LA STAMPA SERA 17-18 GIUGNO 1957
ORE DI ANGOSCIA NELL’ITALIA SETTENTRIONALE
FLAGELLATA DAL MALTEMPO
UN CICLONE DI SPAVENTOSA VIOLENZA
SEMINA MORTE E DISTRUZIONE NEL PAVESE
GLI ABITANTI DI VALLE SCURO PASSO E DI ROBECCO ( A CIRCA 10 CHILOMETRI DA PAVIA) DEVASTATI DALLA FURIA APOCALITTICA DELLA TROMBA D’ARIA ABBATTUTASI IMPROVVISAMENTE POCO DOPO MEZZOGIORNO
PRIMO TRAGICO BILANCIO: 5 MORTI E 50 FERITI
NON SI HANNO NOTIZIE PRECISE DI CIO’ CHE E’ ACCADUTO NELLE VALI MENO ACCESSIBILI DELL’OLTREPO’ SQUASSATE ANCH’ESSE DAL TORNADO
A ROBECCO LA CHIESA COMPLETAMENTE ROVINATA
IL CAMPANILE SPEZZATO A META’
LE CAMPANE PROIETTATE A OLTRE 500 METRI DI DISTANZA E ALMENO L’80 PER CENTO DELLE CASE DISTRUTTO
DOVUNQUE DESOLAZIONE E MACERIE
NELLA SUA CORSA PAZZA CICLONE HA SPAZZATO OGNI COSA TRASCINANDO CON SE’ TETTI, ALBERI, AUTOMOBILI
L’IMMEDIATA ORGANIZZAZIONE DELLE OPERE DI SALVATAGGIO E DI ASSISTENZA
PAVIA 17 GIUGNO 1957
Una terrificante tromba d’aria – uno spaventoso vortice lanciato a pazza velocità – ha devastato nel primo pomeriggio di ieri l’Oltrepò Pavese, lasciando dietro di sè un solco gigantesco di distruzione e di morte.
Cinque morti, oltre cinquanta feriti, diecine di case sradicate dalle fondamenta, due paesi rasi al suolo per metà: questo è il primo drammatico bilancio dei danni spaventosi provocati dalla furia del “tornado”.
Si tratta, però, di un bilancio approssimativo, e destinato, purtroppo, ad aumentare, perchè non si hanno ancora notizie di preciso di ciò che è accaduto nelle valli meno accessibili dell’Oltrepò.
A Broni, ove è stato organizzato il Centro di soccorso dei feriti, giungono decine e decine di richieste di aiuto, innumerevoli segnalazioni di devastazione, centinaia di notizie frammentarie e confuse, tutte, però, ugualmente angoscianti.
La zona devastata dalla tromba d’aria si estende lungo una striscia di 15 chilometri fra Valle Scuro Passo e Robecco Pavese, ai piedi delle colline dell’Oltrepò, a circa 10 chilometri, da Pavia.
Questo è l’epicentro del tornado.
Ma il ciclone ha spazzato anche le valli che risalgono l’Oltrepò, fino a Cicognola: una vasta zona collinosa, densa di vigneti, di fattorie e di cascine.
Il gigantesco soffio della tromba d’aria ha sconvolto questa estensione, devastando i vigneti, scuotendo le case con la violenza del terremoto, sradicando gli alberi e sconvolgendo i campi coltivati.
La furia degli elementi si è scatenata alle 12,30 precise.
Dapprima un vento teso e sferzante che proveniva da ovest, poi un’altra violenta corrente d’aria ha cominciato a spirare dalla direzione opposta.
Il cielo si è coperto di una pesante nuvolaglia grigia, che si addensava sempre di più.
Alle 12,40, su Casteggio, su Broni, e su tutta la zona che poco più tardi è stata devastata dalla tromba d’aria, è caduta la grandine: chicchi delle dimensioni di uova di gallina, accompagnati da violenti scrosci d’acqua.
Dopo la grandine, improvvisamente l’aria si è fatta immota.
Nelle stalle, nei cascinali e sulle aie, gli animali – quasi presagissero l’immensa tragedia – hanno cominciato a dar segno di pazzo terrore.
La tromba d’aria, un gigantesco imbuto formato da un vertiginoso vorticare di correnti, si è formata nei pressi dell’abitato di “Casa Rovati”, a circa tre chilometri dal paese di Valle Scuro Passo.
