Editoriali — 13 Settembre 2014

__039614___monte_tamaroRivera. Canton Ticino. (Il calciatore non c’entra nulla). Un’ora da Milano, il posto migliore per praticare lo sci la domenica senza trovare code e con un panorama favoloso. Un ottimo pranzetto al ristorante, una domenica tranquilla in mezzo alla natura. Era così sin al 2003, poi la sorpresa, le cabinovie del Tamaro non sorvolano più l’autostrada nazionale uno in inverno: al Tamaro non si scia più, solo ATTIVITÀ turistica nelle altre stagioni.
E’ nato da tempo un parco avventura bellissimo, ma si può salire in vetta solo da aprile a novembre, addio ai panorami invernali, se non facendo uso delle proprie gambe.

E’ la riprova di una pratica sportiva che fa segnare indubbiamente una crisi di identità. Sciare piace sempre meno perchè al sud delle Alpi ci sono stati troppi anni di magra e in molte stazioni, specie in Canton Ticino, mancavano gli impianti di neve programmata, ma soprattutto perchè sciare costa, sciare vuol dire patire il freddo, far fatica; le mete esotiche ormai d’inverno sono supergettonate e a risentirne è il turismo alpino.

Il paesaggio brullo, senza quella bella COPERTURA nevosa costante che, nell’immaginario collettivo, dovrebbe sempre ammantare le località alpine, scoraggia ancora di più. Si va in montagna anche per fotografare, scendere con il bob, lanciarsi le palle di neve, non sciare su una lingua bianca, magari artificiale e riportata.

Analizziamo il caso Ticino citando alcuni passaggi di una importante relazione dell’Università di Lugano:

“La situazione economica delle stazioni turistiche che fanno capo a impianti di risalita si è fatta negli anni vieppiù preoccupante. Gravi problemi finanziari ne stanno pregiudicando la sopravvivenza. Per questo motivo, da alcuni di anni si sta procedendo a sistematici e progressivi risanamenti”.

“Le origini dei problemi che oggi l’autorità cantonale in prima persona si trova ad affrontare nell’ambito della politica di sostegno alle regioni di montagna (misure di politica regionale e misure di politica turistica) risalgono ai primi anni 1990”.

“In quegli anni, le principali stazioni turistiche con impianti di risalita si sono viste praticamente costrette a procedere a interventi di ristrutturazione e di potenziamento delle proprie strutture, pena l’alternativa di cessare l’ATTIVITÀ”.

Gli impianti, costruiti negli anni 1960 o anche prima erano ormai obsoleti dal punto di vista tecnico e della sicurezza, (vedere per credere le piste di Andermatt, dove risalendo con lo skilift erano necessario affrontare una curva!!!) e la loro ristrutturazione veniva IMPOSTA dalle autorità federali”.

La pianificazione degli interventi di sostegno finanziario del cantone ai progetti di ristrutturazione e di potenziamento è avvenuta attraverso lo stanziamento di sussidi e PRESTITI.
La maggior parte degli investimenti si è concentrata nelle imprese con attività prevalentemente invernale (62%), quindi nelle valli (Leventina, 37%, Maggia, 15%, Blenio 10%)”.

La volontà di non rinunciare all’offerta turistica invernale nelle principali stazioni invernali esistenti attualmente. E’ priorità del Cantone mantenere attivi gli impianti di AIROLO, al Gottardo, CARI’, Campo Blenio, Nara e Bosco Gurin. Gli impianti di Airolo Luina, a due passi dal paese, dedicati essenzialmente ai bambini stanno facendo segnare un confortante successo.

Drammatica invece la situazione del Monte Lema, non più finanziato, così come il TAMARO (chiuso poi nel 2003) e Cardada.

Tutto punta al periodo estivo, lì rientra allora nuovamente il Tamaro ma anche la funicolare del RITOM, il Lema e il Generoso.

L’Università di Lugano attribuisce la crisi ad una generale disaffezione della pratica degli sport invernali, ad eccezione dello snow-board, alla diminuzione dell’innevamento con un clima che penalizza sempre di più il sud delle Alpi, con l’alto COSTO delle tariffe e il mancato potenziamento delle strutture recettive alberghiere.

Inoltre manca la PUBBLICITÀ in Lombardia, che si limita a promuovere i grandi centri commerciali del Sottoceneri; anche il mito di Andermatt, in Canton Uri, oltre Gottardo sembra tramontato per gli italiani, che preferiscono le code della bergamasca dove si praticano prezzi un po’ più bassi alle piste ticinesi e al caro “franco”.

E’ poi opportuno realizzare quelle infrastrutture che anche in mancanza di un innevamento abbondante attirino la clientela: palaghiaccio, negozi, boutique, piccoli musei, pizzerie, escursioni con racchette da neve, piste di bob.

Il problema più grave resta però quello della mancanza di neve, anche se dal 2000 ad oggi la neve sembra tornata ad anni alterni a ricoprire in abbondanza le Alpi: investire sui cannoni è comunque ormai prioritario, l’industria dello sci non deve arrendersi, salvare la pratica dello sci è fondamentale per il turismo invernale non solo elvetico, ma anche nazionale.

E’ vero anche che non si deve generalizzare: nelle principali stazioni sciistiche alpine italiane, specie in Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta, si è fatto veramente di tutto per non deludere il turismo, purtroppo però non tutte le regioni godono di una situazione così fortunata.

Fonte: Meteolive.it

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