fortuna.
Sul loro volto ci sono i segni della fatica e della disperazione per la gente che hanno visto morire.
A Morbegno contin ua ad arrivare gente: decine di persone che hanno camminato tutta la notte attraverso i boschi scendendo per i crinali della montagna.
I mezzi di soccorso dei Vigili del fuoco e delle forze armate vanno incontro, lungo i sentieri della montagna, agli scampati che scendono spauriti, con pochi abiti addosso, il poco che hanno potutto salvare dalla furia del fango.
Una donna di 30 anni, al nono mese di gravidanza, è stata ricoverata nel locale ospedale, colta dalle doglie dopo essere stata soccorsa dai mezzi anfibi.
Si chiama Rosa Fazzini, era a casa sua, a Delebio, un Comune vicino a Morbegno, quando insieme a tutti gli altri abitanti è stata costretta a lasciare il paese.
A Morbegno nella chiesa di Sant’Antonio, sulla piazza che porta lo stesso nome, dove c’è anche il municipio che è sede del centro di coordinamento, vengono allineate le salme che dovranno essere portate a valle.
Si susseguono le testimonianze di chi si è salvato.
Le due sorelle Zovanni, di 71 e 76 anni, di Lorate Caccivio, erano nell’albergo travolto dal fango.
Raccontano: “Abbiamo sentito un botto, siamo uscite dalla camera nella quale alloggiavamo e abbiamo visto come del fumo.
Poi non abbiamo capito più nulla.
Qualcuno ci è venuto incontro, ci ha dato la mano e ci ha portato fuori da quell’inferno”.
Ma per loro l’angoscia non è terminata: “Un nostro nipote e la sua fidanzata ci avevano accompagnati lassù.
Non sappiamo che fine abbiano fatto.

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EMERGENZA NELLA PROVINCIA, SGOMBERATI NUMEROSI CAMPEGGI E ALCUNE CASE
IL CENTRO DI COMO INVASO DALL’ACQUA
NEGOZI, RISTORANTI E BANCHE ALLAGATI NEL CAPOLUOGO
OVUNQUE SI SEGNALANO FRANE E SMOTTAMENTI
UN PESCATORE ANNEGA TRAVOLTO DALLA CORRENTE
ALLARME PER I FIUME LIRO
SEMPRE DIFFICILI I COLLEGAMENTI STRADALI E FERROVIARI

COMO – Situazione pesante per il maltempo anche nel Comasco.
Non ci sono vittime, ma ingentissimi danni, soprattutto a Como.
Il capoluogo è semisommerso dall’acqua del Lario.
Tutta la zona del primo bacino è praticamente allagata.
Numerose banche, negozi e ristoranti sono stati invasi dall’acqua.
Anche il caveau di un istituto di credito si è riempito d’acqua.
La situazione sembra destinata a peggiorare, considerato che il livello del lago aumenta a vista d’occhio.
Cresce, infatti, 3 centimetri all’ora.
Questo perchè nel lago entra un’enorme quantità di acqua portata a valle dai fiumi e dai torrenti della Valtellina.
Ieri alle 18 entravano 1600 metri cubi al secondo, mentre dalle paratie di Olginate ne uscivano 761.
Sempre alle 18 di ieri il livello del lago di Como era di 242 centimetri sopra lo zero idrometrico.
Ciò significava che c’erano 102 centimetri di troppo.
Gli stessi che poi ritroviamo in piazza Cavour, “salotto” della città lariana, e in altre vie.
Uno straripamento di questa portata erano anni che non si verificava.
Nel 1978 l’acqua arrivò sino quasi in piazza Duomo.
Possibilità che ora non viene scartata.
Solo un repentino cambiamento di tempo potrebbe contribuire a migliorare la situazione, anche se, secondo gli esperti, il livello del lago è destinato a crescere per almeno 24 ore.

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Nel comasco diverse centinaia di turisti ospitati nei campeggi dell’alto lago sono stati obbligati a trovare sistemazioni più sicure.
Sono interessati i campeggi di Sorico, Gera Lario, Gravedona, Domasi, Colico, Dorio e Dervio.
La stragrande maggioranza dei campeggiatori ha abbandonato il comasco.
Sempre in alto lago preoccupa il fiume Liro.
Una ventina di famiglie sono in preallarme.
A Cremeno, in Valsassina sono state evacuate diverse famiglie, le cui abitazioni sono minacciate da frane e smottamenti.
A Olginate due famiglie sono state invitate a lasciare le loro case che si affacciano lungo le sponde dell’Adda.
Il fiume è molto ingrossato fra Lecco e Cassano d’Adda, anche per l’acqua che viene fatta defluire dalle paratie della diga di Olginate.
Nel fiume Liro, in alto lago, è annegato un pescatore trascinato a valle dalla piena.
Il suo corpo è già stato recuperato.
Situazione diffile nel comasco anche per quanto riguarda i collegamenti stradali.
La statale 36, quella che da Lecco va a Colico, è stata chiusa al traffico per consentire il passaggio dei mezzi di soccorso diretti in Valtellina.
Il traffico locale è stato deviato, mentre tutte le altre auto sono obbligate a percorrere la statale Regina.
A Dongo, però la sede stradale della Regina è attraversata da un corso d’acqua, per lo straripamento di un torrente.
Nella primissima mattinata di ieri a Faldo, nel Canton Ticino, è stata riaperta l’autostrada che collega la Svizzera a Como – Milano, chiusa al traffico la sera prima.
Nel primo pomeriggio di ieri, sempre nella medesima località ticinese è stata riaperta, seppure su un solo binario, la linea ferroviaria internazionale del Gottardo, bloccata dalle prime ore di Venerdì per una grossa frana che ha spazzato via la linea elettrica.

MARCO MARELLI

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ALLARME PER MALTEMPO SU TRENTINO E ALTO ADIGE
INTERROTTI NUMEROSI COLLEGAMENTI STRADALI E FERROVIARI
ISOLATA ANCHE CORTINA D’AMPEZZO
ALLAGAMENTI A MERANO E BOLZANO

BOLZANO – Anche in Alto Adige per la Protezione civile è scattato l’allarme rosso.
Da sabato sera sono in funzione le centrali operative rpesso le prefetture, e uomini e mezzi sono pronti a intervenire.
L?Adige è straripato alla mezzanotte di sabato fra i Comuni di Ponte Adige e Settequerce.
L’argine ha ceduto su un fronte di 80 metri circa e l’acqua, impetuosa ha invaso oltre 300 ettari di campagne coltivate a frutteto.
Nella zona della conca bolzanina, alla periferia del capoluogo, sono state evacuate 50 abitazioni civili e un intero albergo, che hanno avuto allagati gli scantinati e i piani bassi.
L’acqua ha distrutto anche circa 200 metri della massicciata della linea ferroviaria che collega Bolzano a Merano,
Peggiore ancora la situazione a Merano.
Tre Comuni e una ventina di frazioni della Val Passiria sono isolati.
Il torrente Passirio, che attraversa la valle, l’altra notte è straripato e l’acqua ha portato con s’è un pezzo della strada statale 44 del passo di Giovo.
Nell’alta Val Venosta, nella zona del Passo dello Stelvio, è interrotta la strada statale Stelvio, fra Prato dello Stelvio e Trafoi.
In questa zona è straripato il rio Solda.
Carabinieri e volontari stanno ancora cercando, nelle acque del rio Solda, Hogo Donne, 24 anni, residente A Sluderno: l’altra notte viaggiava con una Mnw in compagnia di un amico lungo la statale dello Stelvio, quando l’asfalto ha ceduto.
Il suo amico è riuscito a mettersi in salvo, lui è stato inghiottito dalle acque insieme all’auto.
L’adige è uscito anche a Oris, e l’acqua ha distrutto un centinaio di ettari di colture agricole pregiate.
Danni ingenti pure a Merano, dove il torrente Passirio rompendo gli argini ha inghiottito trenta metri della strada comunale, provocando interruzioni dell’energia elettrica e spaccando le condutture del gas, la cui erogazione è stata bloccata per tutta la mattinata di ieri.
A Bressanone è stata chiusa la statale del Passo Giovo, per lo straripamento del rio Ridanna.
La Val Passiria, dunque, è isolata anche da questo versante.
Una tromba d’aria ha provocato ingenti danni a Bassano del Grappa, scoperchiando case e capannoni, mentre un fronte franoso di 600 metri formato da sassi e terriggio ha invaso la statale 51 Alemagna in località acquabona, isolando Cortina d’Ampezzo.
Due auto sono state investite dalla frana, ma gli occupanti sono riusciti a mettersi in salvo.

FLAVIO CORAZZA

MORTI E DISPERSI PER IL MALTEMPO IN SVIZZERA
LUGANO –
Il terribile nubifragio che ha sconvolto la Lombardia ha interessato anche la zona orientale e sud – orientale della Confederazione Elvetica.
I fiumi in piena e le frane hanno bloccato numerose strade.
Evacuati centinaia di case e numerosi campeggi.
Diversi paesi isolati, precarie le comunicazioni telefoniche.
Ieri la polizia ha recuperato i corpi senza vita di tre passeggeri di un’auto con targa svizzera uscita di strada per la pioggia e finita nelle acque tumultuose del fiume Maira.
Continuano frattanto le ricerche di un aereo da turismo che si teme si sia schiantato sul Gottardo venerdì con a bordo cinque persone.

GRAVI DANNI IN 2 PROVINCE AUSTRIACHE
VIENNA –
Anche l’Austria è stata interessata dalla disastrosa perturbazione.
A Fussach, nella provincia di Vorariberg, il crollo di una diga ha provocato un’ondata di piena nel Reno e le acque hanno allagato 200 abitazioni estive.

Nel Tirolo, lungo il tratto fra le comunità di Gschnitz e Laponis i ponti sono stati spazzati via dalla corrente dell’affluente Gschnitz.
Una ventina di persone, fra cui cinque minori, sono rimaste isolate e si è reso necessario l’intervento degli elicotteri per metterle in salvo.

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ANCORA TEMPORALI SULL’ITALIA DEL NORD
AL CENTRO E AL SUD DOMINANO INVECE IL CALDO E LA SICCITA’

Il quadro meteorologico italiano presenta aspetti quanto mai singolari,
Mentre sulle regioni centrali e meridionali caldo e siccità sono le note dominanti e scoppiano a ripezione gli incendi boschivi, le regioni settentrionali sono investite da piovaschi temporaleschi localmente intensi e tali da provocare situazioni di emergenza come quella in atto sulle province settentrionali della Lombardia.
La situazione è tale da destare allarme per le prossime 36 – 48 ore.
Entro questo intervallo è attesa una recrudescenza dell’attività temporalesca la cui azione, anche se in tono minore, si estenderà nel corso della giornata di mercoledì al resto della penisola.
Tutto fa capo ad una depressione o “vortice ciclonico”, localizzata sull’Europa centrale, entro la quale circola aria molto instabile.

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Il suo movimento verso Sud è lento ma la sua azione, per ora limitata alle regioni settentrionali, si farà sentire sul resto della penisola instaurando condizioni di instabilità più o meno accentuate.
Così ad esempio è molto probabile che tra giovedì e venerdì prossimi le regioni settentrionali e centrali dovranno subire un’altra ondata temporalesca abbastanza intensa.
Ovviamente anche le temperature saranno condizionate da questa situazione tanto che i valori massimi, almeno al Nord ed al centro, si manterranno al di sotto della norma stagionale.
L’evento per quanto vistoso nei suoi aspetti, possiamo dire che rientra nella norma climatica.
Nell’ultimo scorcio del mese di luglio è infatti ricorrente lo smorzamento della prima consistente ondata di caldo per l’arrivo sulle nostre regioni di aria fresca e temporalesca.
Nella presente circostanza l’evento si è presentato con un certo anticipo sulla tabella di marcia è destinato a rientrare sul finire della settimana senza incidere ulteriolmente sul successivo andamento climatico.
Insomma non vi sono motivi di apprensione per le nostre vacanze.
La seconda e conclusiva ondata di caldo giungerà proprio in coincidenza con il grande esodo di fine luglio ed i primi di agosto.


GENERALE MARCELLO LOFFREDI

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DISPERATE RICERCHE NELLA COLTRE DI FANGO CHE HA SOMMERSO LA VALLE

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ORA I DISPERSI SONO SEDICI
LE VITTIME SALITE A 19: RIPESCATA UN’AUTO CON QUATTRO MORTI

SONDRIO – Ha smesso di piovere da ieri sera, ma la situazione nella Valtellina allagata è migliorata di poco e le previsioni del tempo promettono altra acqua nelle prossime 24 ore.
Il fondovalle da Morbegno a Bormio, 80 chilometri resta impraticabili.
I collegamenti sono tenuti da elicotteri, sulla strada interrotta ogni due o tre chilometri dagli allagamenti passano, solo con difficoltà, gli anfibi dei vigili del fuoco e i cingolati dell’esercito, gli M13.
Sono stati identificati i cadaveri di tre vittime del crollo dell’albergo “La Gran Baita” di Tartano, dove sono morte nove persone tra cui il proprietario marcello Gusmeroli, la moglie Ottavina e le figlie Renata e Marzia.
I corpi identificati sono quelli di Marica Spinello, 36 anni di Carate Brianza (Milano), Enrica Fumeri, 46 anni di Carate Brianza, e di Elisa Fontana , 57 anni di Cesate (Milano),
I soccorritori hanno recuperato a Sant’Antonio Morignone di Val di Sotto, un’automobile sommersa dal fango con i corpi di quattri giovani.
Per il momento si conosce solo la targa della vettura: SO 165532.

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Secondo i dati comunicati stamattina dalla prefettira di Sondrio i morti sono 15 e i dispersi sono saliti da due a 16.
Molto alto il numero degli sfollati da tutta la Valtellina.
Almeno mille persone si già allontanate da Sondalo, a 47 chilometri da Sondrio, in quanto minacciati dal torrente Poschiavino in piena.
Anche i degenti dell’ospedale di Tirano, una settantina di ricoverati, sono stati trasferiti altrove.
Negli ospedali di Bormio e Sondrio continuano ad arrivare i feriti estratti dalle macerie delle case crollate per gli smottamenti.
A Bormio i ricoverati finora sono 15, a Sondrio 49.
I tecnici della protezione civile hanno stabilito che ben 45 convalli (valli laterali) della Valtellina sono interessate dagli ingrossamenti dei torrenti che si gettano nell’Adda.
Diversi comuni e frazioni sono sempre isolati.
Tra Tirano e Bormio 4 ponti sono crollati.
Altri ponti sono finiti in briciole sotto l’urto delle onde in Valmalenco e a Caiolo, Spriana, Torre Santa Maria.
Gli abitati di Piateda e Fusine sono completamente allagati.
Le case sono sommerse dal fango sino ai tetti.
Anche “Piano della Selvetta”, fra San Pietro Berbenno e Ardenno, è allagata e raggiungibile solo con gli anfibi.
A Tirano da stamane si sta sfollando anche metà paese, sei mila persone.
Il torrente Poschiavino, che arriva dal lago Poschiavo stracolmo d’acqua, è straripato nella notte e l’acqua è già fuoriuscita di 50 centimetri.
I collegamenti e molte evacuazioni nella zona avvengono con gli elicotteri.
Le maggiori difficoltà nei soccorsi consistono nell’approvvigionamento dei centri isolati e nei rifornimenti d’acqua potabile.

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Le condutture degli acquedotti sono saltate.
Manca corrente qua e là nella Valle e i telefoni non funzionano anche se i soccorsi, coordinati dalla Protezione Civile hanno sinora fatto miracoli.
Il piano di emergenza è scattato e si è sviluppato in modo perfetto.
Il ministero dell’interno ha anche disposto servizi antisciacallaggio, i carabinieri presidiano i quartieri e le frazioni abbandonate.

Molti sfollati sono confluiti a Sondrio, dove però gli argini dell’Adda sono sotto pressione.
Proprio l’Adda è tenuto d’occhio con particolare attenzione dai tecnici della Protezione Civile che coordinano gli interventi di soccorso.
A Sant’Antonio di Morignone, 4 chilometri prima di Bormio, incombe sempre il pericolo della “diga naturale” fatta di detriti (massi e tronchi d’albero) che lascia si passare l’acqua, ma costringendola nel passaggio obbligato di uno stretto torrente.
Se altri detriti chiudessero completamente lo sbarramento, potrebbe poi “scoppiare”, sotto la pressione del “lago” che si sta formando a monte.
Anche in altri punti del fiume, che si getta nel Lago di Como dopo Morbegno, i detriti ed i tronchi d’alberi provocano di tanto in tanto occlusioni.
L’acqua defluisce nel fondovalle finchè il “tappo” formatosi nel fiume non salta.
Per la Valtellina è una catastrofe.
Tra Bormio e Tirano la strada statale 38 non esiste più, letteralmente per chilometri e chilometri.
La stagione turistica estiva può considerarsi terminata.

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DISPERATE RICERCHE NEL FANGO RIPESCATA AUTO CON QUATTRO A BORDO
DICIANNOVE LE VITTIME E ANCORA 16 I DISPERSI

A Bormio, i villeggianti stanno fuggendo compiendo un lungo giro attraverso la Svizzera.
Le poche volte che i telefoni funzionano arrivano disdette negli alberghi.
D’altronde, non c’è nemmeno la strada per arrivare.
Nel tratto di Valtellina più ampio, i trenta chilometri da Sondrio a Morbegno, gli edifici semisommersi dall’Adda sono almeno duemila.
Incalcolabili i danni economici.

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Migliaia di carabinieri, soldati, alpini e vigili del fuoco sono all’opera da due giorni per far fronte all’emergenza.
Da Bergamo attraverso il Passo dell’Aprica, stanno arrivando altre colonne dei pompieri e dell’esercito con cucine da campo al seguito.
Gli sfollati nella notte di Sabato, la più tragica, sono stati calcolati in 18 mila in tutta la Valtellina.
Oggi sono rimasti in cinquemila, ma aumentano per la nuova emergenza di Tirano.
A Sondrio le duemila persone evacuate dal quartiere lungo il torrente Mallero che si getta nell’Adda proprio in città, hanno potuto ritornare alle loro case stamane.
Il livello del torrente, che ha spazzato un ponte in piena a Sondrio, si è ridotto parecchio anche se il letto del corso d’acqua è salito di due metri per la sabbia portata giù dalle montagne.

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A Tartano, dove è crollato per uno smottamento l’hotel Gran baita, l’opera dei vigili del fuoco non è ancora terminata.
Sotto l’albergo potrebbero esserci altre otto persone.
Un palazzo e due case, trasportati dal fango si sono appoggiati ad un ala dell’hotel schiacciandolo.
E’ stato il torrente che sfiora il paesino ad uscire dagli argini provocando lo smottamento del terreno.

MARCO VAGLIETTI

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BOLZANO: 3 DISPERSI ANCORA ISOLATI LO STELVIO E TRAFOI

BOLZANO – In Alto Adige sono salite a tre le persone ufficialmente disperse per fatti legati al maltempo degli scorsi giorni
Oltre a Hugo Donner, 24 anni di Sluderno, scomparso con la sua auto nel Torrente Solda in piena, e non ancora ritrovato, altri due automobilisti sono stati travolti dai gorghi di un torrente della Val Gardena.
Intanto dopo che nella notte ha smesso di piovere, in Alto Adige adesso splende il sole.
Il livello del fiume Adige e del torrente Passirio non desta più allarme.
I vigili del fuoco stanno scandagliando le acque del rio Gardena nei pressi di Ortisei alla ricerca dei corpi di Pleger e della Schrott.
L’autovettura su cui viaggiavano si è rovesciata nella serata di ieri.
Rimangono isolati gli abitati di Gomagol, Stelvio, Trafoi e Solda.
In quest’ultima località i turisti che vogliono tornare a valle vengono trasportati per un tratto da un servizio di tassì, debbono poi percorrere mezz’ora a piedi su un sentiero di montagna e vengono poi raccolti da mezzi della Guardia di Finanza.
Secondo quanto informa l’ufficio viabilità della provincia di Bolzano, i quattro paesini rimarranno isolati per almeno una settimana.
Migliorata la situazione sull’autostrada del brennero, ove in mattinata è stato riaperto il casello di Vipiteno.
Riaperta anche la Val Passiria, limitatamente ai veicoli leggeri.
Ancora interrotte le strade d’accesso ai passi Rombo, Giovo e Pennes.
Interruzioni sulle strade di alcune valli laterali della Val Venosta.
Ancora allagata e interrotta la statale Bolzano – Merano a Bagni di Zolfo, nei pressi di Bolzano.

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UNA QUINDICENNE TRA LE VITTIME DELLA TRAGEDIA
SUPERANO I 400 MILIARDI I DANNI NELLA VAL BREMBANA

BERGAMO – Situazione sempre altamente drammatica nella Valle Brembana anche se in mattinata è ritornato a splendere il sole.
Le condizioni della valle sono veramente un disastro eccezionale: non per niente i danni vengono quantificati in oltre 400 miliardi di lire.
E’ stata confermata come dispersa ufficialmente la seconda vittima della tragedia, una ragazzina di 15 anni, Barbara Orlando, studentessa delle magistrali, residente a Bergamo nel quartiere di Longuelo: sabato pomeriggio stava tornando frettolosamente a Bergamo da Mezzoldo in compagnia della sorella Anna, ventenne, e di tre amici, tutti di Bergamo, quando alle loro spalle è arrivata l’ondata di piena del Brembo.
I cinque giovani hanno cercato disperatamente di salvarsi e quattro di loro ce l’hanno fatta afferrandosi ai rami di un grosso albero; Barbara si è afferrata al guardrail stradale, ma portroppo non ce l’ha fatta a resistere alla estrema violenza dell’ondata ed è stata trascomata via.
L’altra vittima, come noto, si chiamava Romeo Cortinovis, aveva 42 anni, abitava a Lenna.
Questa mattina alle ore 10, durante le operazioni di soccorso è avvenuto un incidente ad un elicottero della “Elilombardia”: aveva raggiunto l’abitato di Olmo al Brembo, dove era stato richiesto urgentemente l’invio dell’elicottero per il trasporto di una persona infartata agli Ospedali Riuniti di Bergamo.
Nell’atterrare, l’elicottero ha urtato contro alcuni cavi: l’elicottero è caduto.
Per buona fortuna tutti e tre i componenti dell’equipaggio sono salvi: hanno solo riportato ferite: per il più grave la prognosi è di 40 giorni.
Ma non è stato possibile sapere di più anche perchè l’Alta Valle Brembana – si tratta di 18 paesi parzialmente isolati e ancora cinque completamente isolati – non è raggiungibile telefonicamente.
La situazione dunque permane estremamente critica in tutta la Valle, mentre si è accertato che la strada statale che conduce da Bergamo fino a Foppolo e al passo San Marco è stata “Sventrata” in ben otto punti.
Intanto, arrivati a Zogno, anche questa mattina non si può assolutamente proseguire verso l’ALta Valle.
Operano soltanto gli elicotteri che hanno realizzato presso l’aeroporto di Orio al Serio, vicino a Bergamo, un “servizio continuo” per tutti i bisogni sia riguardanti la Valle Brembana sia la Valtellina.

