Curiosità dal Mondo & Misteri — 10 Ottobre 2015

L’intuizione del film Sopravvissuto-The Martian, uscito da poco nelle sale, è corretta: una missione con equipaggio potrebbe atterrare sul pianeta rosso con relativa facilità, ma andare via sarebbe ben più difficile

Quando gli ingegneri della NASA guardano Marte ci vedono una trappola grande quanto un pianeta che ci attrae con la promessa di nuove scoperte scientifiche. Ma nel momento stesso in cui atterreremo lì, la gravità e il clima rigido cospireranno per tenerci inchiodati alla superficie e non farci tornare mai più. E questa non è un’ipotesi augurabile.

Quanto possa essere difficile andare via da Marte ce lo racconta Il Sopravvissuto, The Martian, il nuovo film di fantascienza di Ridley Scott. La storia, ambientata in un futuro prossimo, è quella dell’epopea solitaria di Mark Watney (interpretato da Matt Damon), un astronauta dato per morto dai suoi compagni durante una  missione umana sul pianeta rosso fallita per colpa di una tempesta di sabbia. Il libro da cui è tratta la pellicola, L’uomo di Marte, è stato in uno dei casi editoriali del 2014. Scritto da Andy Weir, è il diario estremamente dettagliato e scientificamente accurato delle fatiche che Watney deve compiere per riuscire, modificando le macchine lasciate su Marte dai compagni,a produrre ossigeno e acqua, coltivare patate, sopravvivere sul pianeta e trovare un modo di comunicare con la Terra e tornare a casa.

Insomma, se abbiamo imparato qualcosa da The Martian è che non conviene spendere miliardi di dollari per lasciare gli astronauti bloccati su un altro mondo. Non a caso la parte più importante di qualsiasi piano NASA per visitare il pianeta rosso è proprio il viaggio di ritorno.  E la navicella spaziale che la NASA vuole costruire per questo, il Mars Ascent Vehicle (MAV), rappresenta una sfida ingegneristica formidabile.

A pieno carico di carburante sarebbe troppo pesante per poterlo inviare direttamente dalla Terra e farlo arrivare su Marte in sicurezza. Il veicolo dovrebbe essere quindi pre-assemblato e inviato sul pianeta rosso qualche anno prima dell’arrivo degli astronauti. E lì dovrebbe autonomamente ricavare il proprio carburante estraendolo dall’atmosfera di Marte.

Il MAV dovrà quindi essere abbastanza resistente da rimanere pienamente operativo sul pianeta rosso nonostante le massicce tempeste di polvere e le distruttive radiazioni UV. Quando il piccolo veicolo finalmente decollerà, poi, dovrà ospitare gli astronauti per giorni, durante le manovre di ritorno alla nave orbitante che li riporterà finalmente a casa.

Il Mars Ascent Vehicle sarà una missione all’interno della missione: un veicolo spaziale con equipaggio lanciato in orbita dalla superficie di un pianeta alieno. E non c’è possibilità di fallimento.

Riportando tutto a casa

Per la prima carovana umana su Marte ci sarà bisogno di ben cinque veicoli spaziali separati, necessari per trasportare gli astronauti e il loro carico sul pianeta.

Parte del carico potrebbe essere scomposto in componenti più piccole che gli astronauti potranno assemblare al loro arrivo. Ma non il MAV. “Non vogliamo ritrovarci su Marte a cercare di avvitare i motori, con la tuta e i guantoni addosso, in un ambiente così polveroso”, dice Michelle Rucker, ingegnere di sistema al Johnson Space Center dell’agenzia spaziale statunitense. Nel gergo NASA questo rende il MAV “il più grande elemento di carico indivisibile” della missione, del peso di circa 18 tonnellate. Fino a oggi, l’oggetto più massiccio che abbiamo inviato alla superficie di Marte è stato il rover Curiosity, che di tonnellate ne pesava solo una.

Far atterrare un oggetto su Marte, specialmente se pesa diverse tonnellate, non è facile come farlo sulla Terra, dove una capsula può cadere quasi letteralmente dal cielo sfruttando l’atmosfera per ridurre la velocità della sua discesa. Su Marte, dove l’aria è spessa un centesimo di quella della Terra, “c’è abbastanza atmosfera da creare problemi, ma non abbastanza da poterla sfruttare per qualcosa di utile”, dice Rucker. O, per dirla in altro modo, l’impatto con l’atmosfera può farti bruciare ma non rallentare di molto la tua caduta.

È per questo che la NASA sta sviluppando tecnologie come l’Hypersonic Inflatable Aerodynamic Decelerator, uno scudo termico gonfiabile che potrebbe agire anche come sistema frenante.