Si è ingigantita rapidamente e ha cominciato la sua marcia di distruzione.
E’ arrivata a Valle Scuro Passo (trecenti abitanti, quaranta case), ed è cominciato il finimondo.
Un grosso cascinale costruito al limitare del campi, è stato avvolto dal turbinio del tornado ed è crollato fragorosamente, seppellendo gli abitanti sotto un rovinio di travi e di calcinacci.
Due case, ai margini del paese, si sono sgretolate quasi fossero d’argilla.
Altri quattro piccoli edifici sono caduti come castelli di carta.
Il sibilare del vento non riusciva a coprire le grida di terrore degli abitanti dello sventurato paese, poteva soltanto soffocare i gemiti dei feriti.
La tromba d’aria ha proseguito la sua corsa lasciando dietro di sè la devastazione: il 50 per cento delle case distrutto, 25 feriti, 5 morti: la contadina Carla Andreoli, di 35 anni, i suoi due figli Walter e Pierangela, rispettivamente di 7 e 2 anni, il bracciante Antonio Cignoli di 47 anni, e la settantenne Natalina Alloni.
I loro corpi straziati sono stati dissepolti dalle squadre di soccorso qualche ora più tardi: erano imprigionati in un groviglio di travi e di blocchi di muratora, tutto ciò che restava della casa in cui essi abitavano.
I feriti sono stati tutti trasportati all’ospedale di Broni: alcuni di essi sono in condizioni disperate.
Dopo Valle Scuro Passo, la tromba d’aria si è spostata ad una velocità di almeno 50 chilometri l’ora, in direzione di Robecco Pavese, devastando gli abitanti di Valle Cima, Valle di Mezzo e di Valle Salesini.
La terribile marcia ha lasciato drammatiche testimonianze: case scoperchiate, pali telegrafici divelti, alberi abbattuti.
A Robecco Pavese, il tornado si è scatenato con violenza anche maggiore: il campanile della chiesa parrocchiale (in quel momento vuota) si è schiantato in due ed è crollato.
Poi la furia del vortice d’aria ha investito il centro del paese.
Una dopo l’altra almeno quindici case si sono sgretolate di colpo, crollando fragorosamente.
Un’auto, ferma accanto alla chiesa, è stata afferrata dal vortice, sollevata in aria e scagliata contro il muro di una casa vicina.
Le tegole divelte dai tetti e i blocchi di muratura delle case distrutte ( risucchiati dalla tromba d’aria) schizzavano tutt’intorno, trasformati in altrettanti proiettili sibilanti.
Anche la chiesa del paese è completamente rovinata.
Qui si ha l’esatta impressione di quella che è stata la sciagura e di quella che avrebbe potuto essere: l’orologio del campanile mozzato alla sommità ( le campane sono state proiettate ad oltre mezzo chilometro di distanza), ha le lancette contorte e ferme alle ore 12,50.
Alle 11,40 era finita la Messa, alla quale avevano assistito 150 – 200 fedeli.
Se il ciclone si fosse abbattuto su Robecco un’ora prima, i morti sarebbero stati più di un centinaio.
Il parroco, Don Luigi Serravalle, si aggira fra le macerie della chiesa e la casa parrocchiale, completamente inabile.
Grossi alberi, proiettati dalla campagna circostante, si sono abbattuti nel giardino della canonica.
Il sacerdote, un uomo sulla cinquantina, con parole accorate mostra i resti della bella chiesa del ‘700 dedicata ai Santi Nazario e Celso.
Don Serravalle, così ha raccontato la tragedia: “Era da pochi minuti finita la Messa e stavo svestendo i paramenti sacri mentre la popolazione lasciava la chiesa.
Ho visto il cielo rabbuiato, sono andato in casa ad ascoltare alla radio una funzione religiosa trasmessa da Roma.
Improvvisamente è mancata la luce.
Il cielo si è fatto sempre più buio.
Verso le 12,30 sono uscito dalla canonica.
Il vento soffiava sempre più forte.
Poi ho tentato di rientrare in casa, ma, mentre mi stavo dirigendo a chiudere la porta della chiesa, ho sentito come un lontano brontolio che si avvicinava.
Il cielo era scurissimo e il vento fischiava ad una velocità impressionante.
Cadevano grossissimi chicchi di grandine.
