Editoriali — 27 Settembre 2014

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Per prima cosa vorrei specificare che quanto leggerete non è una previsione stagionale e nemmeno un probabile scenario per il prossimo inverno. Si tratta piuttosto di una prima analisi sull’avvio della circolazione a scala sinottica facente capo al vortice polare. Qualcuno potrebbe allora interrogarsi sul significato di questo articolo. Ebbene qui riporterò delle riflessioni circa lo stato di sviluppo del vortice polare stratosferico (VPS) che al momento è allo stato embrionale. Se è vero quanto sopra scritto è altrettanto vero che guardare alle caratteristiche che il VPS va assumendo, indica indirettamente quali forcing troposferici lo stanno disturbando nella sua costruzione. Se in verità questo sguardo non ci fornisce certezze sull’evoluzione futura ci aiuta però a capire quali saranno i punti di forza o di debolezza che lo contraddistingueranno nei prossimi mesi, se si manterranno le stesse forzanti. Quindi questo “sguardo” sarà la base per costruire l’outlook vero e proprio che verosimilmente cominceremo ad emettere a seguito dell’analisi dei dati provenienti dalle elaborazioni dell’indice IZE (Indice di Zonalità Emisferico che abbiamo già utilizzato nella passata stagione invernale – Vedi in fondo al post) a partire dal prossimo ottobre.

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Come prima cosa diamo uno sguardo al VPS nella sua media altezza e precisamente alla quota isobarica di 10hPa. Le immagini 1 e 1a ci mostrano un approfondimento del VPS con asse tra l’Alaska e l’estremo lembo nord-orientale dell’Europa coinvolgendo anche la Siberia settentrionale nella sua porzione più occidentale. Tale posizione è incentivata dalla presenza di due onde positive, una in Atlantico e l’altra tra la Siberia orientale e le coste del Pacifico. Scendendo di quota nella medio-bassa stratosfera, a 30hPa, la struttura si fa ancora più evidente con l’onda atlantica e pacifica a costringere il vortice tra il Canada e la Siberia centrale, vedi immagini 2 e 2a. Tale struttura ellittica si manifesta anche alle quote più basse sui 100hPa, vedi figure 3 e 3a. Non a caso nelle stesse aree sopracitate si registrano le prime nevicate della stagione che in taluni casi presentano caratteristiche di eccezionalità per il periodo.
Tale struttura del vortice è andata palesandosi fin dai suoi primi vagiti, consolidandosi. Le carte previste confermano, nei suoi caratteri sostanziali, tale struttura anche nei prossimi 10 giorni. A questo punto andiamo a scoprire le forzanti troposferiche che stanno condizionando questa prima fase di costruzione del vortice polare.

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Per prima cosa dobbiamo puntare la nostra attenzione sulla fascia equatoriale e segnatamente quella pacifica. Il più grosso contributo di calore proviene da questa zona. Qui temperatura e vapore sono una delle spine dorsali della “trasmissione” della macchina termica terrestre, ricordo che il motore è il Sole.

L’animazione in figura 4, relativa alla quota isobarica di 500 hPa, ci aiuta a capire meglio come si sia modificata la circolazione nel corso dell’ultimo mese. E’ evidente la rotazione dell’asse del vortice che dopo avere dislocato per l’intera stagione estiva il proprio asse tra il mare di Bering e l’Europa centro-occidentale è ora ruotato disponendo il suo asse secondo quanto sopra descritto.

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Cosa ha determinato tale improvviso e repentino stravolgimento?

Per prima cosa lo stesso sviluppo del vortice. Infatti, con il degradare della stagione e il graduale raffreddamento radiativo della stratosfera inizia ad invertirsi nuovamente il gradiente termico tra la fascia equatoriale e quella polare con un raffreddamento di quest’ultima che favorisce il normale approfondimento del vortice e la generale ripresa della circolazione occidentale. Come però accennato, gli impulsi troposferici trasferiscono alla nascente struttura del vortice delle forzanti che imprimono una precisa tipologia di circolazione. Se guardiamo alle figure 5 e 5a, che si riferiscono alla OLR ovvero Outgoing Longwave Radiation, notiamo lo spostamento dell’attività convettiva equatoriale a partire dalla terza decade di agosto dall’Oceano Indiano fino a raggiungere nella prima decade di settembre la zona indonesiana, con progressiva intensificazione.