Lo scudo potrebbe venir spiegato all’ingresso dell’atmosfera marziana, rallentando il lander da una velocità ipersonica a una solo supersonica. A quel punto, i motori a razzo entrerebbero in gioco per un atterraggio controllato. Ecco il genere di calcoli che l’astronauta Mark Watney immagina per farlo funzionare: l’atterraggio brucerà più o meno dalle cinque alle sette tonnellate di propellente. Quando arriverà il momento di lasciare la superficie di Marte, il MAV avrà bisogno di 33 tonnellate di propellente per liberarsi dalla gravità del pianeta rosso, superare la sua atmosfera, e traghettare in modo sicuro gli astronauti e il loro carico scientifico in orbita, dove potranno incontrare e agganciare il veicolo che li riporterà a casa. Tutto questo carburante è semplicemente troppo per essere inviato dalla Terra sin dall’inizio  della missione. Il propellente dovrà essere prodotto su Marte.

Trasferirsi su un altro pianeta

Con la produzione di combustibile su Marte, la NASA potrebbe eliminare diverse tonnellate dalla lista dei carichi del lancio iniziale. E, dopo la prima missione, le apparecchiature utili potrebbero essere lasciate su Marte come mattoncini base di una struttura più estesa per creare non solo carburante, ma anche acqua e aria per i futuri esploratori.

I motori del MAV saranno alimentati a metano e ossigeno liquido. Tutti gli ingredienti necessari per il carburante – carbonio, idrogeno e ossigeno – si possono trovare sul pianeta rosso, se si sa dove andarli a cercare. In teoria l’ossigeno può essere estratto sia dall’atmosfera marziana, che è composta al 95 per cento di anidride carbonica (CO2), sia da liquidi e acqua congelati sepolti sotto la superficie. Il carbonio residuo e l’idrogeno verrebbero combinati per ottenere metano liquido.

Perforare il terreno per l’acqua, però, vorrebbe dire aggiungere un elemento sgradito di incertezza in una missione già difficile. Scavare e lavorare il materiale è molto più complesso di quanto non sia prenderlo dall’atmosfera. “L’altro problema con la produzione di propellenti a partire dall’acqua sotterranea è che sei costretto ad atterrare dove sei abbastanza sicuro che ci sia acqua”, dice Rucker. “Se dopo l’atterraggio su Marte scopriamo che il MAV è in cima a una roccia abbiamo già esaurito le nostre possibilità”, spiega.

Se l’idrogeno non verrà estratto dall’acqua marziana, il piano B sarebbe quello di inviare un carico di idrogeno su Marte come scorta di base per ottenere il metano. Ma, per la prima missione, anche questa idea è fuori discussione. Anche se l’idrogeno non è pesante, richiede infatti grandi serbatoi per lo stoccaggio e quindi un sacco di spazio prezioso. “In questo momento il MAV andrebbe a occupare la maggior parte dello spazio disponibile sul ponte, non ne rimarrebbe molto per un serbatoio di idrogeno”, dice Tara Polsgrove, ingegnere aerospaziale del Marshall Space Flight Center della NASA.

Gli ingegneri della NASA potrebbero fare spazio per i serbatoi di idrogeno rendendo il MAV più alto invece che più largo. Ma aumentando l’altezza del veicolo spaziale aumenta il rischio di un suo ribaltamento dopo l’atterraggio. E, spiega Rucker, un MAV più alto potrebbe diventare anche fisicamente scomodo per gli astronauti. Se qualcuno si dovesse fare male lì dentro, costringerlo ad arrampicarsi su una lunga scala è l’ultima cosa da fare. La facilità di accesso deve rimanere una priorità.

Stando così le cose, il piano attuale prevede l’invio di un veicolo con un carico di metano liquido e dotato di un impianto chimico per fabbricare ossigeno liquido dall’atmosfera marziana. Il processo dovrebbe durare per uno o due anni. Quando i serbatoi del MAV saranno pieni, l’equipaggio umano sarà inviato su Marte, con la certezza di trovarvi un veicolo con il pieno in grado di farli tornare nello spazio.

Ma anche allora sarà troppo presto per esclamare “Missione compiuta”. “Una delle maggiori sfide è che usiamo propellenti criogenici”, dice Rucker. “Una volta ottenuto il propellente su Marte, bisogna mantenerlo al freddo per un paio di anni prima di utilizzarlo, senza farlo evaporare”. “Abbiamo i propellenti, ma in questo momento non abbiamo nessuna valvola a perdita zero”, aggiunge Polsgrove. “È una cosa a cui bisogna pensare, ed è il motivo per cui stiamo dando priorità di ricerca allo sviluppo tecnologico nel settore delle valvole a bassa dispersione”.