AMANZIO POSSENTI

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COMO E’ INONDATA
CHIUSI I NEGOZI I BAR E LE BANCHE

COMO – E’ tornato il sole sull’intero Comasco a rendere ancora più stridente il contrasto con le numerose ferite provocate dall’ondata di maltempo che per oltre 72 ore ha flagellato l’Alta Lombardia.
Non piove più da quasi 24 ore, ma il livello del Lago di Como continua a crescere, quasi a vista d’occhio, e si allarga la geografia della città sommersa.
Si allunga la lista di piazze e strade allagate: piazza Cavour, Piazza Volta, Piazza Matteotti, piazzale dell’Hangar, Lungolario Trento, via Cairoli, via Garibaldi e via Plinio.
I portici del Broletto, testimonianza romana, sotto il duomo, sono trasformati in una sorta di piscina transennata per evitare che qualche bambino possa cadere in acqua.
I danni sono ingentissimi.
Si parla di numerose decine di miliardi di lire.
Stamane non hanno aperto tre istituti bancari, tre bar, due ristoranti ed una pizzeria.
Una dozzina i negozi chiusi.
Stante agli esperti la situazione, almeno sino a questa sera alle 20, la situazione è destinata a peggiorare.
Il lago infatti dovrebbe crescere ancora, in misura di due centimetri e mezzo all’ora.
Si fa sempre più concreto il rischio che il lago possa arrivare in piazza Duomo.
A memoria d’uomo nessuno si ricorda una inondazione così imponente.
L’ultima di grande portata è quella che risale al 1976.
La situazione in provincia di Como rimane allarmante anche e soprattutto in Alto Lago.
Dal fiume Adda e dal fiume Mera affluiscono detriti a montagne.
Difficoltà per i natanti della navigazione lariana che non riescono ad attraccare.
Problemi per i campeggi della zona che ieri sono stati infatti evacuati.
Cresce anche il pericolo che l’acqua invada le statali.

L’UNITA’ 20 LUGLIO 1987

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L’ALLUVIONE IN LOMBARDIA
LA VALTELLINA SCONVOLTA, CEDE IL SISTEMA IDROGEOLOGICO, SONDRIO ISOLATA
IMMEDIATI I SOCCORSI, MOBILITATO ANCHE L’ESERCITO, MIGLIAIA I SENZATETTO
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LOTTA DISPERATA CONTRO ACQUA E FANGO
PRIMO BILANCIO: 14 MORTI, 7 DISPERSI

Il bilancio è ancora provvisorio: la Protezione civile parla di 14 morti e 6 dispersi (un altro disperso è segnalato in Alto Adige).
La Valtellina si è trasformata in un mare di fanghiglia, migliaia di soccorritori sono all’opera.
Paesaggio altrettanto disastrato, ma con meno vittime, in Val Brembana.
A Tartano un albergo, la Gran Baita, è stato travolto da uno smottamento.
Si scava sotto le macerie.

La Valtellina è spaccata in tre.
Sotto un cielo plumbeo che ha continuato a rovesciare acqua per giorni e giorni, praticamente senza concedere tregua, nelle ultime 24 ore l’adda corre impetuoso, ribollente, giallastro, trascinando con sè fango, detriti, alberi, masserizie.
Tutto intorno il paesaggio è sconvolto.
Cinque ponti sono crollati sotto la pressione dell’acqua, 60 su 78 sono da ieri mattina in stato di emergenza, quarantacinque valli (tante quanti sono gli affluenti) sono invase dalle acque limacciose.
Uno scenario che dall’elicottero militare che ci porta a Sondrio, irraggiungibile con mezzi normali, appare in tutta la sua drammaticità.
Ovunque il verde delle colline e dei prati lascia il posto al grigio delle nuvole sempre più gonfie e minacciose e al grande acquitrino che invade la valle.
Ma non c’è tempo, ora, per lamentarsi dei danni.
C’è solo la possibilità di rimuovere detriti e macerie per portare alla luce qualche corpo ancora in vita e per comporre le salme delle vittime.
E’ un lavoro che vede impegnati quasi tremila uomini tra vigili del fuoco, carabinieri, polizia e militari dell’esercito fatti convogliare qui da tutto il Nord Ovest del paese.
Un lavoro reso improbo dalla pioggia incessante e dai collegamenti saltati in più punti.
La valtellina infatti non è più percorribile se non per brevi tratti.
E’ isolata a settentrione per una diga naturale di fango e detriti all’altezza di Sant’Antonio Morignone, che ha imposto l’evaciazione di migliaia di persone (cinque mila soltanto a Grosio): sicchè località come Sondalo e Bormio non si raggiungono più dal capoluogo nemmeno con i mezzi anfibi.
Ma anche Sondrio è tagliata fuori dal resto della Lombardia e dell’Italia.

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A Sud, nel fondovalle, Ardenno e Talamona sono le ultime tappe forzate per chi risale da Lecco e comunque arrivali lì, sui “natanti” dei pompier, non si avanza di un metro.
Automobili sepolte dalla melma, linea ferroviaria saltata non si sa fino a quando, case semisotterrate.
E’ qui vicino che il maltempo ha mietuto le sue prime vittime, i morti di Tartano, gli ospiti dell’albergo La Gran Baita spazzato via dalla frana di sabato sera.
Si è scavato per buona parte della notte e per tutto il giorno nel tentativo disperato di non fare aumentare il numero dei morti e dei dispersi.
Ma il bilancio resta tragico, e non è nemmeno definito.
Sondrio è isolata.

Ad est il passo dell’Aprica è stato riaperto a tarda sera.
La strada è scomparsa sotto un torrente in piena.
Una catastrofe – dicono in prefettura – e la memoria torna a Tresenda, quando nel maggio del 1983 una frana seppellì 17 persone.
“Ma stavolta è più grave ancora – ammettono anche le fonti ufficiali, allora il disastro fu molto localizzato.
Questa volta è emergenza diffusa.
Giù a fondovalle, a Morbegno, ieri mattina si respirava un’atmosfera quasi irreale.
Il paese sembrava un avamposto di sfollati.
La piazza di Sant’Antonio un immenso avamposto di autoblindo, anfibi, camionette, ambulanze; dietro, in un campetto sportivo, un eliporto improvvisato per gli andirivieni dei soccorritori.
Di fronte, l’ospedale dove sino a ieri erano ricoverate otto persone (tra cui due bambini dimessi in serata)
Prprio all’ospedale di Morbegno fin dalla notte di sabato e dall’alba di ieri si sono avvicendati in cerca delle prime frammentarie notizie parenti e amici dei dispersi.
“Stiamo aspettando 27 salme – ci diceva ancora ieri sera il direttore Giuseppe Zecca smentendo così le ultime crifre ufficiali”.
A tarda sera le salme recuperate erano nove.
“E purtroppo alla fine saranno molte di più”, commentava, scuotendo la testa, padre Ireneo, cappellano dell’ospedale.
Fuori facendo eco al pessimismo del sacerdote, la pioggia continuava a sferzare la piazza.

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L’ALLUVIONE IN LOMBARDIA
NEL BUCO PIU’ NERO DI QUELL’INFERNO CHE E’ DIVENTATA LA VALTELLINA
I SUPERSTITI RICOSTRUISCONO LA TRAGEDIA DI SABATO
QUANDO LA PALAZZINA DI DICIOTTO APPARTAMENTI E’ CROLLATA SULL’HOTEL
INTRAPPOLANDO DECINE DI PERSONE RIFUGIATE SOTTO LA TETTOIA

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L’INCUBO DELLA “GRAN BAITA”
L’ALBERGO TRASFORMATO IN UNA TOMBA DI FANGO

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“Ero sotto il portico con mamma, papà e tanta altra gente.
D’improvviso ho gridato: Via! Via! E sono scappato”.
“Mi aveva appena detto di spostare la macchina.
Poi ho sentito un boato e lei non c’era più”.
“Abbiamo salvato due bambini con il fango alla gola, che urlavano: non vogliamo morire”.
Ecco alcune delle testimonianze dei drammatici momenti vissuti a Tartano, dove decine di persone sono morte.
Si cerca di ricostruire la dinamica della tragedia che ha colpito i villeggianti di quel piccolo centro della Valtellina sconvolta da alluvioni, smottamenti, frane.

TARTANO – ( VALTELLINA ).
“Ero sotto il portico con mamma, papà, le mie sorelle e tanta altra gente.
D’un tratto, erano circa le 16,30, ho visto una massa nera li davanti.
So che ho urlato Via! Via! E d’istinto sono scappata da questa parte.
Quando mi sono girato non c’era più niente.
Nè il giardino, nè i giochi per i bambini, gli alberila casetta che fungeva da magazzino, la tettoia.
Sono qui, adesso, ma non mi rendo mica conto..
So che ho tirato fuori da là sotto sette persone”, Roberto Gusmeroli, 21 anni, un giovane alto, occhi chiari, mani robuste da lavoratore, parla quasi in trance.
Davanti a lui “La Gran Baita”, l’Hotel che gestiva suo papà, Marcellino 48 anni, con la mamma Ottorina di 44.
Ancora non li hanno trovati, ma Roberto sa che non c’è più speranza.

Li troveranno, prima o poi, dentro l’atrio, nella sala ristorante, o forse ancora più in là, nella sala giochi, tra poltrone, tavoli, biliardini, suppellettili irriconoscibili, ma frullate, rimescolate da una mota grigiastra che incupisce tutto e cancella ogni colore.
O forse, saranno ancora più lontano, 500, 1000 metri sotto, nei gorghi del torrente Tartano che in questi giorni di piogge incessanti è diventato una specie di Colorado ruggente tra due strette fiancate dalle quali la montagna si stacca pezzo per pezzo.
Nel buco più nero di quell’inferno che è diventata la Valtellina sconvolta da alluvioni, smottamenti e frane, non è difficile scoprirsi a pensare di essere dentro un orribile incubo.
Già arrivare fin qua, poche ore dopo la strage di tanti innocenti, ha il sapore di una salita agli inferi.
In più punti la strada è stata strappata; l’asfalto volato via.
Al loro posto grosse pietre e buche che si riempiono di fango.
Dopo la località Campo di Tartano anche l’anfibio cede il passo agli unici automezzi che qui possono muoversi: le Jeep.
Quando finalmente il motore si spegne, siamo nella bocca di Lucifero.
Il teatro della tragedia, l’albergo “La Gran Baita”, innanzitutto, Quattro piani graziosi dei quali due semintenrrati che sono diventati la tomba di molte persone.
Ancora non si sa quante, forse quindi, forse venti sono sotto le macerie.
Pochi metri prima dell’ingresso una pensilina in legno, messa con intento accattivante non più di dieci giorni fa, regge un pannello.
Su quest’ultimo, affiancati da una stilizzata figurina di donna in due pezzi, l’elenco delle molte opportunità offerte ai villeggianti: ristorante, sauna, parco e sala giochi, terrazza al sole.
Stridente, beffardo, crudele il contrasto con questa realtà nutrita di lutti infiniti.
A poca distanza da lì, come in contrappunto, otto pietose coperte celano i corpi straziati di altrettante vittime del disastro.
Sono li da sabato pomeriggio, quando si è compiuta la tragedia.
Proprio davanti alla bocca sventrata dell’ingresso dell’hotel un “Caterpillar” rimuove continuamente l’ammasso di detriti.
E’ tutto ciò che resta del condominio di tre piani che sovrasta, al di là della.
“La Gran Baita”.

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Due ali minori del bianco edificio sono rimaste in piedi.
Alle finestre si intravvedono ancora indumenti ad asciugare.
Ma tutta la parte centrale è crollata sotto l’urto poderoso di una gigantesca scheggia del monte che gli è rovinata addosso lasciando via libera ad un nuovo ruscello.
“Quel condominio è esploso.
Sotto le fondamenta c’era una condutta d’acqua non più larga di un metro che ha ceduto minando lo stabile – dice ancora Roberto Gusmerali -, se non ci fosse stato il condominio la frana sarebbe scivolata ai lati dell’albergo.
Tutti i vecchi qui dicevano che eravamo al sicuro”.
Pochi minuti prima un uomo in calzoni blo, scarponi, giacca e calzettoni rossi gli era stretto fra le braccia angosciato.
Sollevando il lembo di una coperta aveva riconosciuto il volto della giovane moglie, Sandra Angelini.
L’uomo tra in singhiozzi si aggira come accecato nel piazzale ingombro d’auto targate Como, Sondrio, Bergamo schiacciate da enormi macigni.
“Mi aveva appena detto di spostare la macchina – dice – ed io le avevo raccomandato di salire in camera ad asciugarsi.
Stavano tutti li a guardare in alto, oltre il condominio che avevano abbandonato perchè poco prima li accanto si era staccata una piccola frana.
Ho sentito un boato.
Neppure il tempo di fare retromarcia e lei non c’era più”.
Coincidono le versioni sulla dinamica del disastro raccolte sia sul luogo, tra parenti e amici dei morti o scomparsi, che a Morbegno dove sin dal primo mattino di ieri gli elicotteri dei soccorritori hanno trasportato gli scampati.
E’ certo che la palazzina di diciotto appartamenti si era spontaneamente svuotata alle prime avvisaglie della tragedia.
Ma proprio l’aver scelto di ripararsi sotto la tettoia dell’albergo è stato fatale a decine di persone.
Il condominio sventrato è rovinato addosso a questa gente senza dar loro il tempo di mettersi in salvo.
Sono rimasti intrappolati come topi, respinti, travolti, soffocati nel fondo dell’androne e della sala ristorante.
“Noi abbiamo estratto i primi cinque morti – dice Giuseppe Angelini, 30 anni, geometra progettista – c’erano due bambini, un maschio di 12 anni e una femmina di 9, che urlavano.
Abbiamo scavato con le mani.
Loro gridavano: non vogliamo morire.
Erano seppelliti in fondo al corridoio con il fango alla gola.
Cinque minuti dopo che li abbiamo portati in camera sono arrivati i primi soccorritori”.
Nella sala mensa del Comune di Morbegno le testimonianze degli scampati si intrecciano con un denominatore comune: l’angoscia per quello a cui hanno assistito.
Aveva detto Angelo Viraghi, grandi baffoni bianchi, di Birone di Giussano:” Ho sentito un vento intenso e un odore di terra.
Ho fatto in tempo a dire “scapen che la ven giò, e il condominio l’è sciuppà”.
E Vittoria Giubellini, 72 anni, piange il marito Cherubino Ferrario, 75 anni: “Eravamo sposati da mezzo secolo – ricorda – pioveva da tre giorni e lui ha voluto andare a vedere il tempo.
Poveretto.
La tromba d’aria se lo è portato via.
Vedestem vedeste che disastro c’è lassù.
I morti saranno trenta”.
La maledizione che si è abbattuta sulla Valtellina s’è accanuta con furore in Val Tartano.
“A Campoi c’è una diga che ha sessant’anni.
In 45 minuti, con tutti i suoi sei scarichi aperti, il livello dell’acqua si è alzato di quindici metri – dice ancora il geometra Angelini – una cosa che non si è mai vista”.
Nel paese maledetto continuano ad affluire soprattutto i vigili del fuoco.
Della protezione civile non c’è neppure l’ombra.
Intanto la tempesta non dà tregua.
Cade perfino la grandine e pare moltiplicare la paura e la rabbia.
“Bisogna pensare a salvare i vivi – urla Fausto Stuffo, mentre per l’ennesima volta, un veicolo dei pompieri fa la spola con Morbegno scavalcando le montagne per aggirare la statale 38 – è assirdp avere a Tartano tanti mezzi fermi per estrarre i morti dall’albergo mentre c’è gente in pericolo nelle frazioni vicine.
Che organizzazione è questa?
La Valtellina è buona proprio solo per mungerla!”.

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LE TESTIMONIANZE DEI SUPERSTITI DI TARTANO
“HO VISTO LA FRANA PORTARSI VIA MIO MARITO…”
Nella mensa sociale di Morbegno, dove sono stati trasportati in elicotteri, i superstiti raccontano la loro allucinante tragedia.
Erano tutti nell’Hotel Gran Baita di Tartano quando sono stati sopraffatti dalla frana.
Ora aspettano notizie dei loro familiari dispersi.
“Stavo scappando con mio marito, poi all’improvviso l’ho visto sparire, ingoiato dal fango.
Ora aspetto che me lo riportino vivo o morto….”

MORBEGNO – “Ho visto mio marito scomparire, ingoiato dal fango.
Ora sto qui ad aspettare che me lo portino giù ferito o morto”.
La donna piange, seduta ad un tavolo della mensa sociale di Morbegno.
Pochi minuti fa, alle 7 del mattino, è arrivata fin qui in elicottero, strappata dopo 14 ore a quell’inferno di fango, acqua e buio che è diventato il paesino di Tartano.
Si chiama Marta Bottazzi, è di Guansate (Como).
Insieme al marino, Ausano Bancora – di 63 anni – era arrivata giovedì all’hotel Gran Baita.
Una vacanza tranquilla, da pensionati, la stessa da cinque anni a questa parte.
“Così – racconta tra i singhiozzi Marta Bottazzi – ieri pomeriggio mi sono infilata a letto per un riposino.
Alle cinque mio marito mi ha detto “alzati dai, facciamo un giro” ed è uscito dalla stanza.
Ma io non avevo voglia d’alzarmi.
Due minuti dopo è tornato preoccupatissimo.
“Vieni via di qui, siamo in pericolo”.
Io mi sono vestita e l’ho seguito.
Non appena ho messo piede in corridoio è arrivata la frana”.
Marta Bottazzi ha visto sparire il marito che l’aveva preceduta di qualche metro per farle strada: “Io ero ancora in fondo al corridoio.
Ausonio era quasi sulle scale ed è stato travolto in pieno”.

“NON RIVEDEVA PIU’ NULLA”
Due anziane sorelle di Lurate Cacivio (Como), Lidia e Pierina Zovanni – 71 e 76 anni – stavano facendo anche loro il pisolino pomeridiano per riprendersi dal viaggio quando il tremendo boato ha scosso l’albergo.
Livia e Pierina Zovanni sono fuggite in corridoio: “Non si vedeva più nulla.
Non riuscivano a camminare, ma poi sono arrivati i soccorsi e ci hanno portato giù dalla scala giusta”
Sono salve le due sorelle, ma non si danno pace per un nipote di cui non hanno più notizie.
“E’ colpa nostra.
Se gli è successo qualcosa è perchè noi gli abbiamo chiesto il piacere di accompagnarci lassù: lui ha portate su con la sua Renault Espace, ha pranzato con noi e poi è uscito con la sua fidanzata a fare un giretto in macchina.
Da allora – raccontano piangendo – non lo abbiamo più visto”.
Nella mensa di Morbegno continuano ad arrivare, scaricati da “campagnole” ed elicotteri, drappelli di gente infreddolita e sconvolta.
Sono tutti imbrattati di fango, portavano con sè sacchetti pieni delle poche cose che sono riusciti a mettere in salvo.
Hanno vagato tutta notte tra i boschi quasi alla cieca, nel tentativo di allontanarsi.
A volte invece sono stati ripescati in extremis dai tetti dei casolari invasi dalle acque dell’Adda, afferrati al volo dai soccorritori.
Ad Ardenno – uno dei paesi più colpiti – quasi tutta la popolazione è scampata così.
In alcuni casi i vigili del fuoco si sono trovati di fronte a gente resa folle dal terrore: padre, madre e figlio sono stati portati via quasi a forza da un cascinale nei pressi di Morbegno, ormai circondato come un isolotto da un fiume torbido e impetuoso.
Altri sono stati al contrario traditi dall’incoscienza: nella notte tra sabato e domenica a Morbegno è annegato un ragazzo di 18 anni – figlio del custode del campo sportivo – che è stato ingoiato dalle onde mentre ammirava lo spettacolo dalla riva.

GUARDAVAMO LA TELEVISIONE
Vittoria Piobellini, pensionata di Lurate Cacivio, ha perso il marito, travolto dalla frana mentre guardava tranquillamente la televisione al Gran Baita.
Entra sorretta da un uomo giovane e robusto, che non l’abbandona un attimo.
“Vede, quello è il suo angelo custode – mormorano due conoscenti – un vicino di casa che adesso non trova più la moglie e la bambina, una splendida piccolina di tre anni”.
“Noi abbiamo visto tutto – aggiungono – eravamo nel condominio vicino al Gran Baita e siamo scappati in tempo perchè ci ha insospettito quel fango che colava dai garage e quello strano, intenso odor di letame.
Il tempo di fare pochi metri e abbiamo visto il condominio “scoppiare” e quella povera gente spazzata via.

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L’ALLUVIONE IN LOMBARDIA
LA CRONACA DELLA TRAGEDIA NELLA DRAMMATICA ALTALENA DI NOTIZIE TRA PROTEZIONE CIVILE E PREFETTURE
STAVOLTA I SOCCORSI HANNO FUNZIONATO

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“PIOVE, LA TERRA FRANA”
VENERDI’ IL PRIMO ALLARME

Una tragedia annunciata.
Molte ore prima che un fiume di acqua, fango e detriti sommergesse un bel pezzo di Lombardia, quello che poteva accadere era stato già previsto dalla Protezione Civile.
Questa volta l’allerta è stato dato per tempo a tutti quelli che poi avrebbero avuto il compito di intervenire.
La natura però non si è fatta “imbrigliare” dall’organizzazione e la catastrofe c’è stata ugualmente.

