Di Nikolas Kom Rossi Tardonato –
9 Ottobre 1963.. Accade quanto si sapeva.. ma non si voleva dire..tutto quello che il cosiddetto “boom economico” esprimeva nelle Maestranze e grandi opere..
.. ovvero ciò che doveva essere da Record ha, certamente, raggiunto il proprio scopo.. ma in termini di VITE UMANE.
9 Ottobre 1963, ore 22:39. Questo editoriale, viene pubblicato proprio nello stesso orario ma del mattino per dar modo a chiunque di ricordare quello che 55 anni orsono accadde. Quelle 22:39 in cui cambiò, nettamente, la “visione” di tutto ciò che pochi secondi prima “era” e che poi non sarà MAI più.
Ciò che ha più dell’incredibile quanto inverosimile è il constatare, dopo la bellezza di 55 anni orsono, quanto ancora non sia stato possibile riscontrare nei dettagli.. quante vite questa tragedia abbia spezzato. Quante persone, in quella tremenda notte, siano state letteralmente “spazzate via” da quell’onda che.. non creò la natura.. ma l’opera dell’uomo..
2000 vite. Il Vajont ci “restituisce” non un semplice nome di una città montana ove tutto “scorreva” nella “normalità” degli anni del dopoguerra quanto.. Vajont, una delle sciagure più tremendamente gravi che la nostra storia riporti.. e senza dubbio alcuno.
Sciagura evitabile, buonsenso disatteso, allarmi ripetuti negli anni, fin dal primo “invaso”, ed, anzi, prima ancora. Perché quel monte già parlava di se. Perché in Fiulano “Toc” significa proprio “pezzo”…“marcio” forse anche “sfatto”, dà nettamente quell’idea, già di per se, di “instabile”, di “friabile”. Non bastava un nome, non bastava la conoscenza millimetrica territoriale dei propri abitanti, non bastavano umiltà ne, tantomeno, delle precise relazioni idrogeologiche che indicavano quanto cosa come e perché. No!! non BASTAVANO!!
Nell’Italia delle grandi opere, della “concorrenza”, no, non bastava, non poteva bastare. Non potevano ammettere una sconfitta già persa in partenza. Al costo di 2000 vite. No. Contava di più “apparire”.. certo.. un’immensa opera che “rilanciava” il “genio” Italiano nel mondo. E non importa il come. Se non dopo quell’orario: le 22:39..
Lavori che tra proteste e timori di mezza popolazione continuano iperterriti.. e fino al completamento dell’opera in se. Un progetto, quello del Vajont, avviato da una società, la SADE (poi con la nazionalizzazione dell’energia elettrica divenuta.. Enel..) che inizia con i primi sopralluoghi datati 1940. Una decina d’anni per valutare, esprimere (dubbi o certezze, ma quando si vuole arrivare dove si “deve”, il che non coincide esattamente col dove si “può”, si va avanti..) poi la posa della prima pietra.. le prime “colate” di cemento. Una diga da RECORD, tremendamente più grande di quanto, inizialmente, progettato: con un’altezza di 260 metri, e con una “portata”, ossia la capacità di contenere circa 152 milioni di metri cubi di acqua.
Un’opera di ingegneria altamente “qualificante”, si “doveva”.. non si “poteva” ma si “doveva”.. senza se e senza ma, ed a questo forzoso “forzare” si prestò l’ingegner Carlo Semenza, egli, impavido, continua la sua “creatura” supportato anche dalle rassicuranti relazioni del professor, anzi, Geologo, Giorgio Dal Piaz, definito “un luminare” della moderna geologia del dopoguerra”. Del Monte Toc non interessa nulla a nessuno, la diga, certamente, sarà stabile, sicura, e ciò MAI sarà tradito.. disatteso, cederà, infatti, la montagna..!