Più in generale, gli ingegneri sono preoccupati che il tempo non sia dalla loro parte. Il MAV ci metterà uno o due anni per produrre il suo combustibile. A quel punto l’equipaggio umano trascorrerà tra i 200 e i 350 giorni di viaggio verso Marte, al quale seguirà l’esplorazione del pianeta rosso, che potrebbe durare fino a 500 giorni.

Una semplice somma indica che il MAV deve rimanere operativo e pronto per il decollo per almeno quattro anni dalla sua iniziale data di atterraggio su Marte. “E in tutto questo tempo sarà fermo lì”, dice Rucker, “seduto nella polvere. Colpito da un’intensa radiazione ultravioletta. Come sarebbero ridotti i vostri mobili da giardino dopo quattro anni in queste condizioni? E tutto questo sulla Terra, dove c’è molta più protezione che su Marte”.

Vestirsi per le grandi occasioni

Tra le tante domande che gli ingegneri devono prendere in considerazione per la progettazione del MAV, una delle più importanti è che cosa indosseranno gli astronauti.

“Avete visto le foto sulla stazione spaziale”, dice Rucker. “Stanno lì in pantaloncini e t-shirt. Quando sei in orbita stabile a bordo di un grande veicolo, è possibile cavarsela con quello. Nel veicolo di risalita, però, non c’è altro posto dove andare. Se si apre un buco da qualche parte, è meglio essere vestiti in maniera adeguata”.

Ma con quale abbigliamento? Le tute che gli astronauti indosseranno quando andranno a esplorare la superficie di Marte sono pesanti e ingombranti. Se gli astronauti le indossassero a bordo del MAV, gli ingegneri dovrebbero aumentare le dimensioni della cabina. E poi c’è il problema della polvere marziana che si sarà attaccata ai loro vestiti: non è possibile riportarla sulla Terra senza seguire i corretti protocolli di protezione planetaria.

Rucker ritiene che la soluzione migliore sia quella di lasciare gli abiti ingombranti su Marte, dove una futura missione potrà salvarne il salvabile. Gli astronauti in partenza dovrebbero indossare quindi una apposita tuta da “attività intra-veicolare” (IVA), quei vestiti gonfi e arancioni che gli equipaggi solitamente indossano sulla navetta che li porta dalla Terra alla loro nave spaziale e durante il rientro.

Le tute IVA pesano meno e sono un po più flessibili. E possono essere mantenute libere dalla polvere, limitando la loro esposizione all’ambiente esterno. Gli astronauti potrebbero così lasciare il loro moduli abitativi ed entrare nel rover. Una volta all’interno, potrebbero indossare le loro belle tute IVA pulite e guidare verso il MAV, nel quale entrerebbero attraverso uno speciale tunnel pressurizzato. Lo svantaggio di portare un tunnel su Marte è che aggiunge il peso di un pezzo di materiale che verrebbe utilizzato una sola volta. Rucker, però, pensa che il tunnel potrebbe avere anche altri usi.

“Invece di un grande, unico habitat, potremmo forse costruire habitat più piccoli e utilizzare il tunnel per unirli… Non è mai un bene aggiungere un nuovo elemento, ma se si tratta di un elemento che risolve un sacco di problemi, allora può essere un vantaggio”.

Il ritorno

Infine, sarà il momento di andare. L’interno del MAV sarà spartano per ridurre al minimo il peso. Ci sarà lo spazio interno di un taxi, non di un appartamento. Anzi, gli ingegneri potrebbero anche decidere di non mettere i sedili, e gli astronauti dovrebbero stare in piedi per tutta la durata del viaggio. La salita a razzo durerà sette minuti. Ma il viaggio non finisce qui. Gli astronauti dovranno bruciare ulteriore carburante di manovra in un’orbita che permetterà loro di attraccare al veicolo che li riporterà sulla Terra.

Ciò significa che gli astronauti dovrebbero rimanere a bordo del veicolo di risalita fino a 43 ore di seguito, visto che la navicella madre sarà parcheggiata in un’orbita ellittica a una quota compresa tra i 250 e i 35 mila chilometri sopra la superficie di Marte. Ma, dice Rucker, questa rimane una questione irrisolta tra i pianificatori delle missioni.

Una volta che l’attracco sarà finalmente raggiunto, e l’equipaggio e il carico si saranno spostati nel veicolo spaziale che li porterà a Terra, il MAV si staccherà ed eseguirà una manovra finale, collocandosi in un’orbita che non interferirà con le future missioni su Marte: una fine ingloriosa per un piccolo veicolo spaziale che avrà svolto un ruolo fondamentale nella storia umana. Sempre che tutto vada liscio.

http://www.nationalgeographic.it/scienza/spazio/2015/10/04/news/andare_su_marte_il_problema_e_tornare_the_martian-2791104/?ref=fbpr

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