Ad un tratto un terribile frastuono, uno schiando che non si può descrivere, poi il rovinio di tutte le case, per dieci minuti questo rumore, mi ha portato come in un altro mondo.
Infine il silenzio.
Frattando il cielo, benchè nuvoloso, si era fatto più chiaro.
Fatti pochi passi nel cortile della canonica ho gridato: quanti morti ci sono stati? Quanti feriti?
In quel preciso istante tutta la popolazione è accorsa davanti alla chiesa e la stessa domanda, gli stessi visi ansiosi e lo stesso terribile sgomento”.
Il passaggio della tromba d’aria ha distrutto a Robecco Pavese almeno l’ottanta per cento delle abitazioni: un bombardamento aereo non avrebbe forse potuto provocare danni maggiori.
Quasi una trentina di feriti, ed è un vero miracolo che nessuno abbia perduto la vita nel pauroso cumulo di macerie cui è stato ridotto quasi per intero il paese.
I feriti sono stati trasportati tutto all’ospedale di Voghera: tra questa città e Robecco Pavese, le autoambulanze dei vigili del fuoco e quelle dei servizi di Pronto Soccorso, hanno tessuto per molte ore una drammatica spola.
Ma la marcia furibonda del tornado non si è conclusa a Robecco: la tromba d’aria si è spezzata, si è frantumata in raffiche violente e veloci che hanno risalito rabbiosamente le valli scavate fra le colline dell’Alto Oltrepo, fino a Cicognola,a Pometo e a Ruino.
Anche se ormai prossimo ad esaurirsi, il ciclone ha seminato ancora rovine e devastazioni.
Il quadro dei danni provocati dall’uragano potrà essere completato, come abbiamo detto, soltanto quando saranno state controllate tutte le frammentarie notizie che giungono al Centro di Soccorso di Broni.
Nella tarda serata di ieri le operazioni di soccorso continuavano ancora: ad essere partecipavano, gareggiando in abnegazione, i vigili del fuoco di Voghera, Pavia e Milano, i carabinieri, la polizia e gli infermieri dei servizi di assistenza.
Il prefetto e il questore di Pavia, accorsi sul luogo ove più tremenda ha infuriato il ciclone, stanno guidando le operazioni di aiuto ai paesi colpiti.
Il loro compito è tremendo: ai Centri di raccolta affluiscono lunghe teorie di uomini, donne e bambini, rimasti senza tetto; dalle frazioni sperdute nelle valli, giungono angoscianti invocazioni d’aiuto.
Con il passare delle ore il volto della catastrofe si rivela sempre più crudele e tremendo.
LA FURIA DEL TORNADO NELL’OLTREPO PAVESE
I MORTI SALITI A SEI E I DANNI VALUTATI AD OLTRE UN MILIARDO
L’OPERA DI SOCCORSO
TELEGRAMMI DEL PAPA E DI GRONCHI
PAVIA 17 GIUGNO 1957
A sei sono salite le vittime dello spaventoso tornado che si è abbattuto ieri su Robecco Pavese e Vallescuropasso.
Il faglegname Dario Andreoli, di 48 anni, che era stato ricoverato con gli altri feriti all’ospedale di Broni, è spirato verso le sei di questa mattina.
Era stato raccolto agonizzante, duecento metri lontano dal luogo dove si trovava quando la tromba di aria investì l’abitazione della sua famiglia.
La corrente l’aveva sollevato assieme al pesante cancello di casa, risucchiandolo senza pietà.
Era quasi completamente nudo, e la diagnosi era stata scarsa di speranze: frattura del cranio, con schiacciamento completo del torace e commozione cerebrale.
Le sue condizioni sono andate irrimediabilmente peggiorando nel corso della notte, e questa mattina egli è deceduto.
L’alba tersa e limpida di questo lunedì ha imbiancato le rovine tutt’attorno alla vasta zona tra Casteggio e Broni.
Trecentocinquanta persone sono rimaste senza casa, in quanto la furia del vento ha scoperchiato un infinità di abitazioni, provocando profonde crepe nelle pareti perimetrali e rendendo così inabitabili intere frazioni.
Il tornado si è abbattuto sulla zona con inaudita irruenza, quasi senza preavviso ed è durato poco più di un quarto d’ora.
Ma in così breve tempo la distruzione è stata veramente spaventosa.