ROMA – Ore 19,30 di venerdì 17.
Comincia in questo preciso momento l’emergenza alla Protezione civile.
Comincia la corsa contro il tempo e contro l’acqua che sembra non debba più smettere di cadere dal cielo.
Si inseguono il ticchettio delle gocce di pioggia e quello delle telescriventi che rimandano da Roma a Sondrio, Varese, Como, Lecco, Bergamo e viceversa richieste di intervento e indicazione per le prime urgenze.
Alla fine lo sappiamo, la natura ha vinto ancora una volta.
Ma questa lotta per cercare di fermarla vale la pena di essere raccontata.
19,30 dicevamo.
Ma forse sarebbe meglio dire 16.
E alle quattro del pomeriggio di venerdì che la Regione Lombardia comincia a far pervenire al ministero della Protezione civile i primi messaggi allarmati.
Piove, i fiumi si stanno ingrossando a vista d’occhio, la terra comincia a scivolare a valle.
Nella zona interessata dal nubifragio le frane censite ufficialmente sono 250 sulle oltre quattromila individuate in tutta Italia.
Bisogna intervenire anche perchè le previsioni meteorologiche non promettono niente di buono.
Tutte le province interessate dal fenomeno vengono messe in stato d’allarme.
Alle 20,30 il primo controllo.
Da Como la conferma che la situazione viene ovunque seguita.
Viene garantito un servizio notturno permanente.
L’aggiornamento sulle condizioni meteorologiche è costante.
Sull’Alta Lombardia, sul Piemonte, su gran parte del Nord Italia piove e pioverà.
Dal centro geofisico di Varese cominciano ad arrivare notizie drammatiche.
Sono ormai le sei del mattino di sabato 18 luglio.
Una indagine telefonica a tappeto segnala i primi straripamenti.
Un piccolo torrente vicino a Bergamo, alcune frane di modesta entità.
E’ l’inizio di una tragedia annunciata che porterà nuovi lutti, dolore, danni irreparabili.
Il resto è storia nota.
La cronaca delle ore successive è nei ricordi dei sopravvissuti, di quelli che sono intervenuti con enormi difficoltà.
E il generale Alessandro De Bartolomei che dalla sala operativa della Protezione Civile coordina l’attività dei soccorritori.
L’afflusso dei mezzi è reso difficile dalle strade interrotte, si teme che il traffico possa aumentare per l’arrivo in zona di volontari e di parenti di quanti abitano nei paesi colpiti.
Contemporaneamente il ministro della Difesa impartisce disposizioni allo stato maggiore della Difesa perchè vengano immediatamente attuati i piani previsti in caso di pubblica calamità.
Saltate le linee della Sip, i collegamenti sarebbero impossibili senza l’intervento dei radioamatori.
In italia ce ne sono trentamila, 15000 federati dell’Ari, l’associazione che opera in stretto contatto con la Protezione civile.
“Mi hanno chiamato alle 16 di sabato per comunicarmi la richiesta di mettere in allarme gli oltre duecento radioamatori che operano nella zona interessata dal nubifragio – dice Giovanni Romeo, impiegato presso il servizio consorzi ecologici della Provincia di Varese – poi alle 19 ho diffuso la richiesta della Protezione civile di allertare tutte le prefetture.
E’ avvenuto immediatamente.
Da quel momento siamo diventati l’unica voce di una tragedia che si è praticamente consumata sotto i nostri occhi.
Abbiamo dato notizie sui morti, i feriti, abbiamo chiesto l’intervento degli elicotteri.
Nell’albergo crollato sono arrivati in un baleno.
Di più non si poteva fare, mi sento di affermarlo con tranquillità”.
I collegamenti tenuti dai radioamatori, che prestano la loro opera volontariamente, sono il risultato di un lungo lavoro che dura tutto l’arco dell’anno.
Niente è lasciato al caso.
Tutti i mesi vengono fatte esercitazioni (sabato ne è prevista un’altra) di collegamento con le trenta prefettire per una verifica del funzionamento di apparecchiature e mezzi a disposizione.
I tre centri principali di coordinamento a Varese, Siena e Siracusa.
Da qui si estende capillare, la voce capace di superare qualsiasi ostacolo e di guidare rapidamente i soccorso.
“Se tutto questo fosse successo solo qualche anno fa – aggiunge Giovanni Romeo, nominato cavaliere dal presidente Pertini – forse ancora in queste ore non saremmo stati neanche in grado di dire dove la frana aveva colpito di più.
L’organizzazione adesso funziona.
Purtroppo, come in questo caso, solo per intervenire dopo la tragedia.
La natura resta un nemico imprevedibile.

MARCELLA CIANELLI

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VALBREMBANA, VENTUNO COMUNI ISOLATI
Un morto, ventuno comuni isolati, danni incalcolabili.
Il bilancio dell’alluvione che ha sconvolto la Valle Brembana, specialmente nella zona alta è pesantissimo.
Danneggiate linee elettriche, telefoniche, acquedotti, mentre la rete stradale è una gruviera, Foppolo, Valtorta e Mezzolto sono raggiungibili soltanto con gli elicotteri.
Ieri pomeriggio, finalmente, si è visto qualche sprazzo di sole

SAN PELLEGRINO (BERGAMO).
Un fraffio poderoso, violento, improvviso: l’alluvione ha messo in ginocchio la Valle Brembana, una delle più frequentate dal turismo milanese e lombardo.
E’ morto un uomo di 34 anni, Romeo Cortinovis, strappato dalla furie delle acque del Brembo mentre stava parcheggiando l’auto sotto casa a Lenna, di ritorno da un periodo di vacanza trascorso con la famiglia sul lido di Jesolo.
E’ stato ritrovato ieri mattina cadavere proprio nel suo garage.
Per fortuna ieri non si sono ripetuti i violenti e intensi piovaschi del giorno prima.
C’è stato qualche acquazzone ma nel tardo pomeriggio si è visto qualche sprazzo di sole e chiazze d’azzurro nel cielo.
Cosicchè non si è avuta la replica che molti temevano dell’onda di piena del Brembo.
Quasi ovunque anzi il fiume è rientrato nel suo alveo naturale.
E valligiani e turisti hanno potuto rieare un sospiro di sollievo.
Ma quanta paura e quanto terrore in quei pochi minuti durante i quali, nel pomeriggio di sabato, il Brembo si è scatenato.
Sembrava una furia incontenibile.
Nessuno, neppure i valligiani più anziani, ricordano qualcosa di simile.
Il responsabile del Genio Civile di Bergamo, l’architetto Gilberto Reggiani, ha una spiegazione.
Quando piove intensamente, per cinque – sei ore, i torrenti che scendono dai crinali si scaricano tutti insieme nel Brembo all’incrocio di Piazza Brembana – dice -l’onda di piena diventa quasi inevitabile.
Sulla sua strada, l’onda di cinque, sei metri, travolge tutto e tutti.
E’ quanto è accaduto sabato pomeriggio nel giro di una mezz’ora o forse meno.
Gli faccio notare che in alta Valle qualcuno sostiene che forse sono state aperte le paratie delle dighe dei laghi Gemelli e anche quelle delle dighe che stanno sotto Ca San Marco.
La risposta è lapidaria è convincente:
“Sicuramente impossibile”.
L’onda di piena e l’alluvione del brembo non possono dunque avere altre spiegazioni se non le prolungate ed intense piogge che si sono riversate per diverse ore su tutta l’ampia fascia dell’alta Valle.
Il bilancio dei danni è pesantissimo.

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Danneggiate le linee elettriche, telefoniche e la rete degli acquedotti.
Le comunicazioni sono assai difficili, specie con i centri dell’alta Valle, una trentina.
In parecchi comuni manca ancora l’energia elettrica, mentre per tutti i residenti della fascia che va da Lenna a Ornica le autorità hanno diramato un invito a bollire l’acqua prima di berla.
La rete stradale è una gruviera.
Numerosi ponti lesionati, danneggiati gravemente o saltati.
I comuni isolati sono ventuno, compreso San pellegrino che è il maggior centro della valle e che noi abbiamo potuto raggiungere solo con una lunga deviazione attraverso la Val Serina.
Lungo le sponde del Brembo, da Zogno a San Pellegrino, e ancora peggio man mano che si sale in alta Valle, a San Giovanni Bianco, Camerata Cornello, Lenna e sino a tutti gli altri paesini fino a Valtorta da una parte della Vakke e a Foppolo dall’altro lato, è uno spettacolo di crescente distruzione.
A Scalvino, fra Camerata e Lenna, è stato letteralmente spazzato via un tronco di strada di un centinaio di metri.
E’ la barriera più grossa che isola tutta l’alta Valle.
In prefettura a Bergamo sperano di riuscire a ripristinare il tratto entro un paio di gioni.
Numerosissime le interruzioni sulla strada principale della Valle e su tutte le diramazioni delle vallette laterali.
Dappertutto frane, detriti, crolli.
A Piazza Torre il fiume ha inghiottito duecento metri di acquedotto.
Ma la situazione più grave si registra sicuramente a Foppolo, Valtorta e Mezzoldo, tre centri raggiungibili soltanto con gli elicotteri.
Si tratta do stazioni turistiche assai frequentate, dove al disagio dei residenti si accompagna, quello, inevitabilmente maggiore dei villeggianti.
A Foppolo, per esempio, il rododentro Hotel è stato completamente allagato.
Un altro albergo con 150 ospiti è rimasto del tutto isolato a Mezzoldo.
Nelle frazioni di Pizzino e Sottocorna una cinquantina di residenti sono stati evacuati con gli elicotteri: le loro abitazioni e cascine sono minacciati da crolli e valanghe.
Un malato grave è stato trasportato con elicottero da piazzatorre.

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Circa un migliaio di uomini dell’esercito, della Finanza, della Polizia, dei Vigili del fuoco e dei Carabinieri sono impegnati nelle operazioni di soccorso.
Purtroppo però non si può dire, stando almeno a quanto abbiamo potuto constatare di persona, che l’organizzazione funzioni al meglio.
In molti posti mancano pome, tubazioni di gomma, idrovore per liberare negozi, scantinati e stabilimenti invasi dalle acque.
Scarseggiano anche pale e ruspe per sgombrare strade, giardini e quant’altro è stato ricoperto di fango e detriti.
Anche a San Pellegrino, dove dovrebbe funzionare un centro di coordinamento dei soccorsi, abbiamo sentito una infinità di critiche.
Comprensibile che la gente si arrabbi in queste occasioni.
Come pretendere sei hai la casa piena di fango, il negozio semidistrutto, se hai perso l’automobile, il camion, la scavatrice o addirittura tutto lo stabilimento come è accaduto ad un paio di imprese ce lavorano il marmo a Camerata Cornello e a molti proprietari di cave di ghiaia e sabbia nel letto del Brembo?

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IN ALTO ADIGE PAESI ISOLATI   UN DISPERSO

 

TRENTO – Un automobilista disperso, portato via dalle acque di un fiume, interi paesi isolati, case allagate, strade interrotte, coltivazioni di frutteti inondate con danni di miliardi: quattro giorni di piogge furiose hanno lasciato un segno pesante in Trentino Alto Adige.
Ed anche code polemiche visto che a Bolzano c’è chi ha messo sotto accusa per inneficienza enti nazionali come l’Enel e la Sip.
Ma veniamo all’episodio più grave, avvenuto sabato notte lungo la statale dello Stelvio.
L’acqua, tracimata da unn rio reso gonfio dalla pioggia, si è abbattuta con violenza su un’auto, travolgendola.
Dei due passeggeri uno è riuscito a salvarsi ma dell’altro, Hugo Donner di 24 anni da Silandro, non si hanno più notizie.
Volontari e vigili del fuoco lo stanno ancora cercando, ma rimangono scarse le possibilità di trovarlo ancora in vita.
Danni e devastazioni si segnalano ovunque.
Nelle due province sono all’opera numerose squadre di vigili del fuoco coadiuvate da centinaia di volontari e da uomini del quarto corpo d’armata.
Si continua a lavorare per ripristinare la viabilità, trarre in salvo persone in pericolo e portare viveri alle popolazioni rimaste isolate.
I collegamenti tra Merano e Bolzano sono praticamente interrotti essendo inagibili per gli straripamenti dell’Adige tanto la statale quanto la linea ferroviaria.

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La zona a sud del capoluogo è un grande acquitrino.
Danni ingenti vengono segnalati anche a Merano.
In pieno centro cittadino il torrente passirio ha scavato alcune voragini causando la rottura di un cavo telefonico che serve tremila utenti e di una conduttura a bassa pressione del gas.
L’odore acre si è sparso in tutta la città facendo temere guai peggiori.
Sempre il Passirio è uscito dagli alvei anche più in alto, tra Saltusio e San Martino, aprendo sulla strada due buche profonde dieci metri e larghe altrettanto.
Ancora nella serata di ieri risultavano isolati tutta l’alta valle passiria ed i paesini di Corvara e di Plata nel comune di Moso, collegati alla statale da alcuni ponticelli travolti dalla piena.
L’acqua ha completamente allagato la zona a sud di Vipiteno.
Il locale casello dell’autostrada del brennero, in direzione sud, è stato chiuso.
Inagibili anche le statali di Passo Pennes, Giovo, Rombo e dello Stelvio.
Su quest’ultima strada numerose frane hanno interrotto la viabilità in più punti, isolando gli abitanti di Stelvio, Gomagoi, Trafoi e Solda.
In Val Venosta l’Adige è uscito dal suo letto in prossimità della frazione di Oris.
I vigili del fuoco hanno rifornito di viveri alcune fattorie circondate dall’acqua raggiungendole con gommoni.
Sempre i pompieri sono dovuti intervenire nel corso della notte di sabato anche a Ponte d’Adige per evacuare alcune abitazioni investite dall’inondazione del fiume.

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LA FURIA DELL’ACQUA
HA TRAVOLTO INTERI PAESI
UN DISASTRO CHE NON HA PRECEDENTI

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I PRIMI SOCCORSI
E L’ANGOSCIATA RICERCA
PER TROVARE QUALCUNO ANCORA IN VITA

COSI’ LI HA UCCISI IL FANGO

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Il disastro dell’alluvione che ha colpito la Lombardia e parte del Nord Italia si riassume in questa sconvolgente sequenza fotografica….

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LA STAMPA 21 LUGLIO 1987 – CRONACHE DEL 20 LUGLIO 1987

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DOPO L’ALLUVIONE IN VALTELLINA E VAL BREMBANA: PAURA DI NUOVE PIOGGE


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UN PAESAGGIO DI ACQUA E FANGO
QUINDICI MORTI, 17 DISPERSI
DUEMILATRECENTO SFOLLATI
I DANNI SUPERANO I MILLE MILIARDI
350 MILIARDI STANZIATI DAL GOVERNO

Quindici morti, 17 dispersi, 1300 sfollati in Valtellina e circa 1000 in Val Brembana.
Oltre 1000 miliardi di danni nella sola Lombardia.
Case abbattutte, strade dissestate, coltivazioni distrutte, paesaggi sconvolti, comunicazioni interrotte o precarie.
Questo un primo bilancio del nubifragio di sabato in Lombardia e in Alto Adige.
Ecco zona per zona i particolari del disastro.
VALTELLINA. Undici le vittime, di cui sette a Tartano, nell’albergo “La Gran Baita” (i quattro componenti la famiglia del proprietario, i genitori con due figlie; tre villeggianti), e quattro a Sant’Antonio Morignone di Val di Sotto, in un’automobile sommersa dal fango.
Ieri per gran parte della giornata è apparso uno splendido sole.
Ha illuminato uno scenario sinistrato.
L’acqua defluiva ancora, lasciando fango e macerie.
Un gigantesco acquitrino.
Della statale 38, da Sondrio a Bormio, interi tratti sono stati strappati via dalle acque.
Bormio, principale centro dell’Alta Valtellina, è collegato solo attraverso Passo Forno, che porta in Svizzera.
Da questa strada si può rientrare in Italia.
Interrotte invece tutte le altre strade.
VAL BREMBANA. Un morto a Lenno, un falegname di 35 anni.
E’ riuscito a mettere in salvo la famiglia, non se stesso.
Dispersa una ragazza di 15 anni.
I comuni isolati sono ancora una ventina.
Migliaia di persone vengono tratte in salvo con elicotteri.
Ieri si è sfiorata un’altra sciagura: un elicottero dell’Elilombardia ha urtato in fase di atterraggio i cavi della corrente.
S’è abbattuto al suolo da pochi metri.
Solo lievi ferite per i passeggeri.
COMASCO.Il lago è 137 centimetri sopra il livello di guardia.
Mezza como è allagata.
ALTO ADIGE. Le vittime accertate sono tre.
Soccorsi. Oltre agli aiuti forniti dalla protezione civile, l’esercito vede impegnati 400 tra ufficiali e sottufficiali e 1800 soldati in tutte le zone colpite.
Sono allertati altri 2800 militari.
I mezzi intervenuti: 370 veicoli.

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SONDRIO – “Ma perchè ci portate via?”
Carmelina Marchetti contadina nell’alta valle, 50 anni e ne dimostra meno, occhi azzurri e maglione rattoppato, non vuole salire sull’elicottero con il marito e la zia.
“Non posso lasciare i maiali e le galline – si ribella alla baita di Agneda – 2 vacche sono morte nella stalla, ma alle altre chi pensa? ”
Carmelina viene presa a forza.
Nei venti minuti di volo fino a Sondrio, nella Valtellina violentata, continuerà a protestare: “Riportatemi su con il magine: è una vista che siamo isolati con acqua o neve addosso!”.
Carmelina, lassù in Val Benina, non sapeva niente.
Ma quando scende all’eliporto dell’Elitellina, appena fuori Sondrio, ha visto sentito e capito tutto.
L’è na maledixiun”, è una maledizione.
“Adesso – era l’ordine via radio dal campo base – bisogna andare a prendere i 14 morti di Tartano, e poi i cinque di Sant’Antonio Morignone e uno a Sondalo”.
E’ ancora dalla radio di bordo dell’elicottero dei vigili del fuoco di Modena: “Emergenza: passate basso sugli alpeggi dell’alta valle non sappiamo ancora niente e le previsioni meteo annunciano altra pioggia”.
La signora Carmelina va al sicuro, nel seminario dei salesiani.
Gli elicotteri ripartono e la Valtellina è tutto un ronzio.
Non è finita l’emergenza, non smette il ronzio e non si continua a guardare in su, verso i cippi delle montagne che a sera si faranno cupi, con nuvole dense, minacciose, gonfie.
Se torna a piovere, anche questi soccorsi d’emergenza saranno inutili.
L’adda che scende è impazzito come un automobilista ubriaco: ha tagliato tutte le curve.
Dall’alto, da Morbegno fino a Bormio, si vede solo acqua.
I torrenti son diventati fiumi.
La prefettura di Sondrio è un accampamento.
Arrivano notizie sempre incerte.

Neppure Giuseppe Piccolo, il prefetto in scarpe da tennis e jeans, riesce a sapere quanti i morti, quanti i feriti, quanti i dispersi che ormai potrebbero essere morti.
In fondo valle, a Morbegno, nella chiesa di San Giovanni, le prime otto bare davanti all’altare e al benedicente quadro del Beato Andrea da Peschiera, apostolo della Valtellina.
Altre tre bare all’obitorio dell’ospedale.
Morbegno tutta entra in chiesa, sfila, lascia un fiore.

All’uscita gli occhi in su: Pioverà?”
Ancora ronzio e in elicottero fino a Tartano.
Qui resta poco dell’Albergo Gran Baita.
Della veranda solo l’insegna con una donnina distinta.
Sotto la veranda e dentro, nella hall, hanno tirato fuori – proprio tirato fuori – i primi morti di questa strage di pioggia e frane.Anche Roberto Gusmaroli non vuol salire in elicottero.
E’ pieno di fango, ha le mani consumate, la barba fradicia: “Mio padre è giù all’obitorio, mia madre e le mie due sorelle sono ancora qui sotto”.
Domanda impietosa: anche altri? “E che ne so? Chi lo sa?.
Il torrente Tartano si è aperto un nuovo letto, portando a valle di tutto – terra e pietre, rocce e detriti e pali della luce.
“Il pericolo – dice il geologo Angelo Tuja – è proprio questo: se torna a piovere, se torna a venir giu a valle quel materiale, queste dighe improvvisate potrebbero saltare da un momento all’altro”.
E per questo, l’altra notte, Tuja ha fatto sgombrare piazza garibaldi, a Sondrio, notte insonne per i sondriesi: fosse straripato il torrente Mallero che la taglia in due, Sondrio sarebbe diventata un altro lago.
Dall’elicottero si vede solo acqua: la statale che porta da Morbegno a Sondrio è bloccata in tre punti; da Sondrio a Bormio in quattro.
I mezzi anfibi passano a fatica.
L’elicottero dei vigili del fuoco di Modena va su e giù da Morbegno a Bormio, ci sono medicinali e anestetici da portare all’ospedale di sondrio: e allora si scende, in mezzo alla città, per lanciare il tutto.
Poi via verso Bormio a controllare gli alpeggi e chi è rimasto isolato: tremila, solo a Bormio paese.
Dice Giovanni Confortola, il sindaco: “Abbiamo mille turisti e vogliono scappare tutti”.
A Bormio sono arrivati gli sfollati di Sant’Antonio Morignone, il paesino che adesso è sommerso.
“Sabato pomeriggio verso le quattro – racconta Fulvio Morelli, 27 anni di Legnano che era in vacanza all’hotel Camoscio – un militare, non so se carabiniere o forestale, ci aveva detto di andarcene via “per emergenza”.
Sapevamo che c’era il pericolo ma non sapevamo come andarcene via.
Non c’erano mezzi.
Chi aveva la macchina, come me e molti altri, se n’è andato.
Ma gli altri”
A Sant’Antonio cinque morti accertati, quattro portati via chiusi in una golf.
Si riparte da Bormio, diretti a Morbegno.
A bordo anche il senatore socialista Francesco Forte, che da queste parti è cresciuto.
La piana di Ardenno, tra Morbegno e Sondrio è una laguna che blocca anche gli anfibi dei mezzi di soccorso.

Ad Ardenno c’è una centrale dell’Enel.
“L’Adda, qui – spiega Forte – scendeva a valle sulla sinistra.
Poi Maria Teresa d’Austria, per costruire la strada, fece dirottare il letto del fiume al centro.
E l’Enel, per costruire la centrale ha alzato il letto.
Risultato: con le piogge di questi giorni, e con il letto alzato, l’Adda che è andato d’appertutto.
Guardate, guardate!
Si vedono le arcate del ponte”., grida Giuseppe Santarsiere, il comandante dell’elicottero.
Vedere le arcate del ponte di Tresenda, dove quattro anni fa la montagna si è portata via le vigne e diciotto contadini, è gia un buon segnale.
All’alba le arcate erano sommerse.

Ma il buon segnale è sostituito da una nuova emergenza:
” Talamona!”.
Talamona è sotto Sondrio: 35 persone sono isolate.
In tre ore, con due elicotteri, tutte in salvo, tirate a bordo con i cavi o salite da terra dopo l’intervento degli anfibi.

