(Rinnovabili.it) – L’Australia ha perso credibilità e non è più uno fra i leader globali nella lotta al cambiamento climatico: ora è piuttosto un free rider, una scheggia impazzita. Non ha usato mezzi termini il panel guidato dall’ex segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, per definire la corsa verso il baratro che il governo di Tony Abbott non accenna a rallentare, spinto dalle lobby del carbone.
La relazione Africa Progress 2015 del gruppo di esperti, contesta le scuse dell’industria dei combustibili fossili, secondo cui il tramonto del carbone ostacolerà la crescita economica nei Paesi in via di sviluppo. Le nazioni che emettono una gran quantità di CO2, come l’Australia, si sarebbero allontanate dai tavoli di discussione globali a favore di un’azione unilaterale. Una critica che piomba, pesante come un maglio, proprio nel bel mezzo del secondo ciclo di negoziati preparatori alla COP 21 che si stanno tenendo a Bonn, in Germania.
I delegati di 195 Paesi stanno sono stati invitati a fare rapporto circa i loro progressi nella riduzione delle emissioni: l’Australia è quello cui sono state rivolte il maggior numero di domande sui suoi progressi.
«Nonostante i rischi ormai noti, troppi Paesi non riescono a intraprendere un’azione decisiva. Diversi fra loro, tra cui Australia e Canada, sembrano essersi ritirati completamente dal costruttivo impegno internazionale sul clima», punge il rapporto, particolarmente caustico sulla direzione che hanno preso le politiche di Canberra sul cambiamento climatico.
«Con uno dei più alti livelli al mondo di emissioni pro capite, l’Australia è passata dalla leadership allo status di free rider della diplomazia climatica. L’abrogazione del piano sul futuro dell’energia pulita ha effettivamente abolito il carbon pricing. Le politiche attuali si tradurranno in una crescita delle emissioni di circa il 12-18% rispetto ai livelli del 2000».
Secondo il panel di Kofi Annan, Australia, Canada, Giappone e la Federazione russa dovrebbero fissare un percorso chiaro per il target delle emissioni zero entro il 2050, con drastiche riduzioni entro il 2030. «Questi Paesi potrebbero prendere spunto dai piani di gran lunga più ambiziosi stabiliti da Etiopia, Kenya e Ruanda».