Le autorità che ancora si trovano sul posto – dopo aver trascorso la notte attorno alle macerie, ai detriti, allo scompiglio inverosimile, alle carogne di animali squarciate e abbandonate in mezzo alla strada – hanno iniziato una specie di inventario, cercando di tirare le somme di questo flagello, per localizzare i danni e puntualizzare l’entità effettiva della distruzione, dopo i primi dati sommari di ieri sera.
L’ora esatta del ciclone – si parla anche di due contemporanee trombe d’aria, ma i meteorologi affermano finora l’esistenza di un solo fenomeno perturbatore – è segnata sul grande quadrante del campanile di robecco, o meglio, su quello che fu, fino a ieri, il campanile della chiesa di Robecco, in quanto la svettante cima della chiesa è stata spazzata via dal vento ed è rovinata al suolo.
Erano le 12,50: le due lancette, sporche di polvere e di calcinacci sono ora, tra le macerie, uniche testimoni di una esattezza di morte.
A Robecco circa il 90 per cento delle case è stato devastato, la chiesa scoperchiata e il campanile abbattuto.
Fortunatamente nessun morto, solo due feriti Girolamo Molini di 82 anni e Anselmo Brandolini, di 40 anni, quest’ultimo ricoverato all’ospedale di Voghera.
Il parroco di Robecco, don Luigi Serravalle, stamane raccontava palòlido in volto, di aver visto la sua chiesa mentre veniva distrutta, di aver visto il Santissimo Sacramento scomparire fra i calcinacci e il fumo della polvere.
Poi si è sentito venir meno.
Nella piazza di Robecco vi è ancora la carcassa di una automobile che ieri è stata sollevata come un giocattolo e scaraventata contro una parete distante decine di metri.
A dieci chilometri più a sud – est, altra zona semi – distrutta, altra desolazione, altra gente che si affanna, sin dalle prime ore di oggi, a rimettere in ordine ove vi è distruzione, a rabberciare case ecascine, a recuperare effetti personali, a ritrovare fra le macerie mobili squinternati e cose prezione.
La furia del Tornado ha avuto facile presa in questa zona ove, se si tolgono grossi borghi ed i piccoli centri abitti più massicci, le abitazioni dei piccoli paesi sono vecchie costruzioni di oltre cinquant’anni fa, vecchie cascinette con poche fondamenta e con stabilità relativa.
Su per la piccola valle che sale da Broni a Rocca dè Giorgi, per tutta la notte è stato un unico sforzo di ripresa, di ricostruzione, Cicognola, Scorzoletta, Martinazza di Castana, Casa Rovatti, Val Salesina, Vale Cima, Valle di Mezzo, Valle Fondo, ovunque case scoperchiate, strade rovinate, ammassi di macerie, algeri del crosso fusto sradicati e portati lontano, animali sventrati, un tappeto continui di vetri frantumati.
Le autorità hanno aperto una inchiesta per determinare i danni che superano il miliardo di lire.
Il sostituto della Segreteria di stato, Monsignor Angelo dell’Acqua, a nome del Santo Padre ha inviato al Vescovo di Pavia, Monsignor Allorio, il seguente telegramma: “Augusto Pontefice, che ha appreso con profondo dolore notizie di gravissimi danni causati dal ciclone in alcune parrocchie codesta diocesi, desidera giunga a famiglie così duramente provate sua confortatrice benedizione, mentre mette a disposizione la somma di un milione per soccorrere casi più urgenti”.
Il Presidente della Repubblica ha inviato il seguente telegramma al Prefetto di Pavia: “Contristato per grave sciagura abbattutasi su località Robecco e Scuro Passo, Pregola porgere famiglien vittime espressioni mio profondo cordoglio e recare ai mio nome ai feriti parola di conforto e di fervido auguri.”.