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La Valtellina, a sera, era ancora un ronzio di elicotteri.
Da qui, da Sondrio, i soccorsi sembrano efficaci.
La zona, comunque, sembra lontanissima dall’emergenza.
E allora si riparte per l’alta valle, dove i geologi segnalano timori.
Ma i montanari, chi è su con mucche e maiali, son tutti come Carmelina Marchetti.
D’inverno rimangono isolati anche per mesi.
Sanno che se il pericolo è reale, se sono in difficoltà, debbono attaccare le lenzuola ai comignoli e accendere fuochi sotto le baite.
Alle nove di sera nessun lenzuolo, nessun fuoco in alta valle.
E quest’altra notte dell’emergenza, questa terza notte con il terrore di nuove piogge, è passata con Sondrio sveglia accanto al torrente che continua a minacciare pericoli gravissimi.
L’unica segnalazione è giunta dalla val Poschiavino.
Lassù, al confine tra Italia e Svizzera, il torrente ha travolto gli uffici della dogana di Piattamala, a Campocologno.
I resti degli uffici passeranno da qui, e poi fino giù a vallem fino al lago di Como.
Se formeranno altre rischiose dighe, sono pronti ad intervenire gli artificieri arrivati da Milano.
Nella notte è rientrato da Morbegno a Sondrio il procuratore della repubblica Ettore Cordisco.
Ha deciso di aprire un inchiesta per “disastro colposo”.
Si cerca di capire se, tra l’albergo di Tartano e la centrale Enel della piana di Ardeggno, qualcuno abbia responsabilità.
Ma Francesco Forte, che qui conosce tutte le valli, assicura che le vere responsabilità stanno altreove: nelle piogge e nell’incuria (generica e imputabile a nessuno, come sempre in questi casi) di chi ha sempre considerato l’Adda come un torrente e non come un fiume”.
Perchè, come per il Po, non esiste un magistrato dell’Adda?.
Dall’alba di oggi ancora emergenza, ronzii di elicotteri e sguardi all’insù.
L’Adda , lentamente sta defluendo a valle.
Su a Bormio, a parte le strade interrotte e l’isolamento, le signore di una certa età prendono il sole sulle terrazze, indifferenti e senza paure.
Gli alberghi sono tutti pieni.
Ma, anche se non piove, i problemi e le paure, lentamente come l’Adda gonfio, stanno scendendo a valle.
Quelle strade dighe di alberi e pietre potrebbero esplodere, acqua, come è successo sopra l’Hotel Gran Baita di Tartano.
Un’emergenza che continuerà.

GIOVANNI CERRUTI

 

ULTIMA ORA
SI CERCANO QUARANTA PERSONE
SONDRIO –
Nella tarda serata di ieri si è appreso che nella zona di Sant’Antonio Morignone, sulla strada per Bormio, la colata di fango, che in alcuni punti ha raggiunto l’altezza di 18 metri, avrebbe sepolto una ventina di automobili.
Secondo fonti ufficciose mancherebbero all’appello almeno quaranta persone.

ALLARME IN CITTA’: SUPERATO IL LIVELLO DI GUARDIA (CI SONO 130 CENTIMETRI IN PIU’)
COMO SOMMERSA DALLE ACQUE DEL LAGO

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PIAZZE E VIE IMPERCORRIBILI
LE AUTO GALLEGGIANO NEI GARAGES
I COMMERCIANTI PROTESTANO CON IL COMUNE:
“NESSUNA MISURA ADOTTATA PER EVITARE LE INONDAZIONI”
DANNI PER DECINE DI MILIARDI

COMO – Allarga i confini la geografia di Como, città sommersa dalle acque del lago.
Si allunga infatti l’elenco delle piazze e delle vie impercorribili coperte da un metro d’acqua.
E’ tornato il sole ma la situazione tende a peggiorare.
Cresce ancora il livello del Lario, anche se in misura più contenuta rispetto a sabato e domenica.
Stando agli esperti il lago dovrà crescere ancora almeno sino a oggi pomeriggio.
Se dovesse ricominciare a piovere, nessuno è in grado di prevedere cosa potrà accadere.
I danni sono ingentissimi.
Si parla di alcune decine di miliardi di lire.
Il comune intende chiedere il riconoscimento dello stato di calamità naturale.
Per cercare di capire cosa sta succedendo a Como, e in misura molto più contenuta a Lecco e in alto lago, dove esiste una situazione di pericolo per altro motivo, occorre rifarsi a una serie di dati.
Innanzitutto quanto si sta verificando a como è una delle conseguenze del disastro che ha sconvolto la Valtellina e la Valchiavenna.
Da queste valli, attraverso i fiumi Adda e Mera, entra nel lago una quantità d’acqua superiore rispetto a quella che riesce ad uscire dalle paratie della diga di Olginate.
L’ultimo dato, riferito ieri sera alle 18, indicava che entravano 12 mila metri cubi d’acqua al secondo, contro i 900 in uscita.
Il lago, dopo essere cresciuto sino a mezzogiorno alla media di due centimetri all’ora, ha proseguito la sua corsa verso l’alto ad una media di un centimetro.
Alla stessa ora, cioè alle 18, era giunto a quota 268 centimetri sopra lo zero idrometri di Malgrate, dalle parti di Lecco.
Il livello di guardia viene raggiunto a 128 centimetri: ciò significa che ieri sera c’erano 140 centimetri d’acqua di troppo.
A memoria d’uomo nessuno si ricorda una inondazione così imponente.
Neppure quella abbastanza tragica del 1976 raggiunse livelli così allarmanti.
Ora il lago dovrebbe salire sino a 283 centimetri sopra lo zero idrometri.
Questa imponente massa d’acqua sta sommergendo piazza Cavour, bistrattato “salotto di como.

MARCO MARELLI

UNA LUNGA SCIA DI PAURA NELLE VALLI SCONVOLTE, TRA LE PERSONE CHE SE NE VANNO

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SE PIOVE ANCORA CROLLA TUTTO
“MIRACOLI E TRAGEDIE: ADA SI E’ SALVATA AGGRAPPANDOSI A UNA ROCCIA; ROMEO E’ MORTO DOPO AVER SALVATO LA FAMIGLIA
IN VAL BREMBANA 21 PAESI ISOLATI

FOPPOLO – L’alta Val Brembana è ancora isolata: caduti argini di fiumi, incisi pezzi di montagna, crollati tratti di strada, sfondate case, divelti centinaia di alberi, interrotte le linee elettriche e telefoniche, compromessi gli acquedotti, cancellati dalla melma interi appezzamenti di terreno.
Un disastro che ha causato la morte di due persone, il ferimento di decine di altre.
Il panico per migliaia.
I danni sfiorano i 500 miliardi.

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Gonfio di fango giallastro che trasporta tronchi d’albero, radici estirpate, detriti e carcasse anche di animali, il Brembo si snoda attraverso i 21 centri sconvolti dall’alluvione.
L’unico collegamento con questa zona è l’elicottero.
A Foppolo, 1500 metri di altitudine, una stazione fra le più note del turismo invernale, i gestori degli hotels minimizzano: “Abbiamo viveri, acqua, scorte che ci permetterebbero di prolungare tutte le permanenze ancora per giorni”.
Pure in municipio i toni vogliono essere rassicuranti: “Già dalla settimana prossima si potrà circolare sulle strade”.
Ma la gente ha paura, vuole andarsene, dice che qui non tornerà mai più.

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Alle tredici di ieri, quando gli elicotteri dell’Aviazione leggera, Esercito, dei Carabinieri, dei Vigili del Fuoco, hanno già compiuto, nella sola mattinata, una ventina di viaggi andata e ritorno, sono ancora almeno 300, le persone ammassate sul grande “Piazzale alberghi”, in attesa.
Fa freddo e minacciose nuvole nere continuano a muoversi.
“Se piove ancora crolla tutto”, dice una signora anziana con le mani sudate e fredde.
A Mezzoldo, 850 metri, non si parla che di Barbara Orlando, 15 anni, la prima vacanza – appena cominciata – con la sorella e tre amici.
Sabato, con Anna, Roberto, Oscar e Nicola, Barbara era andata al rifugio di Madonan delle Nevi a 1330 metri.
Il tempo era diventato cattivo, i cinque ragazzi avevano anticipato il rientro in albergo.
Ma a un certo punto la strada non c’era più.
Un ondata di fango ha rovesciato l’auto, un cumulo di detriti viscido l’ha sommersa.
E Barbara è sparita.
Adesso Anna, Roberto, Oscar e Nicola si disperano al sospetto di non aver fatto il possibile per salvarla.
“Ma non si poteva proprio”, dice un medico di Bergamo che li ha soccorsi subito dopo, praticando anche iniezioni di sedativi, “è già un miracolo che siano sopravvissuti loro”.
Un altro “miracolo” lo racconta Ada, che ha trent’anni e domenica era appena partita da Brescia per raggiungere il fidanzato: “Pioveva, a un certo punto ho sentito l’auto sbandare, ho visto una valanga che mi arrivava addosso e ho innestato la retromarcia.
Probabilmente avevo perso la testa, ma è stato quello che mi ha salvato: sono finita contro un pezzo roccioso, mi sono catapultata fuori e abbarbicata a quel masso.
Quando l’ondata è defluita sono scesa e tornata in città a piedi”.
L’altra vittima di questo disastro avvenuto a due anni esatti dalla sciagura di Val di Stava è Romeo Cortinovis, 34 anni, falegname e consigliere comunale di Lenna, dove abitava con la moglie e un figlio di 9 anni.
Il pomeriggio del 19 luglio, erano appena tornati in macchina, dalle vacanze a Jesolo.
Diluviava, il brembo cominciava a straripare, l’acqua e il fango stavano salendo.
La terra scivolava, Romeo Cortinovis ha visto il garage che si stava allagando.
“Voi andate su, io prendo i bagagli”: Sofia e Stefano sono saliti nella villetta, in cucina.
Un ondata di acqua si è rovesciata nel garage.
Il corpo di Romeo Cortinovis è stato ritrovato 24 ore dopo.
A Valtorta, 935 metri, fino a ieri girava una voce agghiacciante: dispersi 30 bambini.
In realtù c’erano trenta boy scouts che rimasti bloccati nel loro rifugio, soltanto lunedì mattina hanno potuto essere trasportati a Bergamp.
Con loro, un ragazzo olandese, turista solitario, la notte fra sabato e domenica, mentre dormiva, aveva improvvisamente sentito che la sua tenda scivolava via, e si era messo a correre, urlando disperatamente verso la vetta della montagna.
Anche qui, l’unico modo per uscire sono gli elicotteri.
Dovunque, il cielo di queste valli squarciate e cupe è pieno di rassicuranti elicotteri.

ORNELLA ROTA

APERTA UN’INCHIESTA PER STABILIRE EVENTUALI RESPONSABILITA’ DEL DISASTRO

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AUMENTANO I MORTI E I DISPERSI
E INTANTO SULL’ALTA VALTELLINA E’ RICOMINCIATO A PIOVERE

SONDRIO – Nella notte è ricominciato a piovere sulla Valtellina allagata.
Anche stamane scende una leggera pioggerellina mentre sono ripresi, siamo al quarto giorno, i voli degli elicotteri che fanno la spola da un paese all’altro.
Secondo gli uomini della Protezione civile di Morbegno – il primo grosso centro della valle, dove giungono uomini e mezzi in attesa di essere smistati – le condizioni non dovrebbero peggiorare sino a sfociare nelle piogge torrenziali che hanno fatto esplodere l’Adda e i torrenti laterali.
Le precipitazioni per ora hanno solo portato qualche difficoltà in più nell’opera di soccorso.
Le ore della notte sono state impegnate nel lavoro di organizzazione.
Vigili del Fuoco e Protezione Civile ( che in una prima approssimativa stima hanno valutato in 700 miliardi i danni ) hanno fatto l’appello delle nuove unità ( ci sono quasi 4 mila uomini all’opera tra Vigili del Fuoco, carabinieri, reparti dell’Esercito ed alpini) e dei mezzi affluiti in Valtellina.

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I soccorsi da oggi saranno quanto più possibile “ottimizzati”: non più operazioni legate all’emergenza e a segnalazioni di soccorso, ma interventi capillari e sistematici in tutta l’area colpita come il trasporto dei cavi della corrente elettrica, assieme ai tecnici dell’Enel, di paese in paese.
Un’emergenza tuttavia è rimasta in Valtellina.
Forse il numero delle vittime dell’alluvione è destinato tragicamente a salire.
Sino a ieri pomeriggio il bilancio ufficiale parlava di 16 morti e 18 dispersi, ma ieri sera si è sparsa la voce che a Sant’Antonio Morignone, il paese a 5 chilometri da Bormio dove si era formata nell’adda una diga naturare di detriti, i cadaveri sepolti sotto il fango del torrente potrebbero essere un’altra quarantina.
Nessuno ha la certezza, ma sotto l’acqua e la sabbia che hanno ricoperto la zona di Sant’Antonio Morignone si pensa si trovino dalle dieci alle venti auto.
I veicoli risultano “dispersi” e i loro occupanti potrebbero esservi rimasti imprigionati, sorpresi dalla piena.

L’elenco dei morti pare destinato ad allungarsi, anche a Tartano dove l’alluvione ha distrutto l’Gotel “Gran Baita”: i corpi estratti sono giù 12 e nessuno può dire quanti altri siano ancora sotto le macerie.

MARCO VAGLIETTI

 

REPUBBLICA 21 LUGLIO 1987

E’ PASSATA L’ ONDATA DI MALTEMPO MA SUL NORD PUO’ ANCORA PIOVERE

ROMA La situazione meteorologica attuale, rimane caratterizzata da un regime di circolazione ciclonica, persistente ma meno intenso di quello di sabato e domenica scorsi. In estate, le situazioni meteorologiche riconducibili alla presenza di vortici ciclonici in quota non sono rare e spesso si alternano con le situazioni anticicloniche alle quali si deve il classico tempo estivo, stabile e caldo. Le situazioni da vortice freddo, instaurate in Europa anche in piena estate dall’ attività della depressione semipermanente dell’ Islanda, possono divenire molto pericolose allorché alimentate da aria fredda di origine polare atlantica, quindi particolarmente umida fino alle quote più alte della troposfera e perciò anche molto instabile. I fenomeni si accentuano allorché il vortice all’ origine di tutto il male, non trovi un pronto sfogo nell’ ambito di una circolazione bloccata a sosta per più giorni sul posto. E’ quanto avvenuto nei giorni scorsi, allorché tra l’ aria fredda, umida e instabile che arrivava dal vortice centrato sulla Gran Bretagna e l’ aria calda che stazionava da giorni sul Mediterraneo, si instaurava proprio lungo tutto l’ arco alpino una linea di perturbazione alla quale si debbono le piogge e i temporali, persistenti e particolarmente intensi. A nostro avviso, stando alle analisi meteorologiche a breve e a medio termine, ci sembra di poter affermare che l’ evento calamitoso abbia ormai superato il suo culmine. Persiste uno stato di instabilità atmosferica generalizzata sull’ Europa centrale e sull’ Italia settentrionale; mentre sull’ Italia centrale e meridionale regge abbastanza bene la struttura di un anticiclone in quota, di matrice sahariana, una specie di barriera naturale al propagarsi verso Sud del tempo instabile del Nord d’ Italia. Sotto il profilo del turismo estivo è bene che al Sud e sulla Sicilia il tempo si presenti improntato al bello; ma chiaramente il rovescio della medaglia sta nella siccità più assoluta, che peraltro su quelle regioni in estate è di casa e così deve essere. La cartina della situazione generale di domani si riferisce al livello medio di 5500 metri. Si vedono molto bene i vari centri d’ azione: le correnti cicloniche di Sud-Ovest sull’ Italia settentrionale, quelle anticicloniche, anch’ esse da Sud-ovest sul meridione d’ Italia e una fascia neutra che riguarda la Sardegna e le regioni centrali. Uno stesso paese con tre tipi di tempo: instabile al Nord con cielo nuvoloso tra rovesci e temporali sparsi e parziali schiarite. Variabile al centro e sulla Sardegna, con cielo parzialmente nuvoloso e qualche occasionale temporale. Stabile al Sud e sulla Sicilia con cielo in prevalenza sereno.

di ANDREA BARONI

 

SOTTO L’ ALBERGO SI CONTINUA A SCAVARE

TARTANO Ogni cinque minuti atterra o decolla un elicottero dal piccolo spiazzo trasformando in un inferno di polvere e fango l’ area tutto intorno. Da un giorno e mezzo sono al lavoro vigili del fuoco, finanzieri, carabinieri, poliziotti ed esercito per strappare dai detriti i corpi delle vittime: scavano con le ruspe, ma più spesso con le pale, e anche con le mani nude. Ma l’ ultimo ad essere tirato fuori vivo dall’ albergo Gran Baita è ormai Paolo Fala, sedici anni, vice cuoco dell’ hotel estratto nella notte tra sabato e domenica. Da quel momento, dalle macerie non è uscito più nessuno e non c’ è alcuna speranza di trovare ancora persone in vita. Questa è la dinamica della tragedia: dopo tre giorni di diluvio, ha ceduto una fetta di montagna. Ci sono stati i primi smottamenti, che hanno scaricato acqua e terra contro un condominio, che sta di fronte all’ albergo di Tartano. Il condominio ha fatto diga, cioè con la sua mole ha causato l’ accumulo di un’ enorme quantità di fango finchè, improvvisamente, ha ceduto. Una bomba di fango e detriti è caduta allora sull’ albergo, travolgendo la veranda e il pianterreno, ma lasciando intatta ogni altra cosa. Chi, in quel momento (intorno alle 17.30 di sabato), si trovava nella sala tivù, nella sala-giochi, in veranda, o di fronte all’ hotel, non ha avuto scampo. Solo alcuni corpi sono stati trovati, ma si pensa che altri siano stati scaraventati a valle, nel boschetto di betulle che sta sotto l’ albergo, o ancora più in basso, nei cento rivoli del torrente Tartano. Molti non li troveremo mai, diceva ieri un vigile del fuoco. Gli uomini del soccorso hanno lavorato tutta la notte alla luce delle fotoelettriche. Sono arrivati anche quattro cani, che con il loro fiuto avrebbero potuto aiutare a localizzare le vittime. Impresa difficile, perché la frana ha spaccato un serbatoio di nafta del condominio, e l’ odore del combustibile ha impregnato il fango. Abbiamo trovato solo degli indumenti, dice un carabiniere. Si continua a scavare nel piccolo corridoio, nella camera-giochi col biliardino e il ping-pong, nella stanzetta a fianco il cui pavimento è sprofondato tre metri. Ma senza risultato. Responsabilità per la tragedia? Abbiamo aperto un’ inchiesta e nomineremo al più presto un collegio peritale, risponde il procuratore capo di Sondrio, Ettore Cordisco. E commenta, secco: Qualcosa che non va a monte, ci deve essere. Queste valli sono troppo fragili. Il sindaco di Tartano, Luigi Frondin, democristiano, invece, dice: E’ una tragedia della natura, imprevedibile.

 

