di Laura Giannoni
In Italia la gru cenerina non nidifica più, il grifone e l’orso bruno rischiano l’estinzione, il delfino e la tartaruga sono in pericolo. Insieme a loro, circa 20mila specie animali e vegetali nel mondo, un terzo di quelle prese in esame dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), sono minacciate da inquinamento, riscaldamento globale e degrado degli habitat, pesticidi agricoli e allevamenti intensivi, eccessi di pesca e introduzione di specie esotiche invasive. La biodiversità, cui dal 2000 l’Onu ha dedicato una giornata mondiale che si celebra il 22 maggio, sconta le azioni dell’uomo a tutte le latitudini, dall’equatore ai poli.
A livello globale, spiega la Iucn, sono in pericolo il 41% degli anfibi, il 33% delle barriere coralline, il 25% dei mammiferi, il 13% degli uccelli e il 30% delle conifere. In Europa la situazione più grave è nel Mediterraneo, dove rischiano il 21% delle specie valutate in Spagna, il 15% in Portogallo e il 14% in Grecia. L’Italia detiene il primato della biodiversità europea con oltre 67mila specie di piante e animali, circa il 43% di quelle presenti nel Vecchio Continente.
Anche nel Belpaese, però, le popolazioni di vertebrati sono in declino, soprattutto in ambiente marino. Su 672 specie esaminate, 6 sono estinte (oltre alla gru cenerina la quaglia tridattila, il gobbo rugginoso, il rinolofo di Blasius, lo storione e lo storione ladano), 161 sono gravemente minacciate di estinzione e 49 in pericolo. Stando all’Ispra, il 50% delle piante, il 51% degli animali e il 67% degli habitat, tra quelli di interesse europeo presenti in Italia, sono in uno stato di conservazione cattivo o inadeguato. Le conseguenze di questa perdita non si limitano alle comunità scientifiche di zoologi e biologi, ma investono settori chiave come l’alimentazione e l’energia, le risorse idriche e la vulnerabilità ai disastri naturali. La biodiversità, ricorda infatti Legambiente, è il ‘capitale naturale’ del Pianeta. Dal suo mantenimento dipendono il cibo e le materie prime, la regolazione delle acque e lo stoccaggio della CO2, mentre la sua compromissione danneggia gli ecosistemi e anche l’economia. Secondo l’Ocse i danni causati dalla perdita della biodiversità, da qui al 2050, sono stimabili tra i 2 e i 5 trilioni di dollari all’anno. Anche per questo, sottolinea l’associazione ambientalista, ”la biodiversità può e deve essere una leva su cui puntare per rilanciare l’economia del Paese”.
fonte: ansa.it