IL VORTICE DEVASTATORE
IL VORTICE DEVASTATORE
LA STAMPA 18 GIUGNO 1957
SEI MORTI, 24 FERITI, 40 CASE SGRETOLATE E 100 PERICOLANTI, VIGNETI SRADICATI
UN MIGLIAIO DI SENZATETTO FRA LE MACERIE NEI PAESI DISTRUTTI DALLA FURIA DEL TORNADO
LA SPAVENTOSA TROMBA D’ARIA E’ PIOMBATA PRIMA SU ROBECCO: CHIESA, SCUOLA, MUNICIPIO, ABITAZIONI SI SONO SPACCATI E POLVERIZZATI
POI SI E’ GETTATA SU VALLE – SCUROPASSO: LE CASE CROLLATE HANNO SEPOLTO INTERE FAMIGLIE
IMPRESSIONANTE RACCONTO DI SUPERSTITI
LA RICERCA DI POCHI OGGETTI FRA CUMULI DI ROVINE
BRONI 17 GIUGNO 1957
Una quarantina di case completamente distrutte, un centinaio pericolanti o scoperchiate, una vasta distesa di vigneti che per almeno due anni non produrranno nemmeno un grappolo di uva: questo il primo sommario bilancio dei danni causati nell’Oltrepò Pavese dalla terribile tromba d’aria abbattutasi domenica pomeriggio sulla zona.
Al disastro materiale si aggiunge la tragedia delle vite umane spezzate: cinque persone sono morte sotto le macerie, una sesta è deceduta all’ospedale dopo lunga agonia, altre ventiquattro sono ricoverate, senza tener conto dei contusi o dei feriti che, dopo la medicazione, hanno voluto tornare fra i resti delle loro abitazioni per strappare alla distruzione qualche mobile, un ritratto, un ricordo di un passato sereno che risale a poche ore addietro e sembra già remoto.
Erano le 12,30 quando le prime avvisaglie della catastrofe di manifestarono a Robeccp e a Vallescuropasso.
Il primo è un piccolo comune separato dalle colline da Vallescuropasso che è una frazione ci Cigognola, a pochi chilometri da Pavia.
Il cielo fu visto oscurarsi, all’improvviso l’aria si è rarefatta, poi cominciarono a cadere, con la pioggia, chicchi di grandine grossi come pugni.
Uno spettacolo pauroso, raccontano i testimoni; ma non era che il preludio del finimondo che incombeva sulle case.
Chi non si era rifugiato nelle stanze più interne, impaurito dai lampi saettanti e dal mitragliare della grandine contro i vetri, notò in lontananza una enorme colonna fra terra e cielo.
Sembrava un fumo nero, vorticava sfrangiandosi.
Si muoveva con rapidità incredibile, era un soffio gigantesco che squassava le piante, le sradicava, le scagliava lontano come fuscelli.
Pochi attimi dopo la tromba d’aria era su Robecco.
Spazzò una striscia di terreno larga qualche centinaio di chilometri, e quanto capitò nel pieno del vortice si sgretolò come sabbia sotto una mareggiata.
La signora Carmela Bartoni in Pelosino, bidella delle scuole elementari di Robecco e moglie del messo comunale, trema ancora rievocando la scena apocalittica: “Mi sembrava di vedere il cielo oscurato da migliaia di uccelli.
Erano foglie e rami che volteggiavano per aria.
Poi cominciarono a passare tegole dal camino piovevano mattoni.
Io, mio marito, il bambino e un ospite che era venuto a pranzo da noi, ci siamo raccolto in un angolo tenendoci abbracciati.
Abbiamo atteso che la burrasca passasse.
Il municipio, la scuola, le case attigue hanno cominciato a schiantarsi, ad aprirsi.
Folle di terrore mi sono affacciata alla finestra e ho implorato il signore che risparmiasse almeno i bambini se voleva punire i peccatori”.
A Robecco i danni sono enormi ma per fortuna non si registrano vittime.
Solo una quindicina di abitanti hanno riportato ammaccature.
La chiesa settecentesca dedicata ai santi Nazario e Celso è irrimediabilmente perduta.
Il campanile è crollato (l’orologio segna con le sfere contorte le ore 12,51: l’attimo preciso della catastrofe), l’interno del tempio è colmo di macerie, i muri perimetrali sono solcati da crepe profonde.
Il parroco don Serravalle ci dice che se il tornado, fosse passato sul paese mezz’ora prima avrebbe fatto una strage: la chiesa sarebbe crollata sui centocinquanta – duecento fedeli che l’affollavano per la messa grande.
Sorte assai peggiore è toccata alla frazione Vallescuropasso, che si suddivide a sua volta in quattro minuscoli agglomerati: quello che dà il nome alla località e quelli di Vallecima, Vallefondo e Vallesalussini.