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L’effetto provocato è stato un aumento del geopotenziale al limiti della tropopausa a 200hPa la cui onda è parallelamente migrata dalla zona asiatica orientale fino al Pacifico settentrionale, dove al momento staziona. Gli effetti sia in troposfera che in stratosfera sono quelli descritti all’inizio di questo articolo. Detto ciò la domanda successiva che si pone è la seguente: lo spostamento dell’onda convettiva è transitoria o fa capo a sua volta a delle forzanti di lungo periodo?

Rispondere a questa domanda con sufficiente sicurezza è piuttosto difficile, tuttavia ci proverò. L’onda convettiva equatoriale fa capo alla circolazione definita come MJO (Madden Julian Oscillation). La sua intensità, ampiezza e persistenza in uno specifico quadrante dipendono da vari fattori; tra i principali annoveriamo i flussi di calore oceano-atmosfera e la circolazione stratosferica tropicale, ovvero la QBO. Prima però di addentrarci in altre argomentazioni ritengo utile, per i lettori meno avvezzi a determinati concetti, rispolverare qualche nozione di meteorologia classica.

I regimi depressionari che si sviluppano tra le fasce tropicali sono definiti di tipo caldo. Questi sono caratterizzati da aria più calda nella parte centrale rispetto alle zone periferiche così che la circolazione ciclonica si indebolisce con la quota fino ad annullarsi. Salendo ulteriormente cambia segno. L’altezza media del cambio di segno si colloca alla quota isobarica di 600hPa al di sopra della quale tende ad imporsi una circolazione anticiclonica. Altrettanto importante, ai fini dell’economia dell’intensità dell’attività dei moti ascensionali, è la vorticità di una massa d’aria. Questa aumenta anche all’aumentare del gradiente di velocità del flusso in direzione perpendicolare al moto.

Detto questo possiamo tornare all’analisi dei dati. Guardando alla figura 5 si nota nel periodo compreso tra il 19 e il 23 agosto scorso una discreta attività convettiva sull’Oceano Indiano descritta dai valori negativi dell’anomalia dell’OLR proprio in quell’area. Tale attività è stata corroborata da un’intensificazione del flusso zonale alla quota isobarica di 200hPa avvenuto tra i 25°N e i 35°N, imprimendo a quella quota isobarica una vorticità negativa alla destra del flusso principale con un chiaro aumento del geopotenziale. Tale struttura ha innescato una divergenza nell’alta tropesfera “risucchiando” aria dal basso e incrementando l’attività convettiva. Tale dinamica è gradualmente migrata verso est e leggermente verso nord intensificandosi e facendo traslare l’area di forte gradiente di velocità zonale, con relativa intensificazione dell’attività convettiva, nell’area del Mar delle Filippine. Questa è una zona atmosfericamente “calda” per definizione. Da qui possono arrivare quei seri disturbi al vortice polare stratosferico che innescano, nella stagione invernale, la formazione di potenti anticicloni appartenenti alla cosiddetta Wave 1 e sono in grado di delocalizzarlo o addirittura scinderlo se adeguatamente supportato dall’azione della Wave 2. A questo punto è importante la funzione della QBO relativamente al suo segno e all’intensità (vedi figura 9).

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La QBO in fase negativa, con particolare riferimento ai piani tra 50 e 30hPa, facilita la formazione di vorticità negativa lungo la linea immaginaria di discontinuità di direzione di flusso zonale sempre a causa del notevole gradiente del vento nella direzione perpendicolare al moto, imprimendo una rotazione oraria con aumento del geopotenziale e amplificando gli effetti descritti precedentemente dell’attività convettiva troposferica, il tutto a carico della struttura del VPS proprio nella zona del Pacifico settentrionale.