Opera quasi terminata, mancavano i collaudi, nel 1960, si iniziano gli “invasi”, e, puntualmente, arrivano i “primi segnali”. Il Monte, si dirà.. “brontola”, le prime frane non tardano ad arrivare… Il 4 Novembre dello stesso anno 700 mila metri cubi di roccia si staccano dalle pareti del Toc, l’acqua dell’invaso allora era già a quota 600 metri. Non si creano danni rilevanti. Ma saranno il “sigillo” sulla gravità, in ogni sua forma, confermando i timori di tutti quelli che si erano opposti all’opera.
Noncurante di tutto ciò, gli ingegneri optano per lasciarsi alle spalle le certezze di pericolosità già assodate.. e si continua a riempire l’invaso, a poco a poco, fino ad arrivare, il 4 settembre del 1963, a 710 metri: dieci oltre quello che era stato indicato come limite di sicurezza. Dieci metri che probabilmente avrebbero significato il nulla ASSOLUTO, la tragedia era già ben confezionata e dietro l’angolo.
Muore l’Ingegner Semenza, verrà sostituito da Nino Biadene.. quest’ultimo si accorse: qualcosa non quadrava, rapidamente l’ordine doveva esser quello di TORNARE al livello di sicurezza. con un rapido “svaso”. La sola differenza, e non da poco, sarà che lo svuotamento di una diga… dicesi diga del Vajont, non è ne mai sarebbe potuto esser come svuotare una vasca da bagno.. con pareti solide attorno: l’acqua scivola via e passa nello scarico. La vasca era un monte, il Toc.. il rapido svuotamento delle acque portava giù pian piano anche quelle rocce che avevano “assorbito” come una spugna tutto ciò che la diga “conteneva”.. Il tempo necessario sarebbe dovuto essere immensamente più ampio, ma non ve n’era più. Si era già “oltre” ed “oltremodo”. Era già tutto sbagliato ed IRRIMEDIABILMENTE irreparabile.
Ed, infatti, risultò INUTILE.
La sera del 9 ottobre 1963, alle ore 22 e 39, dal Monte Toc si stacca una frana che non lascia scampo ad una città, a 2000 persone: due chilometri quadrati di montagna si staccano e si riversano, prepotentemente, nella diga, nel proprio invaso, 2 chilometri quadrati.. equavalgono a circa 260 milioni di metri cubi di terra.
Alla stregua del più abile tuffatore si gettano prepotentemente nel lago artificiale con una velocità superiore ai 20 metri al secondo. Tutto si ferma. L’opera delle Maestranze fu un successo, si: la diga resistette così come le proprie strutture a definirla. Cadde, però, la montagna, ciò creò, conseguentemente, un’ ondata che nasce nel giro di pochi secondi sorpassa il limite superiore della diga, si “precipita” con una forza e violenza INAUDITA nella valle la quale morfologia (lunga e stretta) permetterà all’enorme mole d’acqua di raggiungere una velocità tale da seminare solo distruzione e morte.
“Decine e decine di milioni di metri cubi d’acqua distruggono tutto quello che incontrano, annullano Longarone e le località limitrofe definendo, per sempre, quell’onta che, indelebile, testimonia e testimonierà ciò che accadde”
Pochi minuti: tragedia conclusa. Strade sparite, linee di comunicazione interrotte, le ferrovie? Un ricordo. Lontano. Scompaiono animali, stalle, vegetazione. E le persone. Un’onda che trascina con se 2000 vittime. Vittime della noncuranza, vittime del malaffare, vittime dell’uomo che per battere se stesso sfida a duello la natura. Coperte di fango prendono il posto della civiltà esistente fino a pochi minuti prima. Poi.. il SILENZIO ASSORDANTE.
A futura ed indelebile memoria. Con rispetto ed umano sentimento.
Vajont – 09 Ottobre 1963 – ore 22:39 – Per non dimenticare.
Video tratto da” Vajont: storia di un disastro annunciato
Foto tratta dall’archivio storico del Vajont
Editoriale, revisioni e testi:
Nikolas Kom Rossi Tardonato
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