Il primo gruppo di case si snoda lungo la provinciale Broni – Rocca dè Giorgi, le altre si trovano oltre il torrente Scuropassoa ridosso delle colline.
Qui la tromba d’aria comparve verso le 13,15, prese d’infilata la valle, eseguì un semicerchio e per una fascia di circa un chilometro di lunghezza e per cinquecento metri di profondità, seminò morte e distruzione.
La prima casa ad essere colpita fu il mulino Bruciamonti: lo stabile è robusto, solo il tetto e qualche muro secondario subirono danni.
Da quel punto le case verso le frazioni attigue vennero polverizzate.
Quella della famiglia del 51 enne Edoardo Guerci si trasformò in una tomba per quasi tutti gli abitanti.
Di sotto il cumulo di macerie furono estratti quattro cadaveri: quello del Guerci, Carla Andreoli di 38 anni, dei figli mario di 8 anni e Pierangela di 24 mesi, di un cognato del capofamiglia, Antonio Cignoli di 47 anni.
La moglie di quest’ultimo, Anselmina Guerci, e gli altri due figli della Andreoli, Pier Luigi di 10 anni e Maurizio di 6 anni, sono all’ospedale in condizioni non allarmanti, insieme al padre che ancora non sa la terribile disgrazia che gli ha distrutto casa e famiglia.
Anche nello stabile successivo, quello dell’ottantaduenne Chiaro Andreoli, la morte è scesa orrobile sulle ali del vento.
Il vecchio con i figli Gino di 54 anni, Angelo di 40, Dario di 38 e Candido di 20 mandava avanti una segheria i cui macchinari erano sistemati in un edificio attiguo all’abitazione.
Cediamogli la parola, per il racconto allucinante nella sua semplicità: “Eravamo tutti in casa meno Candido che era andato a pescare nel torrente.
Io e mia nuora Jolanda da Gradi ci siamo salvati perchè al momento del crollo avevamo trovato scampo in un sottoscala.
Gli altri miei figli erano al pianterreno, sono rimasti feriti.
Dario era accanto alla porta: quando vide avvicinarsi la tromba d’aria corse fuori per sprangare il cancello.
Il turbine lo afferrò, lo sollevò in aria.
Lo hanno trovato a circa duecento metri di distanza.
Aveva sorvolato la casa attigua alla nostra, il vortice lo aveva spogliato completamente prima di scaraventarlo moribondo sul margine della strada fra i rottami.
E’ morto stamattina alle 5 all’ospedale con il cranio spezzato e la commozione cerebrale.
Abbiamo perduto tutto, alloggio e segheria, eravamo assicurati solo contro l’incendio.
I Danni!
Non sono meno di 50 milioni tra macchinario, legname e serramenta già pronte per la consegna”.
La sesta vittima è la signora Cesarina Rebasti, di 68 anni.
Col marito Augusto Alloni abitava in una graziosa villetta costruita per il figlio Aldo, sposo da soli quindici giorni con Tiziana Brigada.
I due sposi e il marito sono all’ospedale; la donna è rimasta schiacciata dalle macerie.
Per centinaia di metri quadrati nell’epicentro del “Tornado£ il terreno è disseminato di conigli, polli e oche sventrati.
Anche un bue che si trovava nella stalla dei Guerci è stato sfracellato.
Suppellettili infrante, rsti di arredi, tutte le piccole cose che allietavano le famiglie della zona giacciono nel frango.
Per contro si vedono intatte bottiglie ancora piene di vino, immagini sacre con il vetro e la cornice, persino lampadari appesi a una parete pericolante.
Su un muro smozzicato spicca in rosso una scritta: “Viva Gino Bartali”.
Impossibile descrivere tutti gli episodi che si sono svolti tra l’infuriare del “Tornado”.
Molte famiglie si sono salvate perchè si erano rifugiate al pianterreno, altre perchè erano salite al primo piano, altre perchè si trovavano addossate ad una parete piuttosto che a quella dirimpetto.
Un uomo è rimasto illeso perchè si è messo a carponi sotto una grossa stufa nel cortile.
Mentre i feriti – e anche i morti che ai primi accorsi parevano vivi – venivano trasportati con ogni mezzo di fortuna all’ospedale di Bronu (dove erano ad attenderli tutti i medici con il primario professor Massone) si organizzava l’opera di soccorso.