SORVOLANDO LA VALLE DELLA MORTE

SONDRIO Ecco sotto di noi l’ Adda, è gialla e marrone, immensa, occupa tutta la valle bassa da Sondrio a Morbegno. Voliamo a seicento metri d’ altezza in direzione di Tartano, che gli elicotteristi hanno ribattezzato la valle della morte. Il letto del fiume si è allargato passando da trenta a ottocento, mille metri. E dal deserto di melma che rotola lentamente a valle, cancellando tutto il verde, spuntano le prime case. Cioè, quello che resta. Hanno il tetto grigio piegato alcune a destra, altre a sinistra, a seconda di come la corrente le ha colpite nelle fondamenta. Il tenente colonnello Antonio Cosentino, seduto a sinistra dell’ elicottero, tende la mano destra in avanti e il sergente Finessi seguendo il dorso della mano del superiore fa piegare l’ elicottero da una parte e dall’ altra. Sotto, dal fango emerge il braccio di una gru arancione. Solo il braccio. La torre di metallo è completamente sotto l’ acqua. Poco più a sinistra ci sono quattro capannoni, uno addosso all’ altro, grigi e neri. Sotto, la terra si è alzata di una ventina di metri, sbattendo le lamiere una contro l’ altra. Dalla parte opposta, invece, due campi da tennis spiccano per il loro colore terra bruciata. Ma la villa a due piani vicina è deserta. Ecco, in tutta la valle non si vede camminare nessuno, non si muove un’ auto. Non ci sono carogne di animali. Solo case sommerse, con l’ acqua giallastra che scivola sui tetti d’ ardesia. L’ elicottero accelera e vira velocemente a sinistra, a 35 gradi. Entriamo nella valle della morte. E’ stretta, scura, con i boschi fittissimi in cima agli altipiani attraversati da canali di acqua bianca. Il sole non batte su questi monti. Prevale il colore verde cupo. La stradina tortuosa, una serie di curve a gomito e poi uno striminzito rettilineo è invaso dall’ acqua in sei o sette punti. Solo le rosse jeep anfibie dei pompieri riescono a passare. Ce ne sono quattro accanto all’ albergo Gran Baita. Lo si riconosce subito appena sotto il condominio grigio spaccato come una scatola di cartone, per la massa nera di fango che esce dalla parte posteriore, quella che una volta era la hall. L’ elicotterista Finessi segue la mano del tenente colonnello con virate sempre più strette e lente, gira e rigira sul luogo della sciagura. Si vede una parete del cimitero buttata giù. Non ci sono più tombe da quella parte, dall’ altra parte invece c’ è gente che prega, a gruppetti vicino alle lapidi. I cipressi e i pini della montagna sembrano sfiorare le ali marroni dell’ elicottero militare. Torniamo indietro e solo allora, quando il sole illumina il fondo della valle angusta, si comprende cosa può essere capitato nel pomeriggio di sabato: il torrente giallo qui corre impetuoso, e un argine naturale grande centinaia di metri, preme contro il cemento di una diga che sembra minuscola. Accanto al grigio delle pietre c’ è il color ocra degli alberi sradicati e senza più corteccia rotolati a valle travolgendo un costone. Oltrepassiamo la diga e davanti all’ elicottero si spalanca nuovamente la valle bassa dell’ Adda. Siamo di faccia al sole. Brillano, tra il fango, i tetti delle auto. A gruppetti, sono state sommerse e riunite. Nessuno finora ha potuto controllare se dentro ci sia rimasto qualcuno. Il tenente colonnello cambia cartina di volo. Puntiamo diretti su Sant’ Antonio Morignone, nell’ alta Valle dell’ Adda, molto più stretta, appena sotto Bormio. Sul paese di 150 abitanti ci sono poche informazioni, secondo la prefettura un solo morto. Come può essere? L’ elicottero piega in basso a sinistra, ecco spuntare dall’ acqua le case, sono quattro, no cinque, anche se di una si vede solo il tetto. Sembrano galleggiare come isolette nel mare. Un mare giallo e marrone, impetuoso, che trasporta tronchi e macigni. Il fango entra ribollendo dalle finestre del terzo piano, sotto i tetti ondeggianti. Nel punto più profondo la mota raggiunge una decina di metri. Cerchiamo di atterrare, siamo d’ accordo con l’ equipaggio per un sopralluogo. Ma non c’ è verso di avvicinarsi al paese. I fianchi dei colli sono troppo scoscesi, dove si potrebbe atterrare passano i cavi dell’ alta tensione. Solo un minuto dice allora il comandante su quel prato laggiù. Indica a destra, a sinistra, ancora a destra, il sergente tira in alto una leva che sembra un freno a mano, l’ elicottero si adagia sull’ erba. Si avvicina un uomo sui quaranta, con la barba lunga: Di macchine ce n’ erano, ce n’ erano sulla strada, dove sono finite?, dice. Anche la strada non c’ è più. Le pale dell’ elicottero continuano a girare, dobbiamo risalire. Più in basso di noi volano gli elicotteri rossi dei pompieri e blu della polizia. Seguiamo il tracciato della statale 38 dice il comandante non ci sono più di diciotto chilometri di asfalto. Ma quello che resta è la rappresentazione della sciagura. I cinque ponti sono crollati, di uno emerge la gigantesca struttura di cemento, gli altri sono scomparsi. Al loro posto c’ è una montagna di sassi contro cui si infrangono cavalloni di melma. Migliaia di abeti spezzati costeggiano il fango. Come in un gigantesco gioco dell’ oca si vedono dall’ alto le auto partire dai paesini in direzione della statale, percorrere un paio di chilometri, poi tornare indietro per tentare altri, improbabili passaggi. Sono i turisti che cercano di evadere da questa trappola senza uscite. Tra Ponte del Diavolo e Cepina, dieci chilometri, la verde vallata non c’ è più, è diventata un canyon grigio e pieno di sassi e tronchi. C’ è una casa gialla sommersa con una gallina nera che corre sul tetto. Contiamo un’ altra decina di auto inghiottite dal fango. L’ alluvione ha colpito soprattutto la sinistra dell’ Adda: mentre il lato ovest della valle presenta tanti prati pettinati, file di colture, verde che spicca sul verde di tonalità diverse, il lato est è una grande risaia gialla: i ciuffi che sporgono sono le fronde degli alberi. Quando il serbatoio segna due, il tenente colonnello ritorna alla base, l’ Elitellina dove altri elicotteri si alzano a ritmi frenetici. Anche vista da terra, nei pochi posti dove si può arrivare a piedi intorno al capoluogo della disastrata Valtellina, la situazione è drammatica. Non c’ è paese indenne. Saliamo su un’ Alfetta civile della polizia in servizio antisciacalli. Si parte per una segnalazione risultata poi fasulla per Piateda. A pochi metri dalla stradina piena di fango e polvere, ci sono gli ulivi che fuoriescono dal lago melmoso solo con le fronde. Piateda è invasa dal fango e dalle pietre. Non ci sono stati feriti, e sembra un caso fortunato. C’ è in questo paese un’ immagine-simbolo. La frana grigia ha spaccato completamente a metà due case. In una si vede la cantina con le cassette della frutta appese al tetto per essiccare l’ uva e fare in casa il vino Sfurzat; una stanza con gli attrezzi da falegname, e vicino, una bilancia per pesare il formaggio. Il pianterreno è invaso dal fango, non c’ è nessuno. Qua siamo messi male, dice un ragazzo che porta l’ acqua potabile a un vicino a bordo di una jeep, unico mezzo in grado di muoversi sul terreno sconnesso. I danni ormai non li contiamo nemmeno. Qui a lavorare chissà quando si ricomincerà …. La gente non si può lavare, manca l’ acqua, la luce salta spesso. In prefettura a Sondrio la parola d’ ordine è che tutto è sotto controllo, ma fra decine di comuni allagati e isolati, tremila sfollati, carogne di animali morti, non si può dire altro che tutte le stime fatte finora sono per difetto.

dal nostro inviato PIERO COLAPRICO

 

VALTELLINA, UNA TERRA FUNESTATA DA DISSESTI IDROGEOLOGICI

SONDRIO Samolaco, vicino Chiavenna, fu cancellata dalla faccia della terra nel 1300. E così successe nel 1538 ad Ardenno, e ancora nel 1600 a Boalzo. La storia della Valtellina è punteggiata dai disastri provocati dalle grandi piogge o dalle frane. Il 21 agosto 1911 un nubifragio sconvolgeva la valle da Sandalo al Pian di Spagna, il 25 settembre del 1927 le acque del torrente Mallero nel centro di Sondrio provocarono il crollo di numerosi edifici. Sul finire degli anni Settanta, Spriana in val Malenco contava 1500 anime. Ma la gente aveva abbandonato le case. Erano rimasti in 300. Il paese infatti scivolava a valle, e continua a farlo un centimetro al giorno. Sotto incombe il Mallero, che quando s’ ingrossa spaventa. Quando la frana cadrà, ci sarà un invaso nel torrente, acqua e fango si rovesceranno su Sondrio, 10 chilometri a sud. Venti milioni di metri cubi di detriti. Una soluzione praticabile ci sarebbe: costruire una galleria sotterranea per deviare le acque del Mallero. Anche questo è uno dei millle episodi (anzi, 1339 secondo uno studio del Cnr) che tiene in ostaggio i 175 mila abitanti della Valtellina, una delle zone d’ Italia più maltrattate sul piano idrogeologico. I progetti presentati sono parecchi: nessuno viene però applicato. Basta quindi una grandinata per provocare uno smottamento, basta un nubifragio ed è subito alluvione. Il 22 maggio del 1983, per arrivare ai giorni nostri, la pioggia erode un pezzo di montagna, duecentomila metri cubi di sassi e melma spazzano via 10 case di Tresenda, altre 100 sono semidistrutte. Il bilancio è da bombardamento: 18 morti, centinaia di feriti. E la colpa non è solo della Natura. Anzi. Il dissesto parte da lontano, parte dal disboscamento selvaggio, è una crisi territoriale accelerata dal malgoverno del suolo e delle acque, accompagnato dallo sfrenato sviluppo. Il patrimonio edilizio è cresciuto del 36 per cento, in numero di alloggi, e del 44 per cento in numero di vani, dal 1970 al 1980. Sono state costruite 50 mila stanze di seconde case, mentre la popolazione è aumentata appena di 4 mila abitanti. Il turismo e la speculazine distruggono la montagna, poco o nulla si fa per impedire il collasso idrogeologico. La frana di Tartano non è una novità: già nel 1969 c’ è stato chi ha avvertito le autorità dei pericoli incombenti.

‘I MASSI,L’ ACQUA…’ TRECENTO SFOLLATI RACCONTANO LA PAURA NEI RIFUGI

SONDRIO Il fango, i massi che rotolano, gli alberi spezzati che sbattono sotto le arcate dei ponti sul torrente Mallero in piena hanno creato il panico in città. E nei due centri di raccolta dei profughi, i cameroni del collegio dei Salesiani e le stanzette del convitto Giovanni Piazzi, a notte fonda continuano ad arrivare abitanti di Sondrio vecchia scampati dall’ alluvione nelle valli. Sono 300 persone circa, neanche un decimo di tutti gli sfollati. E’ la prima notte di quiete apparente ma il letto, un vero materasso con la coperta, e il piatto di pasta, non bastano però a far dimenticare la stanchezza, il terrore dell’ acqua che sale e della terra che cede sotto le scarpe. Nella sala mensa del convitto si ricostruiscono le ore della paura e si rivivono gli attimi più tremendi. Anche Claudio Masserotto, 48 anni, sindaco di Cornaredo, racconta la sua storia: Ho camminato nove ore sotto l’ acqua e la grandine, pensi che ero venuto qua per scalare il Bernina. Mia moglie lo dice che sono suonato. Insomma sono andato al rifugio di Carate, a 2660 metri, ed era pazzesco. Alle 3 e mezzo di sabato ho capito che non era il caso. Ho tentato di prendera la macchina, ma la strada era allagata. Non potevo spostarmi se non a piedi. Ho visto tutti i ponti rotti, a Chiesa, a Torre Santa Maria. E poi frane, un terreno mobile, come un budino. Ho contato sette cadute di massi, grandi due, tre metri. Camminavo guardando dove mettevo i piedi e con un occhio a quello che succedeva sopra la mia testa…. Molti degli scampati, invece, si sono sdraiati tutti insieme nei cameroni dei dormitori. Accanto a loro ci sono decine di soccorritori. La pattuglia dei cinofili dorme per terra nella sala dei giochi del convitto, con i cani antivalanga accucciati vicino al materasso. I pompieri che presidiavano Morbegno si sono sdraiati tutti vestiti con le strisce arancioni della tuta sporche di fango. Gian Paolo Giana, capo dell’ equipaggio dell’ Eliservizio di Masera, ha portato in volo sulla vallata i geologi della Protezione civile per tutta la giornata ma non è ancora riuscito a passare su Alboreggio, un paesino vicino Sondrio, dove è nato. E quello che ho visto dice mi fa preoccupare. Nell’ acqua gialla c’ erano lamiere blu ormai affondate: una l’ ho vista tra Varedo e Ponte del Diavolo. La situazione non è chiara e in molti paesi nessuno è andato ancora a controllare. A mezzanotte, nei ricoveri dei profughi continua ad arrivare gente, decine di persone arrivano da Sondrio dove il Mallero continua a impensierire i pompieri, ci sono decine di ruspe che scavano i detriti dal letto del fiume. Nel dormitorio dei Salesiani c’ è un’ invalida di Viale Mazzini, della città bassa, sistemata in un letto a castello. Nei bagni c’ è Bruna Baiardo, una donna anziana che sonnecchia su una sedia con una cagnetta nera accanto: Stavo in via Fraccaiolo, un vicino mi ha detto di correre, che veniva giù la frana. Ma la cagnetta, povera stella, in dormitorio non la posso tenere….

QUEL MARE DI FANGO CHE COPRE I DISPERSI

MILANO Barbara Orlando, una ragazzina di 15 anni dagli occhi brillanti e dal sorriso dolce è forse il simbolo di questa tragedia: è scomparsa in un mare di fango e acqua sotto gli occhi della sorella Anna e di tre amici, Oscar Micheli, Nicola Vitali e Roberto Tintori. Stavano tornando dal campo scuola a Madonna delle Nevi, sopra Mezzoldo, organizzato dal loro parroco di Longuelo, un quartiere di Bergamo. Erano sulla 127 quando sono stati investiti una prima volta e poi una seconda, più rabbiosa ondata si è portata via, forse per sempre, la felicità dei 15 anni di Barbara. Quanti come Barbara? Il bilancio è ancora incerto. I morti fatti da quelle nubi assassine che ieri hanno fortunamente lasciato il cielo della Valtellina, sono una quindicina. Ma il loro numero cresce, lentamente, con il lento scavare tra i detriti, le case invase dall’ acqua e dal fango. Altrettanti, e forse più sono i dispersi lungo quel terribile fronte esteso per oltre 100 chilometri, che va dall’ alto lago di Como, a nord est, su, su fino a Bormio. Luigi Vicini e Paola Pirovano sulla loro Golf targata Milano non si trovano più, anche loro portati via dalla furia dell’ acqua che non ha risparmiato neppure i tre pastori della Val di Tartano, forse più esperti e attenti. Uno si è salvato, gli altri, due, Virginio Tonelli e Nillo Livera, sono morti. Con il passare delle ore l’ elenco dei morti e dispersi si allunga man mano che dalle zone colpite i soccorritori fanno giungere il risultato delle loro ricerche. E la morte ha colpito anche nelle zone meno disastrate dal maltempo, in Alto Adige e in Veneto: vicino a Ortisei il Rio Gardena ha portato chissà dove i coniugi Anton Plieger e Anna Schrott di Laion. Erano anche loro in auto e sono stati sorpresi dalla piena. Alessandro Chiandotto, un ragazzo di 18 anni di Concordia Sagittaria se l’ è preso il torrente nel quale stava pescando. Il bilancio della giornata di ieri è soprattutto un bilancio di morti e di dispersi ma anche di una giornata di generosa opera di soccorso favorita dal ritorno del sole da parte delle migliaia di uomini, militari dell’ esercito, carabinieri, polizia, finanzieri e volontari, per riaprire strade, arginare torrenti, portare viveri alle località rimaste isolate. Un’ opera condotta con gli elicotteri, ne sono stati impiegati una cinquantina, e poi con i mezzi anfibi e i cingolati. In molti punti si è potuti arrivare solo a piedi dopo chilometri di marcia nel fango. Si è anche rischiata una tragedia nella tragedia quando l’ elicottero dell’ Elilombardia guidato da Carlo Pini con a bordo un tecnico, Lorenzo Alberti e la volontaria della Croce blu, Nadia Angiolini è caduto, in fase di atterraggio. Le pale hanno urtato i cavi dell’ elettricità, quando ormai era a pochi metri dal suolo. Per fortuna i tre se la sono cavata con qualche contusione. Ma vediamo come si presentava la situazione ieri sera nelle varie zone colpite dal maltempo. Valtellina La viabilità è stata sconvolta con strade cancellate. Fortunatamente è stata riaperta la direttrice Sondrio-Tirano che permette di lasciare la valle da nord. E’ transitabile il passo dell’ Aprica, mentre la statale 38 è ancora bloccata. In molti tratti la strada non c’ è più. Le Usl della provincia hanno terminato le verifiche della potabilità dell’ acqua e l’ ordinanza della pre-bollitura dovrebbe essere tolta. A Sondrio in serata si è tenuta una riunione in prefettura nel corso della quale si è deciso l’ allestimento di una sala di coordinamento tra tutte le istituzioni locali impegnate nelle operazioni di emergenza per quel che riguarda viveri, soccorsi, informazioni alla popolazione. Da Bormio e dalle zone con maggiore presenza turistica si è deciso di organizzare la partenza dei turisti utilizzando passaggi anche attraverso la Svizzera. Ci sono ancora paesi non raggiunti dai soccorsi. Vicino a Bormio ha creato parecchia apprensione un lago artificiale formatosi con i detriti e che minacciava alcuni paesi. Il sindaco di Bormio, Giovanni Confortola, ha seguito l’ afflusso degli sfollati negli alberghi della città provenienti dai paesi vicini più colpiti: in tutto duemila persone che hanno trovato ospitalità e viveri. Molti turisti sono arrivati dalla Valfurva, salvati dagli elicotteri che li hanno raccolti dalle pendici dei monti dove avevano trovato scampo. In città la vita procede normalmente, c’ è gente per strada, il traffico è quasi normale. Solo la piena del torrente Rodolfo segnala il disastro avvenuto in valle. Val Brembana La statale 470 è interrotta in molti punti e su di essa si concentrano le opere di ripristino. I sindaci della valle hanno già fatto un primo inventario, ieri mattina, insieme al ministro dell’ agricoltura Filippo Maria Pandolfi, dei danni subìti dalla zona: il Brembo ha spazzato case, strade, campi, bestiame. 500 miliardi il consuntivo. In Regione, complessivamente, il primo bilancio dei danni fatto ieri dal presidente della giunta, Bruna Tabacci, era di oltre mille miliardi. E’ stato chiesto lo stato di calamità. Anche il Partito repubblicano s’ è associato alla richiesta. Alto Adige Anche qui allagamenti, strade interrotte, frane. Si teme che le nuvole ricomparse in serata possano portare altra pioggia e aggravare una situazione che sinora è stata sotto controllo. Le strade che portano ai passi Giovo e Pennes sono state riaperte al traffico, ma alcuni paesi, Gomagoi, Stelvio, Trafoi e Solda sono isolati. I turisti di Solda per lasciare il paese debbono fare mezz’ ora di strada a piedi prima di incontrare i mezzi di soccorso della finanza. Migliorata invece la situazione sull’ autostrada del Brennero dove è stato riaperto il casello di Vipiteno. Riaperta anche la Val Passiria, ma solo per i veicoli leggeri. Si lavora al ripristino delle strade per i passi Rombo, Giovo e Pennes. Veneto La situazione è quasi tornata alla normalità sulla statale 51 di Alemagna interrotta domenica da frane e smottamenti in località Acquabona (Belluno), sulla strada che collega Cortina a Dobbiaco e su quella che porta a Auronzo. Colpito domenica da una tromba d’ aria che ha causato nel Bassanese i danni maggiori nei comuni di Rosà e Cassola (Vicenza), sono cominciati i lavori di ripristino delle abitazioni rimaste scoperchiate. Già riaperte la statale Valsugana e le altre strade sulle quali erano caduti alcuni alberi. La giunta regionale sta discutendo una serie di provvedimenti in favore delle zone colpite dal maltempo che, tra l’ altro ha arrecato gravi danni alle colture agricole. A preoccupare ora sono le previsioni del tempo per la giornata di oggi. La fase acuta è superata ma resta nelle zone colpite una circolazione ciclonica persistente. Previsione quindi di instabilità del tempo con possibili precipitazioni temporalesche e nuovi rovesci.

di ANTONIO RAMENGHI

IL LIVELLO DEL LAGO E’ SOTTO CONTROLLO MA COMO TEME L’ ARRIVO DEI DETR

COMO Il livello del lago di Como continuava ieri a crescere di due centimetri l’ ora. Ogni secondo entravano dagli immissari Adda e Mera in testa 1.2OO metri cubi di acqua e ne fuoriuscivano 9OO. Nel primo pemeriggio il tasso di crescita è notevolmente rallentato. In serata il livello dell’ acqua si è stabilizzato a quota 265 sopra lo zero idrometrico di Malgrate e ciò significa che superava di 137 centimetri il limite di guardia: in piazza Cavour, salotto della città, recentemente rialzata di 3O centimetri con una spesa di due miliardi, l’ acqua arrivava a metà petto di una persona di alta statura. E poi ha invaso piazza Matteotti, largo Cairoli, piazza Volta, via Garibaldi, il Lungolago, i giardini. La zona allagata, circondata da transenne, modifica il ritmo di vita della città, altera gli itinerari del traffico, crea disperazione tra i commercianti, diventa un grande campo di avventura per i ragazzi che vi si aggirano con ogni mezzo. Raccolgono i tronchetti di legno portati dalla piena, si disgustano per i ratti affogati nell’ allagamento delle cantine. Solo i bimbi piccoli che rincorrono i piccioni in piazza del Duomo, sembrano ignari della tragedia che forse incombe. Gli esperti sono ottimisti. Dicono che presto l’ acqua comincerà a decrescere. Il dottor Montefusco, in prefettura, elogia l’ efficienza dei meccanismi posti in atto per far fronte all’ emergenza. La mediazione tra la Protezione civile e gli enti locali non ha presentato difficoltà. I sindaci dei comuni rivieraschi hanno collaborato tenendo d’ occhio i torrenti. Se il livello delle loro acque decresce, significa che a monte si è formato uno sbarramento. Bisogna intervenire subito, far tornare alla normalità il deflusso. A Bellano, i tre condomini posti sulla lingua di terra che sta tra la foce del torrente Pioverna e il lago, sono stati evacuati per 48 ore. Ieri gli inquilini sono tornati a casa. Alcuni di loro sostavano sulla riva scrutando il cielo, domandandosi come avrebbero passato la notte. Gli straripamenti spaventano ma fino a un certo punto. I comaschi sono da anni abituati all’ acqua alta perché da anni assistono inerti alla subsidenza di piazza Cavour, da tempo a un livello inferiore a quello del lago. Lo straripamento attuale è inferiore solo a quello del 1928. Poiché vivono in un cul de sac privo di emissario, i comaschi guardano terrorizzati alla Valtellina e paventano di dover soffrire domani quello che nella valle che li sovrasta si è sofferto ieri. Dove possono finire le carogne del bestiame, le auto trascinate dal fango, gli alberi travolti dalla furia delle frane se non nel lago, quindi a Como? Si favoleggiano orribili isole mobili di detriti in lenta ma inesorabile discesa verso la città. Si cerca un capro espiatorio. Il Consorzio dell’ Adda che mantiene alto il livello del lago mediante la chiusa di Olginate in modo da poter fornire acqua ai coltivi in caso di siccità, è accusato di bieca speculazione. Se il livello dell’ acqua fosse stato quello normale dopo quindici giorni di bel tempo, si dice, le piogge dei giorni scorsi non avrebbero portato al disastro. E’ brutta, la ricerca del capro espiatorio. E allora prendiamo un motoscafo, risaliamo il lago fino al Pian di Spagna dove le acque dell’ Adda e del Mera entrano rovinosamente nel Lario. A villa d’ Este, gli ospiti eleganti prendono il sole accanto alla piscina galleggiante, fanno colazione sotto bianchi ombrelloni, non avvertono alcuna minaccia. Ma nelle scure acque su cui la piscina galleggia regna il silenzio. Nonostante la bella giornata di vento non si vedono vele né mostoscafi. Le imbarcazioni private sono bloccate nelle darsene. Le barche a vela hanno dovuto essere disalberate. Si intravedono vagare rari vaporetti. A Como è praticabile solo l’ imbarcadero prospicente la funicolare che porta a Brunate. La gran parte dei pontili dei paesi rivieraschi sono sommersi. Le acque lambiscono i muri di protezione del parco della villa che fu del conte Volpi e quelli della villa di Versace. Dovesse salire ancora, invaderebbe i prati ben tenuti, le coltivazioni di ortensie, di azalee, le magnolie, le palme. Per il momento minacciano le recinzioni in ferro battuto, e le statue poste a presidio dei porticcioli. Coprono le scale di villa Arconati dove fu girato Piccolo mondo antico: sono le scale giù per le quali cadeva la bambola di Ombretta sdegnosa, con le drammatiche conseguenze che si ricordano. Nella parte bassa del lago il silenzio, l’ assenza di barche e bagnanti, la minaccia alle storiche ville creano un’ atmosfera onirica, minacciosa, quasi da incubo. Ma è andando oltre che si capisce la grande paura. A Bellano l’ acqua è limacciosa. La navigazione presenta qualche problema per la quantità di rami e tronchetti galleggianti. Sopra Rezzonico cambia il colore dell’ acqua, che ora è di un inquietante verde chiaro. Solo tra Colico e Piona, decine di windsurf sfrecciano assurdamente coi loro colori acidi e forti: sono quelli che affittano i tedeschi. A Colico seduti sulle panchine dei giardini allagati, alcuni ragazzi con lo sguardo vacuo tengono i piedi nell’ acqua. Due elicotteri si abbassano per verificare lo stato dei campi di roulotte completamente allagati. Di campeggi non si vede l’ ombra. Il popolo rivierasco ha voltato le spalle al lago, osserva il defluire nel Lario dell’ Adda e del Mera che hanno completamente allagato il Pian di Spagna.

dal nostro inviato SILVIA GIACOMONI

ANCHE IN SVIZZERA VITTIME E DANNI

GINEVRA Va normalizzandosi la situazione nel Ticino e nei Grigioni, i due cantoni svizzeri colpiti dal nubifragio che ha investito la Lombardia. Anche nella regione orientale e sud-orientale della confederazione elvetica ci sono stati feriti e dispersi. Nel cantone dei Grigioni sono stati recuperati i corpi senza vita di tre svizzeri che erano a bordo di un’ auto uscita di strada e finita nel fiume Maira. Sempre nei Grigioni, il villaggio di Borno è stato completamente inondato e 150 persone sono state portate via dalla zona in elicottero. Le squadre di soccorso cercano ancora un aereo da turismo con cinque passeggeri: si teme che il velivolo si sia schiantato sul San Gottardo venerdì scorso. Nella parte più colpita del Ticino, la Leventina, si lavora ancora per rimuovere più di 25 mila metri cubi di fango e detriti. Il fiume Ticino è straripato, raggiungendo nei pressi di Magadino, una larghezza di trecento metri.