In tutto questo complesso gioco di sponda la variabile ENSO ha la funzione sia di innesco che di amplificazione. In relazione al suo segno e alla sua ampiezza e localizzazione tende ad accumulare energia da spendersi attraverso il meccanismo sopra descritto. Il massimo di efficacia si ottiene con una configurazione ENSO debolmente positiva, la cui positività è principalmente relegata nella posizione classificata come Nino3.4 o addirittura Nino4. La zona Nino1+2 deve mantenersi nella neutralità. La figura 6 ci aiuta a comprendere cosa è accaduto alle temperaute nella sezione verticale della zona tropicale del Pacifico nel corso degli ultimi tre mesi, dal 14 giugno scorso al recente 14 settembre. Il riscaldamento delle acque che ha interessato maggiormente la zona Nino1+2 e Nino3 nel mese di giugno è stato gradualmente riassorbito fino a portare le anomalie ad una sostanziale neutralità in zona Nino1+2 e una lieve positività nelle zone Nino3 e Nino4 modificando radicalmente lo scenario. Le prospettive per l’area Nino1+2 e Nino3.4 come previsto dal modello stagionale CFS nella versione 2 sono visibili rispettivamente nelle figure 7 e 8. Per la prima è attesa una sostanziale neutralità o debolissima positività mentre la zona Nino3.4 è attesa debolmente positiva.

Lo scenario sopra descritto, QBO negativa e trasferimento potenziale di calore oceano-atmosfera in zona Nino3.4, pone le basi per un vortice polare stratosferico disturbato con possibili intensi inneschi derivati da una MJO in fase 4 e soprattutto 5. Come detto il Sole è il protagonista principale della messa in scena climatica del pianeta e se quanto sopra descritto lo associamo ad una attività solare piuttosto modesta, probabilmente destinata a calare gradualmente, le prospettive per un vortice polare assai disturbato diventano molto probabili.

In conclusione questa lunga riflessione mi induce a ritenere che quanto sta accadendo non sia solo frutto del caos ma che possa invece rappresentare un cambio di pattern ben preciso imposto sia dal passaggio stagionale, con il rafforzamento graduale della struttura del vortice polare, che dai forcing oceano-troposferici associati alla debole attività solare. Il mese di ottobre, con il calcolo dell’Indice di Zonalità Emisferico, ci aiuterà a dare più o meno concretezza e consistenza a questa prima analisi.

Breve cenno sull’indice IZE

Questo indice è frutto di una lunga ricerca che ho iniziato nel 2011 e a dire il vero ancora non pienamente conclusa. In breve, durante il mese di ottobre il vortice polare comincia ad assumere delle specifiche caratteristiche che per un non chiaro motivo tende a conservare nel corso del successivo trimestre invernale. L’indice IZE calcola la posizione latitudinale del fronte polare nel mese di ottobre attraverso le anomalie del flusso zonale e meridionale tra le basse e le alte latitudini a specifiche quote isobariche. Se positivo significa che il fronte polare si posiziona a più basse latitudini, discorso contrario invece per un indice con valore negativo.

La componente meridionale fornisce indicazioni sull’attività d’onda. L’indice IZE si è dimostrato un ottimo predittivo dell’indice AO con scala di previsione mediata su tre giorni, per cui sull’intero trimestre invernale l’indice IZE fotografa e quindi prevede l’indice AO mediato ogni tre giorni.

Qui di seguito due grafici, il primo rappresenta l’indice AO previsto attraverso l’elaborazione dell’indice IZE confrontato con l’indice AO realmente osservato nell’inverno scorso, il secondo l’attività d’onda prevista, più precisamente nella capacità di propagazione in stratosfera. Nei riquadri rossi sono contrassegnate le attività d’onda più rilevanti in grado di apportare seri disturbi al vortice polare stratosferico.

Indice di zonalita emisferico e indice AO Indice di propagazione d'onda

 

I dati previsti dell’indice AO e della propagazione d’onda sono stati calcolati nei primi giorni di novembre del 2013 con i dati registrati nel mese di ottobre quale prognosi dell’inverno 2013-2014. I risultati ottenuti sono stati più che soddisfacenti sia per la prognosi dell’indice AO che per l’attività d’onda considerando che la ricerca è a dir poco pioneristica.

 

Fonte:  http://www.climatemonitor.it/?p=36488
Autore: Carlo Colarieti Tosti

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