Da Pavia, Milano, Parma, Reggio Emilia, Mantova e Cremona partivano squadre di vigili del fuoco.
Il battaglione mobile dei carabinieri di Milano inviava rinforzi ai militi delle stazioni di Broni, Santa Giulietta e della tenenza di Stradella che erano i primi a prodigarsi.
I centri colpiti erano senza luce elettrica, senza acqua, senza scorte alimentari.
Squadre di operai si misero subito allì’opera e già domenica sera era stata ripristinata la linea telefonica con Robecco e col Mulino Bruciamonti.
A Vallescuropasso, trasformata in quartier generale del servizio d’ordine generale del servizio d’ordine, a collaborare con i carabinieri è giunto da Pavia il commissario di P.S Dottor Baretti.
Ieri sera squadre della Dinamo erano anche riuscite a fornire la zona di energia elettrica, sia pure alle case meno colpite.
Questo ha consentito la ripresa della centrale di Cigognola che fa funzionare l’acquedotto.
Da Milano è giunto sul luogo del disastro il generale Ismeca, comandante la brigata carabinieri.
Da Pavia il prefetto dottor Lorè, il questore e altre autorità hanno fatto la spola anche ieri tra il capoluogo, Vallescuropasso e Robecco, predisponendo i soccorsi, accertandosi delle necessità.
Con essi sono giunti da Tortona l’arcivescovo monsignor Melchiorri e il vescovo Gusiliare Monsignor Angeleri che hanno sostato a lungo al capezzale dei feriti e tra i superstiti intenti alla ricerca delle povere cose non distrutte.
Posti di soccorso erano stati predisposti sin da domenica sera a Broni dal sindaco Conte Franco Cella.
Ma i sinistrati non hanno voluto cedere alle esortazioni; hanno preferito continuare per tutta la notte la faticosa e spesso inutile opera di ricupero.
Per sfamarli il Comiliter di Milano ha inviato a Robecco e Vallescuropasso due cucine da campo con la relativa attrezzatura.
I viveri li ha procurati l’opera Pontificia di Assistenza accorsa sul posto sotto la guida del presidente nazionale monsignor Baldelli.
Refettori sono stati improvvisati nei locali non pericolanti, dormitori sono stati allestiti con lettini da campo messi a disposizione dalla Croce Rossa.
Questa mattina è arrivato da Roma il sottosegretario agli Interni, Onorevole Salizzoni.
Accompagnato dal dottor. Pugliese, capo dei servizi anticendi dello stesso Dicastero, dall’ingegnere capo del Genio civile di Pavia, Ingegner Bragadin, e dal vice provveditore alle Opere Pubbliche, l’onorevole Salizzoni ha esaminato la situazione assicurando il pronto fattivo intervento del Governo.
Incalcolabili i danni.
Tutti i vigneti – unica risorsa della zona – sono perduti; poche le case che il piccone potrà risparmiare.
Un migliaio di persone senza tetto, senza indumenti, senza i più elementari arredi.
Oggi su carri agricoli, su trattori, su biciclette o a spalla gli scampati trasportavano le poche robe presso parenti o amici.
Una giovane donna era riuscita a salvare solo una bombola di gas liquido e un cuscino.
Li portavia via quasi con orgoglio tenendo per mano la figlioletta che orsservava stupita la baraonda, i carabinieri in tute mimetiche, le centinaia di macchine di curiosi affluiti da tutti i centri della Lombardia.
Lungo le strade una visione simile a quella delle retrovie in tempo di guerra.
Famiglie che sloggiano, militari che arrivano.
Agenti della stradale e del corpo di guardia di P.S hanno validamente affiancato l’opera di soccorso.
Questa sera l’oscurità è scesa su uno spettacolo doloroso: il rancio consumato dai senza tetto accanto alle macerie delle loro case.
Domani lo sgombero continua.
C’è tutto da ricostruire qui e non si può perdere tempo.
I funerali delle sei vittime fissati in un primo tempo per le 10 di domani, pare siano stati ritardati alle 17.
Dopo il rito a Broni, le salme saranno trasportate a Cigognola.
La prognosi per i feriti degenti all’ospedale, varia dai dieci giorni ai due mesi.
Più grave di tutti è una bambina, Maria Alloni, di 4 anni.