 

L’UNITA’ 21 LUGLIO 1987

L’ALLUVIONE IN LOMBARDIA
TREDICI CORPI GIA’ ESTRATTI, VENTITRE’ DISPERSI
LA SCIENZA AVEVA DA ANNI LANCIATO L’ALLARME

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UN DISASTRO ECOLOGICO DA MILLE MILIARDI

 

E’ un disastro da mille miliardi, dicono le prime stime ottimistiche.
L’alluvione che ha travolto la Valtellina e la Val Brembana si rivela in tutta la sua ampiezza ed eccezionale gravità.
Intanto sotto un mare di fango e di macerie si contano le vittime: tredici finora le salme recuperate, ventitrè i dispersi, una sessantina i feriti.
Il procuratore di Sondrio ha avviato un’istruttoria contro ignoti per disastro colposo.

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Ha smesso di piovere, finalmente.
Ma la situazione è sempre di emergenza.
Basterebbe una pioggia consistente per farla di nuovo precipitare.
Le zone dell’Alta Valtellina restano irragiungibili, se non per mezzo di elicotteri e solo nel tardo pomeriggio di ieri una colonna di alpini è riuscita a raggiungere Sondrio via terra.
I centri più colpiti dal disastro sono quelli di Tartano e Sant’Antonio Morignone.
Nel primo paese, dove è crollato l’albergo Gran baita, si sta scavando alla ricerca di altri corpi: la seconda località resta semisommersa dal fango, in molti punti profondo sino a dodici metri, che nasconde carcasse d’automobili.
Incalcolabile, per ora, il numero di case e stabilimenti distrutti o allagati.
Circa 60 chilometri di strade statali sono letteralmente cancellate, la ricca stagione turistica in gran parte rovinata.
Un’imponente massa di mezzi pesanti è a Morbegno, in attesa che le acque defluiscano.
Se tutto va bene, ci vorranno almeno due giorni.
Così molte località resteranno isolate ancora per molto tempo a Caspoggio e a Santa Maria Maddalena ci sono colonie con centinaia di bambini che attendono soccorsi e viveri.

LA STAMPA 22 LUGLIO 1987

 

IN VALTELLINA PER ORA E’ IMPOSSIBILE UN BILANCIO
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CI SONO ANCORA ALTRI MORTI SOTTO QUEI 18 METRI DI FANGO
A SANT’ANTONIO MORIGNONE POTREBBERO ESSERE SEPOLTE DIECI AUTO, MA SCAVARE E’ TROPPO PERICOLOSO

 

SONDRIO – Signor prefetto, possiamo scrivere che non cercate altre vittime…?
Giuseppe Piccolo, che è il prefetti, si mette le mani in faccia e risponde lento: “No, purtroppo no”.
Guarda Leonardo Corbo, che è il capo dei vigili del fuoco della Lombardia.
“La mia sensazione è che ci siano altri morti, parecchi morti”.
Sotto dove, sempre a Tartano?
“Anche a Sant’Antonio Morignone”.
Pioggia la mattina, tempo balordo il pomeriggio e a sera, dopo riunioni e verti, siamo daccapo.
Altri morti, e chissà dove e chissà quanti.
Adesso li cercheranno a Sant’Antonio Morignone, in Valdisotto, tra Sondalo e Bormio.
Siamo passati in elicotteri, e si vedono solo acqua e fango: per 8 chilometri fino al ponte del Diavolo che non c’è più, una laguna di melma in movimento.
“Sono 150 mila metri cubi di detriti venuti giù dal torrente Zebrù – dice Corbo.
– su quella che era la strada per Bormio, e fino alla confluenza dell’Adda, c’è uno spessore di 18 metri dove ci può essere di tutto”.
Tutto, compresi altri morti, le altre vittime che tutti temono di trovare.
Ma a Sant’Antonio le ricerche sono impossibili.
Se scavano, il rischio è che le valli crollino.
E’ un imbuto impossibile.
E’ come in Val di Stava due anni fa.

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GIOVANNI CERRUTI

 

 

STAMPA SERA 22 LUGLIO 1987
PEGGIORA IL TEMPO: PIOGGIA E NEBBIA
SI RIAPRONO LE STRADE NELLA MAREA DI FANGO

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SONDRIO – Da Ieri Sondrio è nuovamente collegata con Morbegno (il primo grosso centro della bassa Valtellina) attraverso una strada carrozzabile.
Significa che gli ottanta chilometri di valle isolata, e raggiungibile solo con gli elicotteri, si sono ridotti della metà.
Per riaprire la “statale 38”, ancora in buona parte sommersa dall’acqua, sono stati realizzati raccordi tra la la statale di fondovalle e la “pedemontana”, che attraversa la vallata più in quota, sulle pendici della montagna.
Le condizioni del tempo in Valtellina sono ancora peggiorate da ieri mattina: pioggia, nebbia e nuvole basse (la visibilità a volte è solo di poche decine di metri) e rende difficile il volo degli elicotteri.

REPUBBLICA 22 LUGLIO 1987

 

CALANO LE ACQUE E NEI PAESI TORNA LA VOGLIA DI VIVERE

ARDENNO Un lago di melma scivola sulle strade del paese, e più in là, verso l’ argine dell’ Adda che gli uomini del soccorso hanno forato per facilitare il deflusso, le acque gialle e maleodoranti per le carogne degli animali sono ancora profonde. Tranquillo, tirato con una corda da uno stalliere egiziano, cammina un cammello del Circus Russo, sopravvissuto all’ alluvione che per due giorni ha quasi sommerso Ardenno, 3 mila abitanti che d’ estate diventano 5 mila, perchè ci sono i turisti e perchè tornano a far le ferie le famiglie emigrate. Siamo a una ventina di chilometri da Morbegno verso Sondrio, dopo la deviazione che porta a Tartano. L’ Adda domenica all’ alba è uscito dagli argini e ha invaso il paese, raggiungendo in certi punti la profondità di quattro metri. Ardenno è rimasto isolato, la gente si è rifugiata sui tetti delle case, nell’ istituto Beato Luigi Granella, che sta nel punto più alto: temevano si fosse rotta una diga a monte. Una frana ha lambito la centrale elettrica. Sono rimasti senza luce, senza gas. Il tendone rosso e giallo del circo, che proprio sabato aveva dato spettacolo nonostante il gran temporale, è stato inghiottito dall’ acqua, sono spariti un cammello, un lama, un pony e cinque serprenti, oltre a quattro roulotte. E’ scappata una anaconda, tre metri di serpente: Niente pericolo, non ha veleno dicono al circo si nutrirà delle carogne degli animali. Per lei ci sarà cibo in abbondanza: a valle, sotto il Pian della Selvetta, le mucche morte hanno formato con i loro corpi quasi una diga nel fiume. Un paese, Ardenno, messo in ginocchio, con danni gravissimi. (Solo nelle abitazioni private dice il sindaco, Giuseppe Songini si supera il miliardo, poi ci sono i danni ai laboratori, ai negozi, alle fabbriche, 42 in tutto), 750 persone sfollate, 227 nuclei familiari costretti a trovare una sistemazione provvisoria. Due anni fa era uscito dall’ alveo il torrente Gaggio, e il Comune aveva ottenuto un aiuto dallo Stato di cinque miliardi. Ne occorreranno almeno altri dieci, adesso, spera Songini. Un disastro così nessuno se lo ricorda, nonostante in questo secolo Ardenno abbia dovuto sopportare altre quattro alluvioni, nel 1904, nell’ 11, nel ‘ 27 e nel ‘ 60. Ci eravamo passati lunedì, a bordo di un anfibio dei vigili del fuoco. La gente era a mezza gamba nell’ acqua ma già erano iniziati i lavori nelle case e nelle officine, si facevano i conti del disastro e ci si rimboccava le maniche per rimediare. C’ è dolore, anche rabbia, ma non disperazione. La gente di qui ha un carattere chiuso, concreto. Appena le acque hanno cominciato a calare, e ieri buona parte del paese è riemersa, la vita è ricominciata, hanno riaperto i negozi. L’ unica farmacia del paese, quella di via Libertà, è del tutto inagibile: il proprietario, Vittorio Margolfo, ha già trovato due locali asciutti in centro per trasferirci i medicinali intatti: Va garantito il servizio sanitario, è essenziale dice qui, con le carogne di animali ovunque, potrebbe scatenarsi un’ epidemia. Forse bisognerà vaccinare la popolazione. Il farmacista è rientrato proprio domenica mattina dalle vacanze in Puglia: L’ acqua era già sui gradini della farmacia. Ho alzato le cose a un metro di altezza, ma in un quarto d’ ora l’ acqua ha raggiunto i due metri. Quasi tutto è andato distrutto. Proprio di fronte, i vigili del fuoco stanno pompando l’ acqua dalla scuola media, dove si sono perduti gli archivi e il piano terreno è inagibile. Passa un uomo con gli stivaloni di gomma verde. Si chiama Camillo Svanoso, elettricista: Sono riuscito a portare in salvo un’ auto, poi, quando sono tornato a casa, l’ altra macchina era già tutta sommersa. Il notaio che abita in fondo alla via invece ha perso tutto, anche il furgone. Il ferramenta di via Libertà, Olindo Fondrini, ha almeno un miliardo di danni: tutto il materiale in magazzino è sommerso. Ci hanno avvisati subito da Forcole, e abbiamo tentato di salvare il salvabile racconta la figlia, Fernanda ma è stato inutile. Ci hanno aiutati in molti: i paesani, i vigili del fuoco. Non so se riusciremo a tirarci fuori, adesso…. I guai, però, non impediranno il matrimonio della sorella, Giovanna, che doveva essere celebrato proprio in questi giorni: Al massimo si fa tra una settimana: il futuro marito, un romano, è già qui. La vita continua. Ad Ardenno è facile raccogliere piccole e grandi storie di sacrifici, di eroismi, di cooperazione. Come quella di Silvana Libera, una dottoressa che benché non avesse più notizie del padre si è messa subito a dare soccorso. O del parroco don Mario Giana, che su segnalazione di un radioamatore dà l’ allarme a suon di campane, poi mobilita le suore e si butta lui stesso in giro ad aiutare. E poi ci sono Emanuela, Piera ed Elvira, tre signore che da domenica non si fermano un attimo per dare da bere e da mangiare agli sfollati. E ancora, i tredici volontari della Protezione civile di Verona, i primi a giungere in paese a rinforzo. Sciacallaggio? Qualcuno ne ha parlato ma pare non sia vero. Dicono che a Fusine abbiano rubato in casa Verga, passando da una finestra. I carabinieri smentiscono: Qui è brava gente. Una storia a sé per il Circus russo, arrivato in paese proprio il giorno prima dell’ alluvione, con tutto il suo zoo. Dice il capo, Primo Njemen: Ci hanno dato tutti una mano. In mezz’ ora siamo riusciti a mettere in salvo diciassette automezzi, e la maggior parte degli animali. Sarebbero stati guai se scappavano i varani o i coccodrilli, invece libera, e viva, c’ è solo un’ anaconda amazzonica. Il cammello, poverino, è rimasto senza compagna, inghiottita dalle acque. Tornerete mai da queste parti?, chiediamo a Njemen: Non ci crederà, ma le rispondo di sì. Prima ci informeremo del tempo, ma torneremo. Questa è gente meravigliosa. E’ vero dice il sindaco questo è un paese speciale. E ci mostra orgoglioso una poesia che Salvatore Quasimodo dedicò ad Ardenno: La dolce collina.

dal nostro inviato ENRICO BONERANDI

LA STAMPA 29 LUGLIO 1987

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UN’ALTRA SCIAGURA IN VALTELLINA: UN MORTO, 28 DISPERSI, DUE PAESI CANCELLATI
UNA MONTAGNA CADE SULL’ADDA
ALLE 7,27 DI IERI DIECI MILIONI DI METRI CUBI DI PIETRE E FANGO SPAZZANO VIA MORIGNONE E SANT’ANTONIO MORIGNONE
LA FRANA HA SEPOLTO ANCHE BAMBINI
IL FIUME BLOCCATO DA UNA “DIGA” ALTA 60 METRI CHE PUO’ CROLLARE: DUE BY – PASS PER FAR DEFLUIRE L’ACQUA

SONDRIO – Stefano e Mario, due sopravissuti, a sera si abbracciano nell’ospedale di Sondrio.
“Sei vivo!”, si gridano quando le due barelle s’incrociano nel corridoio.
Stefano ha vent’annni, è cameriere sulla riviera romagnola, e l’altra sera era venuto ad Aquilone per trovare Mario e i genitori.
Stefano e Mario Confortola non sanno che i loro nomi, il padre Bernardino e la madre Alma, sono nell’elenco dei dispersi.
“Hai saputo qualcosa di papà e mamma?”, si domandano.
Nessuno qui in corridoio risponde.
Pietoso Silenzio.
Solo silenzio, adesso.
Silenzio, vento, e quest’odor di terra che scende a valle con nuove paure.
Di morignone e Sant’Antonio Morignone è tutto quel che resta, nient’altro: due paesi cancellati dalla frana delle 7,27.
Dal Pizzo Coppetto s’è staccata un intera montagna, è scivolata a valle, è passata sui due paesi già disastrati, è finita contro il costone del monte Sobreta ed è tornata a balle.
Per la valtellina una mazzata violentissima.
Dopo i 13 morti e 12 dispersi dell’alluvione ora si contano quelli della frana: 1 morto e 28 dispersi.
Per quasi tre chilometri da Tola al Ponte del Diavolo, la valle e l’Adda sono coperti da 10 milioni di metri cubi: pietre, terra, roccia.
Su, a Tola, si è formato un lago profondo 50 metri.
E’ trattenuto dalla diga alta 60 metri, e questa è la frana.
Giù verso Sondalo l’Adda scende a Rivoli.
Il pericolo è che a monte l’acqua possa allagare Tola e Cepina, ma soprattutto che possa spingere la frana in fondovalle.

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Da Sondalo fino a Morbegno si è in stato di preallarme.
L’ordine di evacuare potrebbe essere dato con 5 ore di anticipo sull’allarme.
Poco sopra Sant’Antonio Morignone, la chiesetta di San Bartolomeo, rimasta intatta e circondata dall’acqua, segna il confine della frana.
Nei due paesini, dove tutti o quasi si chiamano Bonetti, con questo cognome se ne contano dieci tra i dispersi.
Sotto c’era l’albergo Camosco.

Un albergo che la famiglia voleva salvare a tutti i costi.
Amanzio Bonetti, l’ex sindaco di Valdisotto, è a Bormio, salvo e disperato.
Come noi – dicevano – anche gli altri torneranno nella valle”.
Mai avrebbero pensato alla frana della loro montagna:
“Delle nostre montagne non possiamo aver paura”.
Ma questa montagna, questa parte della loro valle l’ha cancellata per sempre.
Su Morignone, sulla tomba dei Bonetti, forse costruiranno la nuova strada per bormio.

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Vicino alla chiesina c’era la postazione degli alpini e della protezione cvile, ma non sono stati segnalati dispersi fra i militari.
Un elicottero dei vigili del fuoco di Milano alle 8,30 riesce finalmente a scendere, racconta il vigile Emilio Nessi, “da una nuvola nera densissima”.
Atterrano appena sopra Sant’Antonio, ad Aquilone.
Qui una donna, Rita Bonetti, è morta per effetto dell’onda d’aria.
La frana è stata devastante anche per questo: ha ucciso anche con un boato.
Alle 8,30 i primi racconti di chi ha visto da vicino.
I primi soccorsi.

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Grida di terrore.
La frana è passata a pochi metri da qui.
Un ragazzo ha visto un amica sul terrazzo: e l’ha vista sollevata e inghiottita.
Trafelato come sempre arriva da Roma il ministro della Protezione civile Zamberletti.
“Dall’elicotteri si ha una visione dantesca, impressionante: la valle si è chiusa”.
E riparte per Bormio, dove altre frane, in Valmalenco, cominciano a preoccupare.
L’Adda gonfio è impazzito, i torrenti pieni di pezzi di alberi e detriti, dieci giorni fa avevano scavato sotto e dentro le montagne.
Quella di ieri è la prima conseguenza. “Nuovo Assestamento da paleofrana”, sospettano i geologi.
L’alluvione, insomma, avrebbe peggiorato una situazione già esistente.
Con l’elicottero si sorvolano i paesi che non ci sono più.
La valle è diventata un canalone, larga non più di trecento metri.
La montagna franata lascia una traccia secca.
Non ci si può avvicinare più di tanto.
Continuano a crollare rocce e sassi.
Gli elicotteri si muovo con difficoltà.
E’ un paesaggio lunare, è una valle irriconoscibile”.

 

STAMPASERA DEL 29 LUGLIO 1987

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NON SI SCAVERA’ PER RIPORTARE ALLA LUCE I DUE PAESI (E I LORO MORTI) SOMMERSI DALLA FRANA

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SEPOLTI PER SEMPRE

SONDRIO – La gigantesca frana non sarà mai sgombrata.
Non si può.
A Fondovalle, secondo le stime dei geologi ritornati stamane in elicottero sul luogo del disastro, sono precipitati da quattro a cinque milioni di metri cubi di terriccio.
Ci vorrebbe un lavoro enorme che non conviene nemmeno cominciare.
La conformazione geologica della valtellina è cambiata per sempre.
Anche il lago profondo 50 metri formato dall’Adda sbarrato dallo sfaldarsi del Monte Coppetto resterà in eterno nel nuovo paesaggio della valle martoriata.
Sant’Antonio Morignone, Morignone e Ponte del Diavolo, i tre paesini spazzati via ieri mattina alle 7,27, sono ormai diventati pure espressioni geografiche.
Non risorgeranno.
Come non potranno essere recuperati la maggior parte dei 24 “dispersi” che alla prefettura di Sondrio danno di fatto per vittime certe anche se “burocraticamente “sono ancora definite così.
I cani da valanga continuano ad essere portati sul posto e le ricerche continuano anche oggi, ma tutti sanno che i morti sono almeno 50 metri più sotto, nella loro tragica tomba.
Dov’erano prati verdi, case e strade adesso c’è solo un enorme bacino di terra mista ad acqua.
Uomini e cose sono stati sepolti e cancellati dalla spaventosa massa di pietrosco venuta giù per un chilometro lungo la Val Pola.
Sempre in prefettura i tecnici cominciano a discutere come tentare di raggiungere Bormio, ora più isolata che mai.

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Se prima della frana si pensava si pensava ad una nuova strada con un paio di gallerie in più “per sicurezza” adesso non si riesce che ad ipotizzare un traforo: un tunnel lungo dai quattro ai cinque chilometri che parta appena dopo Sondalo e sbuchi a Cepina, tre chilometri prima di Bormio.
Significa che il paese sarà isolato per almeno altri 2 anni se non si fa il giro dalla Svizzera.
Questa notte alle 4,05 la montagna ha “scaricato” come dicono i geologi, altri frani sopra la frazione “Le prese”, nemmeno cinquecento metri più a valle del punto dell’altra immensa frana.
Va da sè che i tecnici sostengono la possibilità di nuove frane nella zona.
Un morto recuperato, 24 “dispersi”, sei feriti gradi.
Il bilancio è pesantissimo e ha scosso la Valtellina che stava lavorando per rimarginare le ferite dell’alluvione.
Sette operai di imprese appaltatrici sono morti.
Lavoravano per ripristinare la statale 38.

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BORMIO DUE ANNI DI ISOLAMENTO
PER RAGGIUNGERLA DALL’ITALIA, BISOGNERA’ SCAVARE 5 CHILOMETRI DI TUNNEL

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Lavoravano per allestire una pista che potesse sostituire la strada statale mangiata dalla piena dell’Adda, erano stati allontanati.
Ma evidentemente altre aziende non legate direttamente all’Anas non hanno sospeso l’attività.
Non so rendermi conto di come ciò può essere avvenuto”.
La realtà è che qualche collegamento non ha funzionato della macchina burocratica della “protezione civile” perchè proprio domenica 26, mentre Zamberletti dava l’ordine di evacuare le frazioni minacciate dalla frana, il sindaco di Valdisotto, nel cui territorio stavano i piccoli centri abitati, ha firmato un’ordinanza in cui si autorizzavano i lavori “sulla statale 38 e sul greto del fiume” per ristabilire i cllegamenti.
Un altro sindaco della zona, Alessandro Sozzani, primo cittadino di Sondalo, aveva avvertito del pericolo concreto di frane, sollecitando maggiori misure di sicurezza, sia a Zamberletti che agli altri sindaci, proprio lunedì mattina, durante un incontro ufficiale in Prefettura per fare il punto della situazione.

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.A volare con l’elicottero sulla frana si ha l’impressione di volteggiare sul nulla.
Per due chilometri il verde della Valtellina è annegato da una enorme, informe macchia grigia.
I geologi ormai hanno anche trovato la spiegazione scientifica della caduta, da quota 2000 giu a quota 1002, della punta Capello.
La colpa non è solo della pioggia che ha inzuppato i versanti delle montagne, la responsabilità è soprattutto dell’Adda.
La gran massa di terra e sassi si è staccata perchè il fiume creandosi un nuovo letto dopo la piena è andato a scalzare alla base un’enorme falda che era già instabile sulla montagna.

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Per comprendere gli effetti della frana basti pensare che quando i 4 milioni di metri cubi hanno toccato il fondovalle, sono risaliti sull’altro versante per un centinaio di metri e poi sono “corsi” da un lato e dall’altro della valle per più di un chilometro.
Infatti il fronte della frana è lungo almeno due chilometri ed ha raggiunto persino la frazione di Aquilone che non era stata sgomberata in quanto nessuno ha mai pensato che potesse essere in pericolo.Ben 17 dei “dispersi” sono abitanti di Aquilone, sono morti sepolti vivi sulle soglie delle loro case.
Quando ha sentito lo spostamento d’aria e l’immenso fragore della frana la gente è uscita all’aperto per capire cosa stesse accadendo.
Lo ha raccontato uno dei pochi superstiti ricoverato nell’ospedale di Sondalo.

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Tra ieri sera e stamane sono rientrati nelle abitazioni tutti gli abitanti della valle fatti sgomberare in fretta e furia per il timore che la diga naturale creata dalla frana potesse essere sfondata dall’acqua nel nuovo lago.
Spiega il capo dei vigili del fuoco di Milano, ormai in valtellina da due settimane: “In un primo momento si è temuto che l’invaso potesse sbriciolarsi.
La ricognizione con l’elicottero però ci ha fatto comprendere che il lago non potrà mai rimuovere il materiale venuto giù.
Si è formata una diga spessa due chilometri, impossibile per l’acqua insinuarsi.
Quando il lago sarà colmo, il fiume si scaverà un nuovo letto in superficie.
L’Adda ancora una volta, in sole due settimane, avrà un corso diverso”.

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Anche il pericolo di allagamenti, tanto temuti, verso Bormio, è scongiurato.
Il lago non può alzarsi oltre i 40 metri (poi scavalcherà la diga naturale formata dal terriccio) e diventare lungo più di 450 metri.
La frana è caduta a quota 1002, ha il suo massimo livello a quota 1075.
La frazioncina di Aquilone, spazzata via e distrutta dal pietrisco volato più lontano dal punto d’impatto, è già a quota 1095.

Un bel laghetto, agghiacciante l’ironia della sorte, lambirà Aquilone diventato cimitero.
Dice ancora l’Ingegner Corbo: “Abbiamo completato stamane i calcoli relativi alle dimensioni del niovo lago.
Potrà tenere fino a 15 milioni di metri cubi d’acqua.
Ed il fiume, se lo permettessimo potrebbe riempirlo in venti giorni rendendolo appunto profondo 40 – 45 metri e lungo mezzo chilometro.
Noi però abbiamo ordinato già ieri all’azienda elettrica di Milano di mettere in azione un suo collettore che parte appena un chilometro dopo Bormio.
Il collettore assorbe quasi tutta l’acqua che arriva dalle valli di Livigno e Santa Caterina Valfurva e la trasferisce al bacino idroelettrico della Val Grosina”.

MARCO VAGLIETTI

LA STAMPA 30 LUGLIO 1987

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La Valtellina ha cambiato volto.
“Non esiste più”, dice qualcuno.
La frana che ha spazzato via due paesi e sepolto ventotto persone ha tagliato in due la vallata, ora si torna a temere che la pioggia potrebbe causare nuove frane.
L’allarme resta, anche se gli esperti della protezione civile assicurano che “la situazione è sotto controllo”.
Il giorno successivo alla seconda catastrofe offre un quadro drammatico.
BORMIO il centro turistico resterà isolato dal resto d’italia per almeno due anni.
Da sondrio la via più breve per arrivare il paese è il passo della Forcola (2300 metri) che attraversa un tratto di territorio svizzero.
Il viaggio dura tre ore.
A Bormio sembra novembre.
Le strade sono deserte, i turisti pochissimi.
Dopo l’alluvione il sessanta per cento degli ospiti ha lasciato la località di villeggiatura.
E’ l’inverno a fare paura.
A Bormio non c’è neppure l’ospedale.
Il comune spera che lo stato lo riattivi subito.
Mancano anche le scuole.
C’è anche l’ipotesi di dichiarare Bormio zona franca.
LA SITUAZIONE: I soccorsi hanno interrotto le ricerche dei dispersi, i loro corpi non saranno recuperati perchè scavare è troppo pericoloso.
Il fango sarà anche la tomba dei sei bambini travolti mentre dormivano nella loro casa di Aquilone.
La diga naturale alzata dalla frana sull’Adda trattiene il fiume, ma c’è la paura di nuovi smottamenti: la montagna potrebbe cedere ancora.
I feriti, ricoverati nell’ospedale di Sondalo, raccontano i drammatici attimi della tragedia e accusano la protezione civile e gli amministratori comunali di Val di Sotto:
“Pensavamo di essere in una zona tranquilla, fuori del pericolo.
Perchè non ci hanno avvertiti?”

 

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BORMIO – Pare novembre, dicono in questo centro famoso per gli impianti di sci, le acque termali, la possibilità di escursioni dai 1200 ai 3000 metri, le manifestazioni estive, i congressi e le gare sportive.
Per strada non c’è nessuno, maree di tavolini deserti nei bar e nei ristoranti, penombra nelle halls degli alberghi, negozi vuoti, non una macchia di colore di gruppi di villeggianti su per sentieri che portano in alto.
Eppure questo era il periodo in cuo Bormio, dai suoi 4500 abitanti, passava regolarmente ad oltre 20,000 presenze.
E il peggio deve ancora venire: sarà questo inverno, quando la neve ci taglierà completamente fuori dal mondo”.
Da Sondrio, adesso la via più breve per arrivare a Bormio è il passo della Forcola (2300 metri), che attraversa un tratto di territorio svizzero: 130 chilometri il percorso totale, ma le condizioni della strada sono tali per cui il viaggio dura tre ore.
Da ieri, ufficialmente si si può giungere anche attraverso il passo del Gavia 2600 metri).
Per ripristinare completamente le comunicazioni fra Bormio, la valle e le città vicine, si calcola che occorreranno circa due anni.
Ora ci si muove, in pratica, soltanto con gli elicotteri di esercito, guardia di finanza, carabinieri, polizia, vigili del fuoco.
Centinaia di voli e di interventi, da lunedì a ieri.

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Due campi attrezzati di emergenza: a Piazza, frazione del comune di val di sotto, e vicino alla funivia di Bormio.
Nemmeno il campionato mondiale di basket juniores maschile, in corso in questi giorni, è valso a trattenere la gente.
Per le strade di Bormio, qualche signora infagottata in pullover di lagna grigia, raggiunge lentamente casa propria.
Commese sedute a bisbigliare di fronte ai negozi.
La macchina fotografica di un turista francese – unico ospite, spicca sulle tovaglie arancioni del ristorante sulla piazza centrale.
Dall’alluvione del 18 luglio ad oggi, almeno il 60 per cento dei turisti se ne sono andati.
E saranno non più del 10-15 per cento le prenotazioni confermate per agosto.
Duecento miliardi annui: è il bilancio del turisto in questa località.Salgono a mille, considerando l’intero mandamento, che comprende la Valfurva, la Val di Dentro e la Val di Sotto.
A Bormio, gli alberghi sono una cinquantina; molte decine gli appartamenti affittati ai villeggianti, per tutto l’anno o per un mese.
Un’economia interamente basata sul turismo.
Adesso, con sgomento, gli abitanti di Bormio si domandano: “E se i turisti non verranno più, che cosa faremo?” Alcune centinaia di lavoratori stagionali sono già stati licenziati. “I proprietari dei locali potranno consolarsi con i soldi guadagnati negli anni scorsi, i villeggianti decideranno di andare al mare invece che in Valtellina

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– dice un cuoco – ma noi certamente non potremo rimediare.
A fine luglio, un altro posto di lavoro non si trova più”.
Gli introiti derivanti dal turismo sono la causa principale anche dell’abbondono dell’agricoltura.
Sono per la maggioranza ex agricoltori, per esempio, i titolari degli appartamenti affittati ai villeggianti (fino a 1 milione e 600 mila lire per un monolocale, nel mese di agosto).
I nostri piccoli appezzamenti di terreno non li lavora più nessuno”, racconta un ragazzo, figlio di contadini.A
Anche sulle industrie della zona si apre un periodo di gravi incognite.
La “Levissima” occupa 350 persone.
Se non riesce a inviare sul mercato i suoi prodotti sarà costretta a chiedere la cassa integrazione.
I giovani vanno a lavorare in città, oppure in Svizzera.
E quest’inverno i pendolari come faranno?
E gli studenti? Tutto gli istituti professionali, ad esempio sono in località diverse da Bormio, e in pratica non raggiungibili.
Qui, oltre alle scuole dell’obbligo, ci sono un istituto per ragionieri, una scuola alberghiera, un istituto tecnico e un liceo privato.
Almeno un terzo della popolazione studentesca delle medie superiori – 1300 giovani – viene dalle località tagliate fuori dalle comunicazioni con Bormio, e a maggior ragione, isolate quando arriverà il freddo, che, nella zona, tocca punte di venti gradi sotto lo zero e la neve talvolta alta fino a due metri.
Solamente nella classe di mio figlio – dice una merciaia, madre di un allievo del liceo privato – abbiamo calcolato che gli studenti in meno saranno cinque.
Risultato, le tasse d’iscrizione – già oggi molto superiori al milione annuo – verranno ulteriolmente aumentate.
In paese ci si chiede, con sgomento, in quale modo poi si riuscirà, in inverno, a raggiungere gli uffici pubblici, che sono tutti a Sondrio. Da quelli delle imposte al tribunale.
“Qui abbiamo soltanto la posta e le banche”, spiegano desolati.
Non c’è nemmeno l’ospedale.
C’era, fino a pochi anni fa, ma veva tante stanze, era troppo grande per le esigenze di una piccola comunità, così è stato trasferito a Sondalo.
Soltanto una trentina di camere è rimasta agibile; niente sala operatoria, nè servizi specializzati.
La gente ha letto della promessa governativa di stanziare subito un miliardo per riattivarlo.
“Speriamo che sia vero”.
A Partire da ottobre, alle 16,30-17 a Bormio comincerà a far buio.
E cadranno le prime nevi, con la successiva chiusura dei passi del gavia e dello Stelvio.
La speranza è che rimanga almeno quello della Forcola; l’amministrazione provinciale ha già preso contatti, a tal fine, con il foverno cantonale elvetico.

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SONDRIO – Sotto la frana ci sono almeno sei bambini.
Li danno per dispersi e tutti li considerano morti.
Sei bambini, la più piccola Laura, di un anno, il più grande Flavio di 12 anni.
Dormivano a casa loro, in frazione Aquilone: Acqua, Fango e il colpo d’aria della montagna crollata li hanno fatti sparire.
Ma al posto di blocco dei carabinieri, quello che sbarra il passo prima della frazione, nessuno domanda di loro, nessuno li cerca.
Scavare è troppo rischioso, i lavori sono stati sospesi e la gente dice: “Il fango sarà la loro tomba”.
I bambini erano delle due famiglie Bonetti, e di quelle famiglie non esiste più traccia.
Sparite, giù nella frana, anche le loro due case.
“Dormivano tranquilli perchè ci avevano detto di stare tranquilli.
Aquilone non era in pericolo, dice all’ospedale di Sondalo Stefano Confortola, 20 anni, che sotto la frana ha madre e padre.
I racconti di chi si è salvato insistono su una frase: “Non sapevamo di essere in pericolo”.
Ugo Giacomelli, 40 anni, guida del soccorso alpino di Sant’Antonio Morignone, da domenica dorme a Bormio.
L’altra mattina stava per arrivare ad Aquilone: “Sabato, con uno degli operai dell’Anas, avevo visto che la montagna già spaccata, ma nessuno di noi poteva immaginare che la frana sarebbe arrivata fino ad Aquilone.
Aquilone è più in alto, almeno duecento metri sopra Sant’Antonio di Morignone”.
Sotto la frana ci sono gli zii di Giacomelli.
Anche loro, da qualche giorno, si erano trasferiti con le mogli all’Hotel Belvedere di Santa Maria di Bormio: evacuati.
Ma Attilio e Clemente, gli zii, tranquillizzati dalle disposizioni della protezione civile e del Comune di Valdisotto (“E’ confermata l’evacuazione degli abitanti delle frazioni Sant’Antonio Morignone, Morignone, Pos, e Tirindrè, fatta eccezione di Aquilone”.), lunedì pomeriggio erano tornati a Aquilone: “Dobbiamo dar da mangiare alle vacche e ai maial, martedì mattina rientriamo a Bormio…”.
Un altro racconto, disperato, è quello di Antonio Masocchi, pensionato agricolo, ricoverato all’ospedale di Sondalo.
A tutti, prima di parlare, domanda: “dov’è Pia?”.
Pia Giordani, la mogliem è sepolta e dispersa.
“Nemmeno io ero preoccupato – comincia Antonio Masocchi – .
Sì, qualche giorno prima ci avevano detto di stare attenti, ma erano i giorni dell’alluvione.
Io soffro di insonnia e quella mattina mi ero svegliato verso le sei.
Ero uscito in strada e avevo guardato le montagne.
Era una bella mattinata, limpida.
Sono stato lì un pò e poi me ne sono tornato a letto”.
“Saranno state le sette, le sette e mezzo – prosegue – ho visto i muri che cominciavano a muoversi.
Non ho pensato alla frana, ho pensato a un terremoto.
E’ stata una cosa tremenda, in pochi secondi la casa ha cominciato a traballare.
Da fuori sentivamo un boato, un rumore fortissimo.
Ho preso la moglie e siamo corsi fuori in pigiama e pantofole.
Siamo corsi su nel bosco, senza nemmeno guardarci indietro.
Ci è venuto dietro il nostro cane.
Poi ci ha preso la melma, ci ha sollevato, eravamo in un bagno di fango.
Mi hanno detto che mi ha salvato un carabinierie.
Di mia moglie non so più niente.
Sono senza famiglia, senza cane, senza casa.
Per me è finita.
Gli sfollati sono nei padiglioni 5 e 9 dell’ospedale di Sondalo.
Un’infermiera è di Aquilone, ha perso la casa e resta qui: “I miei sono tutti in salvo”.
In tutto, dopo la frana, sono 985.
Il telefono a gettoni è il capolinea di una coda di gente che chiama parenti, che vuol far sapere che è qui.
Biagio Zillani racconta che stava salendo in moto ad Aquilone, anche lui tranquillo e senza essere stato avvertito del pericolo: “Mi son sentito spinto in alto, come un’impeggnata.
Quando sono ricaduto a terra la moto nbon c’era più”.
Bruno Picagnoni stava salendo con la campagnola bianca:
Si è fermato appena in tempo.
Ad Aquilone, e poi nella zona di Sant’ANtonio cancellata dalla frana, anche l’altra mattina stavano andando in molti.
Nonostante l’ordine di evacuazione la gente di qui ha fatto la spola con le case allagate o pericolanti per recuperare vestiti, per ripulire il possibile.
“Penso a quelli che sono rimasti sotto – dice Stefano Confortola -, penso ai miei genitori, pensa ai bambini dei Bonetti.
Ma penso anche nessuno ci aveva avvertiti del pericolo, Perchè?”.
Perchè nessuno l’aveva previsto, anche se Aquilone è a poche centinaia di metri da Morignone.

GIOVANNI CERRUTI

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SONDALO SI E’ SPOPOLATA, BORMIO RAGGIUNGIBILE SOLO DALLA SVIZZERA
LA PAURA COME UN’OMBRA SULLA VALTELLINA
“E ADESSO CHE COSA CI TOCCHERA’ ANCORA?”

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SONDRIO – Psicosi.
Non c’è altro termine per definire timori e ansie che stanno dilangando in tutta l’Alta Valtellina, da Sondrio in su.
La gente dopo la caduta di mezza montagna, ed un’altra strage d’innocenti, ha paura di nuove frane, di nuove sciagure della natura.
L’ufficio dei geologi alla Prefettura di Sondrio, da ieri pomeriggio è praticamente chiuso.
I tecnici hanno preferito rinunciare alla loro sede.
Era diventata invivibile.
Il telefono ha suonato in continuazione per giorni, sommerso di chiamate ” per segnare frane su frane inesistenti ed invocare consigli sul come prevenire smottamenti.”.
Telefonava l’anziana signora con un pezzo d’orto sul pendio dietro casa (“ma è proprio sicuro che non venga giù anche quello?”), e l’impiegato che andando al lavoro notava “un masso sopra la strada dall’aspetto pericoloso”.
Da martedì sera ( la frana di Sant’Antonio Morignone è del mattino) all’ospedale di Bormio sono ricoverate due donne.
Hanno avuto una crisi cardiaca.
I familiari che le hanno accompagnate dai medici hanno spiegato: “Sono di colpo diventate ansiose, preoccupate di perdere la casa e venire spazzate via anche loro da un qualche cataclisma”.
Da ieri la Valtellina sta anticipando le vacanze.
Chi può parte con la famiglia, chi non può manda avanti almeno moglie e figli.
Grossi centri come Pirano e Sondalo si stanno piano piano spopolando.
Chiude il negozio persino qualche commerciante, cosa che in passato non sarebbe mai avvenuta in questa stagione.
Ma il turismo, quello di passaggio, quest’anno non c’è.
La strada per Bormio, il passo dello Stelvio (quello dello sci estivo), Livigno non esiste più.
Dunque non vale la pena di restare quando oltretutto il pericolo si fa di giorno in giorno più assillante.
Prima l’alluvione, adesso le frane e il nuovo lago formato dall’Adda.
Per comprendere quanta sia la psicosi che è dilagata in valtellina basti pensare, lo racconta il Geologo Maurizio Azzola, che è tornato di moda un vecchio proverbio rispolverato da una contadina che rientrata da un alpeggio con le sue mucche per paura dell’isolamento: “passano gli anni e i masi, ma la rovina torna ai suoi paesi”.
E la gente cita: “E’ vero, nel 1921 c’è già stato lo straripamento del mallero (Il torrente che attraversa Sondrio) che distrusse mezza città.
Anche nel 1882 ci furono enormi frane.
Ogni cinquant’anni ci tocca”.
E la Psicosi cresce in Valtellina.

STAMPASERA 30 LUGLIO 1987

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 VALTELLINA – ALLARME A MEZZOGIORNO, SGOMBERATO D’URGENZA TORRE SANTA MARIA, BLOCCATE LE STRADE
UN ALTRO PAESE MINACCIATO

 

SONDRIO – C’è la possibilità, concreta, di un’altra frana.
Questa notte è stata chiusa per cinque ore la strada della Valmalenco, importante valle laterale della Valtellina che si apre proprio all’altezza di Sondrio.
La frana minaccia di precipitare sull’abitato di Torre Santa Maria, dove un centinaio di persone delle case alla periferia del , erano già state gomberate la scorsa settimana.
La strada è stata riaperta stamane, quanto le “colate” di fango dovute al forte temporale di questa notte, hanno smesso di scendere , ma a mezzogiorno è giunto l’allarme del geologi alla Prefettura di Sondrio: “Occorre sgomberare d’urgenza tutta Torre Santa Maria e interrompere ancora il traffico per la Valmalenco.
La frana p molto peggiorata, può venir giù da un momento all’altro.
C’è anche la possibilità che arrivi al mallero, il torrente che dalla Valmalenco scende sino a Sondrio”.
Se la frana precipita ed ostruisce il mallero, il pericolo per Sondrio è davvero grave.
Nel corso d’acqua scende ancora adesso molta più acqua della norma.
Quasi 200 metri cubi al secondo, contro i soliti 30.
Durante l’alluvione dell’altra settimana il Mallero ha portato via un ponte ed un pezzo di strada appena dopo la ciTtà.
Non è straripato il Sondrio per miracolo, ma duemila persone del quartiere lungo le sue sponde sono state evacuate.
Una diga di detriti nel torrente potrebbe davvero significare la catastrofe: l’acqua crescerebbe sino a spazzar via lo sbarramento naturale.

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Esattamente come si temeva per la diga formata a Sant’Antonuio Morignone dalla disastrosa frana di martedì scorso.
Per fortuna ci si è accorti che a Sant’Antonio il muro di due chilometri che ha tagliato la valtellina è troppo spesso per essere frantumato da qualunque lago si formi alle sue spalle.

Stamane, in una conferenza stampa improvvisata, nella sala operativa della Protezione civile presso la Prefettura di Sondrio, è stato annunciato che nei prossimi mesi si tenterà comunque di svuotare l’invaso artificiale creatosi a Sant’Antonio Morignone.
Per farlo sarà necessario scavare un tunnel nella sponda destra della vallata: un’operazione che, se va bene, sarà terminata non prima della prossima primavera.
Lo svuotamento del lego potrebbe forse permettere, tra un anno, quando il terreno franato si sarà consolidato, la costruzione di una strada per Bormio, abbandonado il progetto della galleria stradale lunga sei chilometri e che richiede due anni di lavoro.

MARCO VAGLIETTI

LA STAMPA 31 LUGLIO 1987

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IL TORRENTE MALLERO MINACCIA SONDRIO, PREDISPOSTO IL PIANO DI SGOMBERO
IN 22 MILA PRONTI ALLA FUGA
MOLTI SE NE SONO GIA ANDATI
IL PERICOLO E’ COSTITUITO DA UNA FRANA DI TRE MILIONI DI METRI CUBI
CHE POTREBBE PROVOCARE UNA NUOVA ALLUVIONE

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L’INCUBO NASCE IN VALMALENCO
SONDRIO –
Il Mallero torna a far tremare Sondrio.
Era già accaduto la sera del 18 luglio, quandot recendo famiglie dovettero abbandonare le loco case, sollecitate dai megafoni dei
vigili del fuoco, e trovare rifugio in albergo o dai parenti, ma comunque lontano dalla furia del torrente che scende dalla Valmalenco.

(per ingrandire l’immagine e agevolare la lettura, bisogna cliccarci sopra col tastro sinistro del Mouse).

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LA STAMPA SERA 31 LUGLIO 1987

 

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LA FRANA SI E’ MOSSA
ANGOSCIA A SONDRIO: RICOMINCERA’ A SCENDERE?
MA E’ STATA FERMATA DA UNO SPERONE
SONDRIO –
Notte da incubo per la frana che continua a muoversi sul monte della Valtellina.
Solo uno zoccolo di terra la trattiene.
L’allarme non è diminuito nella zona e resta una grande paura: gli sfollati sono saliti a quasi quattromila dopo l’evacuazione dei centri di
Chiappanico e Torre Santa Maria.
Sono questi i due comuni maggiormente minacciati dallo smottamento.
Da stamane i geologi hanno consentito la ripresa del traffico a senso unico alternato da e verso la Val Malenco, dove vivono 5 mila persone.