GIORGIO LUNT
Preziosissima, per ricostruire i fatti e la violenza di questo evento, la testimonianza dell’Ing. Giuseppe Alloni, che ha vissuto in prima persona il Tornado:
“Ero un bambino avevo 9 anni era un pomeriggio di domenica di giugno, afoso. Improvvisamente il tempo cambia ed arriva aria fredda. Cade grandine e poi silenzio altrettanto improvvivo nella campagna come se vi fosse un vuoto attorno a noi; il cielo diventa buio, nero ed in lontananza sentiamo come se vi fossero aerei in arrivo; uno degli zii che era stato in guerra in Africa ci chiama e dice: ‘andate in casa sotto il sottoscala io l’ho visto in Africa e’ un tornado!’.
Siamo impauriti e facciamo in tempo a vedere da lontano una ‘cosa ‘ nera che butta via dall’alto alberi…. alberi? Io ed i miei cugini eravamo saliti sulla cascina per vedere meglio ma fuggiamo in casa. E’ tutto sbarrato ed io i cugini e la zia siamo sotto il sottoscala, la nonna prega, gli zii tengono le imposte per fortuna tutte chiuse, fuori il finimondo. La casa trema, sembra ballare, sono minuti di terrore, il rumore è assordante. Poi silenzio! Usciamo dalla casa come se fossimo automi e tutto attorno a noi è cambiato, macerie dappertutto, io guardo lontano e penso alla mia casa che e’ duecento metri piu in la…sarà in piedi? Si, la vedo scoperchiata ma dalla casa degli zii prima non la vedevo, adesso si, perché tutte le case in quello spazio non ci sono più!
La casa in cui mi trovavo era completamente al buio e dalle imposte filtrava una luce rossoverde, una sensazione infernale, col rumore assordante e tutto che tremava, anche i muri; uno zio, erano quattro, era rimasto fuori, non era voluto entrare, diceva: ‘la casa cadrà’ e quando siamo usciti era pieno di escoriazioni ma vivo. Stralunato aveva detto poi che si era legato attorno ad una pianta bassa che si trovava in cortile, molto vecchia e con un tronco notevole, con una catena che si usava allora per il cane da cortile, ed aveva gridato in continuazione vedendo quello sconquasso che forse gli e’ rimasto in mente…sempre.
Quando siamo usciti era tornato il sole e l’aria era tersa; abbiamo impiegato molto ad uscire poiché ci sembrava forse di essere tutti morti! Od avevamo paura! Ed io, dopo il pensiero di casa mia, andai veloce dalla mia famiglia attraverso quello che era rimasto della strada, piena di mattoni alberi, mobili, vestiti, di tutto, fuori gente che piangeva, gemiti dappertutto, un deserto di macerie! Vicino alla mia casa il cascinale era completamente a terra, una mucca sventrata a meta’ strada, l’asino che avevano attaccato con la catena ad un pilastro era volato 70, 80 metri più in là e, miracolo, era vivo col pilastro ancora attaccato al collo!! La mia casa sul retro apparentemente scoperchiata, davanti aveva perduto l’ultimo piano e tutte le finestre e le imposte erano sparite; dentro i mobili erano cataste di legna, i miei si erano salvati sotto il sottoscala. Poi comincio’ ad arrivare gente. C’erano feriti dappertutto, alcuni erano morti buttati a parecchie centinaia di metri dalla loro abitazione, altri sotto la loro casa, erano nostri parenti, i cugini poi giovanissimi!
Foto, di inestimabile valore scientifico, che ritraggono il Tornado durante le sue fasi conclusive, mentre assume la forma di un tipico Rope Tornado:
Le foto dei danni:
L’evento è stato talmente rilevante da meritarsi la la copertina de “la Domenica del Corriere” (illustrazione di Walter Molino):
“Il “tornado” nel Pavese. Un uragano di spaventosa violenza ha scatenato delle trombe d’aria contro Robecco e Valle Scuropasso, in provincia di Pavia, distruggendoli quasi completamente. A Robecco, il turbine ha investito la chiesa, dalla quale poco prima erano usciti i fedeli, ne ha fatto crollare i muri e troncato netto il campanile. Qualche minuto dopo il “tornado” è sceso sull’altro villaggio provocando la morte di sei persone.”
Fonti:
Archivio La stampa ( da cui abbiamo preso la quasi totalità delle cronache)
http://meteolive.leonardo.it/news/In…no-1957/22285/