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Sondrio – La notte è trascorsa, e la frana che da ieri mattina minaccia sia la Valmalenco che i 22 abitanti di Sondrio non è caduta.

(per ingrandire, cliccare sull’immagine )

 

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LA STAMPA  1 AGOSTO 1987

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DANNI ANCHE PER IL PATRIMONIO ARTISTICO

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A SANT’ANTONIO MORIGNONE
NESSUNO SA COME FERMARE LA FRANA
I GEOLOGI ASPETTANO CHE LA MASSA DI TERRA SI ASSESTI
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LA STAMPA SERA DELL’ 1 AGOSTO 1987

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UNA TREGUA DEL MALTEMPO.
IN VALTELLINA GASPARI, CARRARO E DE ROSE
IL SOLE PORTA SPERANZA A SONDRIO
LE IDROVORE STANNO POMPANDO ACQUA DAL NUOVO LAGO

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SONDRIO – Uno splendido sole, caldissimo, ha fatto allentare la tensione a Sondrio e in tutta la Valtellina, anche se i tecnici, i geologi in particolare, non hanno abbassato la guardia.
Le maggiori preoccupazioni vengono dallo stato delle frane che incombono, a monte del capoluogo, sul torrente Mallero.
Eventuali forti precipitazioni potrebbero causarne la caduta con consegueze assai pesanti per la città.

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LA STAMPA 2 AGOSTO 1987

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LA STAMPASERA 3 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 4 AGOSTO 1987

 

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LA STAMPASERA DEL 4 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 5 AGOSTO 1987

 

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STAMPA SERA 5 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 6 AGOSTO 1987

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STAMPA SERA 6 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 7 AGOSTO 1987

 

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LA STAMPA 8 AGOSTO 1987

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LA STAMPA  9 AGOSTO 1987 

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STAMPASERA 10 AGOSTO 1987

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STAMPASERA 11 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 14 AGOSTO 1987

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STAMPASERA 14 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 15 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 17 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 19 AGOSTO 1987

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STAMPA SERA DEL 19 AGOSTO 1987
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STAMPASERA DEL 24 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 25 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 26 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 27 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 28 AGOSTO 1987

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STAMPA SERA 28 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 29 AGOSTO 1987


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LA STAMPA 30 AGOSTO 1987

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LA STAMPA 1 SETTEMBRE 1987

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STAMPA SERA 1 SETTEMBRE 1987

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LA STAMPA 2 SETTEMBRE 1987

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LA STAMPA 3 SETTEMBRE 1987

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STAMPASERA 3 SETTEMBRE 1987

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LA STAMPA 4 SETTEMBRE 1987

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LA STAMPA 5 SETTEMBRE 1987

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STAMPASERA 5 SETTEMBRE 1987

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LA STAMPA 6 SETTEMBRE 1987

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STAMPASERA 7 SETTEMBRE 1987

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LA STAMPA 8 SETTEMBRE 1987

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TUTTOSCIENZE 9 SETTEMBRE 1987

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STAMPASERA 12 SETTEMBRE 1987

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STAMPA SERA 21 SETTEMBRE 1987


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LA STAMPA 22 SETTEMBRE 1987

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STAMPASERA 28 SETTEMBRE 1987

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LA STAMPA 29 SETTEMBRE 1987

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LA STAMPA 3 OTTOBRE 1987

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LA STAMPA 12 OTTOBRE 1987


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LA STAMPA 13 OTTOBRE 1987

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LA STAMPA 29 OTTOBRE 1987

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LA STAMPA 3 NOVEMBRE 1987


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LA STAMPA 7 NOVEMBRE 1987


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STAMPASERA 9 NOVEMBRE 1987

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STAMPASERA 13 NOVEMBRE 1987

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LA STAMPA 7 DICEMBRE 1987

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LA STAMPA 9 DICEMBRE 1987

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STAMPA SERA 16 DICEMBRE 1987


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LA STAMPA 17 DICEMBRE 1987

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 STAMPASERA 21 DICEMBRE 1987

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LA STAMPA 23 DICEMBRE 1987


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LA STAMPA 30 DICEMBRE 1987


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 Alcune Testimonianze Reperite su Internet:
http://archiviointornotirano.blogspot.it/2011/08/la-grande-evacuazione-la-grande-paura.html

LA GRANDE EVACUAZIONE: LA GRANDE PAURA

25 agosto 1987 – Quel lago e quello sbarramento? Cosa ne sarebbe stato della nostra valle in caso di cedimento? (Di Ivan Bormolini)
La frana e il lago di Val Pola destavano grosse preoccupazioni, lo sbarramento di quaranta milioni di detriti, terra, alberi, fango avrebbe retto le grandi quantità d’acqua che si accumulavano in quell’invaso?
Era questa la domanda più frequente che la gente preoccupata si faceva!Ad ogni edizione dei tg o dei radio giornali si era lì all’ascolto, si osservavano o si immaginavano le ferite di quel terribile monte e di quel lago che si riempiva, c’era chi temeva il peggio e chi era più ottimista ma il sentimento di paura era vivo soprattutto quando vennero annunciate nuove abbondanti piogge.
Fu così, che visto l’evolversi negativo della situazione, il Prefetto di Sondrio decise di dar vita ad una colossale evacuazione, l’imponente macchina organizzativa si mise in moto nei giorni 25 e 26 agosto, vennero fatte allontanare dalle proprie abitazioni ben 20.000 persone, diciotto i comuni interessati dal provvedimento ed alla fine dei due giorni gli evacuati aumentarono ancora, la valle era deserta, nessuno poteva tornare nelle proprie case fino a nuovo ordine.
L’EVACUAZIONE A TIRANO: in riferimento a quelle ore concitate il piano di evacuazione a Tirano ebbe inizio con un’ordinanza datata 25 agosto 1987 denominata “ Evacuazione zone a rischio in comune di Tirano” che così recitava:Il Sindaco:
visto il telegramma in data odierna del Prefetto di Sondrio con il quale si conferma la necessità che vengano evacuate quelle località della città di Tirano situate ad un altezza inferiore ai dieci metri sull’alveo del fiume Adda; visto l’unito elenco predisposto dall’ufficio tecnico comunale , contenente le zone a rischio da evacuare; visto l’art. 153 del T.U.L.C.P. 4-2 1915, N 148; Ordina l’immediata evacuazione dei fabbricati situati lungo le vie e le piazze riportate nell’unito elenco.
La presente ordinanza verrà resa nota la pubblico mediante affissione all’albo pretorio e comunicazione da parte della forza pubblica.
E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare.
Dalla residenza municipale, li 25 agosto 1987.

Per il Sindaco -Federico Oberti
L’elenco che era allegato alla storica ordinanza comprendeva la maggior parte delle vie e delle piazze cittadine, in quelle ore Tirano si svuotava, ma il 27 agosto, con una seconda ordinanza, il limite di evacuazione venne portato a venticinque metri sull’alveo del fiume Adda, per cui altri abitanti dovettero lasciare le proprie case, in partica solo gli abitanti che potevano rimanere nelle loro abitazioni furono quelli della parte alta di via Trivigno e Santa Maria, la via Dosso con il tratto finale di via Dei Castelli, il Campone, una parte di via Andres e la zona di San Rocco.
In poche ore coloro che potevano recarsi nelle frazioni o nelle case di montagna oppure in zone sicure ospiti di parenti ed amici lasciarono Tirano, coloro che non ebbero questa possibilità vennero ospitati nelle strutture alberghiere dell’Aprica in quei giorni ribattezzata “La Tirano 2”
NELLA TABELLA SEGUENTE VENGONO RIPORTATE LE LOCALITA’ CHE ACCOLSERO I TIRANESI DURANTE L’EVACIAZIONE DELL’87:COLOGNA 320, BARUFFINI 280, RONCAIOLA 172, PIANI CABRELLA,CASTAMOSCIA FASOLIN 229, PISCINA 157, CANALI FORTE 83, CANALI ( Scala, Gobetti) 88, CANALI BASSE 190, PRA’ ALESSI, POMO 35, PRA PIANO 38, PRA FONTANA 18, PRA BARUZ 35, PARA ZARE’ 37, PRA CAMPO 19, SASSO DEL GALLO 15, SANTA PERPETUA 20.
( FONTE: “Il Tiranese” settimanale di domenica 20 settembre 1987)
Abbandonare la propria città, lasciare le proprie case con il pensiero sempre a quel lago e a quella frana, che ne sarebbe stato della nostra bella città? Sensazioni, emozioni, paure legittime che non trovano altre parole se non quelle che scrisse in quell’occasione lo storico giornalista tiranese Giancarlo Berandi:
Ci dava, il percorrere piazza Cavour vuota un senso di smarrimento, quasi di vertigine, dando un’ultima occhiata a tutto ciò che da sempre ci sembrava famigliare, con il pensiero angoscioso, che forse, tutto quanto ancora vedevamo potesse essere distrutto dalla furia devastante delle acque.
Era un’angoscia che si acuiva man mano che salivamo verso la strada di Roncaiola e, spesso, lo sguardo indugiava alla ricerca della nostra casa, della nostra chiesa, del nostro cimitero dove riposavano i nostri cari.
Ero un distacco che ti lacerava, ti segnava, quasi ti stordiva per quel senso irreale che portava in se.
Sembrava un sogno, un incubo, mentre invece era tutto vero; tremendamente vero”.Giancarlo Berandi

DUE GROSSI CENTRI DA EVACUARE: L’OSPEDALE E LA CASA DI RIPOSO:

Ovviamente non si potevano lasciare al loro posto i malati dell’ospedale di Tirano e gli anziani della Casa di riposo cittadina, tutta la città doveva essere evacuata e certamente portare in altre strutture malati e anziani in un ridotto limite di tempo non si rivelò cosa facile.
Pioveva a dirotto in quella sera del 25 agosto, alle 20.30 arrivò l’ordine di evacuazione, le due ambulanze a disposizione della struttura non erano certo sufficienti per trasportare i circa duecento pazienti ricoverati, giunsero da altre destinazioni ed in numero considerevole molte altre ambulanze.
Erano momenti concitati e frenetici, alla giuda dell’operazione vi era Carlo Della Vedova, allora responsabile della struttura ospedaliera cittadina e il Professor Anatolio Casagrande, primario di chirurgia.
Tutto il personale medico ed infermieristico si mise a completa disposizione, il Professor Casagrande valutò uno ad uno tutti i casi, i malati che necessitavano di una continuazione del periodo di ricovero e assistenza in ospedale vennero trasferiti a Sondrio e vennero curati dal personale dell’ospedale del capoluogo, altri pazienti, in condizioni migliori, furono ospitati in un albergo dell’Aprica e affidati alle cure del personale medico ed infermieristico che si impegnò in questa impegnativa e duratura trasferta.
In poche ore anche l’ospedale di Tirano era vuoto, un grande attento e premuroso lavoro svolto in condizioni non facili.
Per quanto concerne la Casa di riposo occorreva trasferire all’Aprica gli ottanta ospiti e le reverende suore, a dare viva testimonianza di quei momenti sono le “Cronache” una sorta di diario che le Suore Salesiane hanno da sempre e premurosamente compilato sin dagli inizi del loro mandato a Tirano che risale all’anno 1897.
All’una circa una telefonata: sono le autorità civili che ordinano di evacuare anche noi con tutti i pensionati. Le scene di questo risveglio notturno con quello che segue si possono immaginare.
Sul viale sono a disposizione autoambulanze venute da Varese, Mantova e Brescia nelle quali prendono posto i nostri anziani seminfermi….Le dodici suore vengono trasportate in pullman.
Tutti siamo ospitati insieme all’Aprica m 1200, all’hotel S. Marco. Ad accoglierci ci sono i numerosi volontari della Croce Rossa, le forze dell’ordine, il personale medico e infermieristico. C’è agitazione, paura, angoscia………
FONTE: Cento anni di vita a Tirano di Carla Soltoggio Moretta.

TESTIMONIANZE DIRETTE DALL’APRICA:

ELENA S.
Se ben ricordo l’86 fu il primo anno di nostra permanenza in Aprica e l’estate successiva il giorno dell’alluvione in val Pola eravamo saliti in auto , ignari di quanto sarebbe a breve accaduto, al crotto grillo per berci lo zabaione e già piovigginava un pochino…il tempo di arrivarci e scoprire che già erano rimasti senza corrente elettrica e quindi ridiscendere verso Aprica e si erano già formate delle vere e proprie cascate d’acqua causate dalla pioggia che intanto era notevolmente aumentata che scendendo dai prati a monte verso valle impedivano quasi di vedere la stradina sterrata che collegava ai tempi crotto grillo alla via principate (quella che saliva verso Trivigno) che era diventata un vero e proprio fiume d’acqua marrone… Ricordo anche alcuni abitanti delle villette a valle che già stavano scavano per incanalare l’acqua allo scopo di tenerla lontana da casa loro. Arrivati al residence c’era Franco Plona che già stava mettendo delle traversine per evitare che il fiume d’acqua che percorreva via Europa allagasse i boxes. Il giorno seguente abbiamo saputo della frana in val Pola con tutti i poveri morti. Nei giorni seguenti hanno iniziato ad arrivare nel prato dietro al residence gli elicotteri con gli sfollati. Ne ricordo uno pieno di bimbetti ai quali avevo portato acqua minerale e biscotti (quello che avevo al momento in casa) .Mamma mia che mi sono ricordata ! Nei giorni seguenti c’erano auto con megafono che giravano avvisando la popolazione in Aprica di non usare l’acqua potabile dei rubinetti in quanto inquinata (pare fosse stato trovato il corpo di un cervo già in decomposizione nel laghetto sopra al palabione laghetto che forniva acqua al paese – ai tempi noi turisti/milanesi eravamo spesso vittime di scherzi fatti ai turisti da qualche burlone aprichese del quale non faccio il nome..ma questo del cervo non credo proprio lo fosse stato ) .In due-tre giorni l’acqua minerale era diventata praticamente introvabile in paese. (quindi può darsi che una strada d’accesso fosse davvero inagibile altrimenti i rifornimenti sarebbero dovuti arrivare regolarmente). Niente frutte né verdura naturalmente. Un paio di famiglie che al residence abitavano al piano terra, terrorizzate che la montagnetta davanti (dove c’era il percorso vita) potesse franare uccidendoli se ne erano scappate a casa interrompendo le ferie. E’ stato un anno davvero da dimenticare.Se quanto raccontato possa tornar utile a qualcuno ben contenta di averlo fatto. Ricordo anche che in molto sfollati erano andati a far compere da Bozzi (negozio decisamente di alto livello) utilizzando i buoni spesa dati loro per l’acquisto di beni di prima necessità/abbigliamento (pioveva e faceva anche freddino…) e questi si erano comperati dei capi molto costosi quali montoni e quant’altro…cosa che fece parecchio scalpore. (sempre che anche questa non sia una leggenda metropolitana dei tempi).

RICCARDO B.
Se non sbaglio (ma avevo 7 anni…), per qualche giorno non fu possibile neppure scendere da Edolo perchè in valcamonica l’Oglio era esondato. Ricordo che mio padre non poteva venirci a prendere. Il tutto nei dieci giorni, prima della Val Pola e di quanto poi conseguente, con gli sfollati per la tracimazione volontaria del lago etc etc

RICCARDO B.
Permettetemi poi di ricordare le famose parole di Indro Montanelli, a chiusura di un Suo editoriale uscito il 24 luglio 1987, ovviamente sul Giornale: “Stanziamo i soldi, ma diamoli ai valtellinesi. Sono gli unici che sanno come spenderli per le loro valli e che forniscono garanzia di non rubarli. E’ gente che merita, come a suo tempo la meritarono i friulani, la nostra fiducia. Il coraggio, la compostezza, la misura, la dignità con cui hanno saputo reagire alla catastrofe, sono, o dovrebbero essere, un esempio per tutti. Ieri, davanti allo spettacolo che la televisione ancora una volta ci proponeva di quei costoni mangiati dalla frana, di quegli squarci aperti dai torrenti impazziti nella carne viva della terra, di quei desolati sudari di fango, mi è venuto fatto di pensare quanto ci piacerebbe sentirci italiani se l’Italia fosse, anche sommersa, tutta Valtellina”.

ALBERTO S.
In realtà la SS39 era diventata una strada d’accesso per la Valtellina nell’immediato post alluvione. Mi ricordo il passaggio di convogli del pompieri con roulottes per gli sfollati e mezzi anfibi. Ed in seguito il traffico pesante. Tutto questo mentre la radio comunicava che la SS39 (dell’Áprica, mai che lo pronunciassero giusto) era chiusa al traffico. La strada però rimase veramente chiusa proprio nei giorni in cui iniziò l’alluvione: tornando a mezzogiorno in treno da Milano avevo notato l’Adda che sfiorava gli argini. Mi impressionò molto attraversare con il pulmann il ponte di Tresenda con l’acqua quasi a filo della strada. Una volta giunti in Aprica il comm.Tevini comunicò all’autista del pullman che non poteva tornare a Sondrio perchè la prefettura aveva chiuso la strada. La strada rimase chiusa anche tempo dopo, quando in occasione della tracimazione dell’invaso della val Pola, dopo che gli sfollati erano stati portati in Aprica, non si poteva scendere a valle. All’altezza del cimitero dell’Aprica bassa c’era addirittura il filo spinato con carabinieri e esercito. Mi ricordo che sul finire di quell’estate c’era molto panico tra i turisti per quello che poteva succedere per la tracimazione (si ipotizzava che l’acqua avrebbe distrutto la valle sino a Bianzone-Tresenda) e che invece per il mese di agosto erano stati dati incentivi (per i trasporti e gli impianti) per chi fosse venuto in Valtellina. Eccoti la tessera dell’ospite distribuita per l’occasione.

305

Testimonianza da Tartano:
LUIGI Sulla Valtellina,si è formata una piccola Bassa Pressione,piccola ma potente,alimentata da forti correnti sciroccale,che neanche la barriere Orobica riusciva bloccare.
Lo 0°c.termico era oltre i 4000-4300mt.per questo è venuta giù così tan’acqua.
Le montagne erano ancora belle piene di neve alle quote superiri ai 3000mt,e nelle vallate come la mia resistevano residui di neve causati dalle valanghe di primavera anche sotto i 1500mt-
Ha voluto il caso che le dighe strapiene,si svutavano quasi conteporaniamente.
I temporali si susseguivano violenti uno dopo l’altro.per tre gg. di fila.
Il terzo giorno vedevi proprio i penddi trasformati in un colabrodo.
Acqua dappertutto.
Il quel giorno come se fosse stato oggi,era di sabato,come al solito ero sceso a fare la spesa.
Tra un negozio e l’altro s’incominciava a sentire notizie di grossi smottamenti frane e primi morti in varie loclità come la mia.
Mia moglie allarmata,con mia sorella,abbiamo deciso di tornare subito indietro.
per farla breve,passando sul nuovissimo ponte sopra il trtano che scendeva minaccioso,abbiamo visto il vecchio ponte della statale sottostante bricciolarsi sotto i nostri occhi.
Impauriti,abbiamo ripreso la marcia verso casa.
Inizialmente dalla strada principale,siamo stati bloccati dalle forze dell’ordine,perchè strada inagibile.
Allora,ho preso una strada secondaria di mia conoscenza,ma giunto alla prima salita della mia strada per Tartano,ci veniva incontro un onda d’acqua provocata dallo straripamento del Tartano.
Subito inversione di marcia e tornati indietro verso Morbegno inizialmente inseguiti dall’acqua.
Poi siamo rimasto a questo punto isolati tra talamona e Morbegno perchè ormai tutta la sede stradale tra queste due località,sommerse da due metri d’acqua per lo straripamento dell’Adda.
All’indomani io e mia moglie da Talamona fino a cas nostra piedi sotto gli ultimi resdui temporali,con l’acqua che scendeva come un toeente in piena dalla sede sradale della mia provinciale di Tartano.
Nel pomeriggio ci siamo recato alla Gran Baita di tartno,è abbiamo visto l’apocalisse.
Un condominio sventrato dalla frana,con le macerie che hanno raggiunto il sottostante alberfo distruggento la sal da tee dove c’erano i turisti.tutti morti allineati lungo il posteggio dell’albergo.
Frane in ogni angolo della ontagna e notizie di pastori morti colpiti dai fulmini o precipitati nei sottstanti burroni magari per cercare di salvare i or animali.
Esperienza che non auguro a nessuno.
Questo e solo uno dei episodi,ne avrei altri da raccontare ma sarebbe troppo unga la storia.
Ciao.luigi

LUIGI – Commento + Foto (Forum Meteonetwork)

Ecco come promesso ho postato le foto fatte da me dopo l’alluvione.
Le prime riguardano la bassa valle,tra Talamona e Morbegno,prima panoramica e poi a seguire le stesse con zummate.
Poi la zona da Ardenno e Berbenno,stesso procedimento.
L’albergo della Gran Baita distrutto parzialmente nell’ala sinistra dello stabile,dove c’era il locale fatto in prevalenza da vetri,dove c’erano i turisti a giocare a carte o a bere un the caldo,travolto dalla massa d’acqua e macerie del condominio soprastante,provocando i numerosi morti.
Poi il condominio sventrato appunto,dall’acqua accumulata dietro allo stabile.
Poi la zona della Val Pola,con una casa ormai pericolante,che degli operai hanno fatto crollare perchè le fondamenta sono state mangiate dalla furia del fiume.
E per ultimo la formazione del nuovo lago,dopo la grande frana del Monte Coppetto,ed una sempre della Val Tartano fraz. Biorca dove si vede uno smottamento che all’ultimo ha risparmiato una casa,causando solo danno materiali
Per quanto riguarda il nuovo laghetto Alpino, gli esperti non sapevano a questo punto se lasciarlo o prosciugarlo.
Dopo mesi con nuove tecnologie edilizie hanno deciso di svuotarlo perchè pericoloso,per le abitazioni sottostanti come Sondalo.
Queste sono solo alcune delle mie foto.
Le altre le ho nelle diapositive ma,un pò complicato per copiarle sul pc.,perchè debbo comprare uno strumento speciale.
Ovviamente se le volete vedere più in grande basta cliccargli sopra.
Ciao.Luigi

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Fonti:
Quotidiano La Stampa
Quotidiano Repubblica
Quotidiano l’unità
www.centrometeolombardo.com

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Meteo Sincero

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