Dopo aver appreso che l’estensione estiva della banchisa artica discende dalle caratteristiche e dall’entità dell’Arctic Dipole (DA), cercheremo di individuare i fenomeni da cui questo dipende.
A tale scopo partiamo facendo delle considerazioni a carattere prettamente intuitivo. Guardando al grafico che rappresenta l’evoluzione nel tempo del DA pattern (Fig. 8 del post precedente) c’è una cosa che balza subito all’occhio: il mutamento più radicale della circolazione sul polo lo si è avuto a partire dal 2005-2006. Questo ci suggerisce che anche il fenomeno che regola il DA pattern (e dunque la circolazione sul polo) abbia subito un cambiamento consistente proprio a partire da quel periodo. Ora, tra tutti i (pochi) fenomeni in grado di forzare pesantemente la circolazione atmosferica a scala emisferica (e dunque anche polare), ce n’è uno in particolare ha subito un pesante stravolgimento nel periodo di riferimento: l’attività solare. Questo fattore potrebbe indurci a pensare che il principale attore in questa commedia sia il sole. Vediamo ora se riusciamo a trovare delle prove in grado di supportare l’ipotesi dettata dall’intuizione.
Anzi tutto, facendo ancora riferimento alla Figura 8, possiamo osservare come il trend al rialzo del DA sia iniziato, in maniera lenta e graduale, a partire dalla seconda metà degli anni ’90. Se guardiamo ora alla storia recente del sole, ci accorgiamo come un primo calo dell’attività si sia registrato proprio nel medesimo periodo, a causa di un ciclo solare (ciclo 23) sottotono rispetto ai precedenti:
Altre prove a favore della nostra tesi derivano dalla ricerca scientifica mondiale. Infatti sono moltissimi gli studi condotti dai più autorevoli centri di ricerca che dimostrano come la bassa attività solare sia in grado di apportare, anche a breve termine, mutamenti significativi negli schemi circolatori più importanti. Nello specifico è stato in più occasioni dimostrato come la bassa attività solare porti le figura bariche dominanti ad assumere anomale posizioni in grado di accentuare fortemente gli scambi meridiani tra medie ed alte latitudini. Ad esempio è stato ampiamente verificato che quando il sole si mantiene su bassi livelli attività, tende ad aumentare considerevolmente la frequenza di notevoli episodi da pattern NAO negativi (North Atlantic Oscillation).
Per riassumere, la scienza ufficiale ha correlato, in diverse occasioni e con successo, la bassa attività solare con i più famosi pattern favorevoli ad un rafforzamento degli scambi meridiani tra le medie e le alte latitudini (AO– NAO– ecc..). Il fatto che non si sia ancora fatto esplicito riferimento (almeno secondo le nostre conoscenze) al legame bassa attività solare-pattern DA+ potrebbe risiedere semplicemente nel fatto che proprio il pattern DA+ è stato individuato più di recente.
Al contrario, sebbene sia comprovata la capacità delle emissioni antropiche (gas serra) di alterare le temperature globali, non esistono studi rilevanti che hanno trovato dei rapporti di causa-effetto tra emissioni di gas serra ed andamento dei più rilevanti pattern atmosferici (come pattern AO, NAO ecc..). Solo i clorofluorocarburi (CFC) possono influire sulla circolazione polare per via della loro efficacia nella deplezione dell’ozono stratosferico. In questo caso però si parla di un rafforzamento del Vortice Polare, ovvero dell’effetto opposto. Infine, sempre a questo proposito, ammesso per assurdo che esista una correlazione tra quantità di emissioni di gas serra e tipologia di circolazione sul polo, per giustificare lo stravolgimento circolatorio registrato tra il 2004 ed il 2007, si dovrebbe ammettere che nell’arco di questo triennio le emissioni inquinanti siano aumentate di svariati ordini di grandezza.
Fino ad ora dunque tutti gli indizi portano a pensare che ci possa essere un legame tra andamento dell’attività ed evoluzione del DA pattern. Tuttavia manca ancora una prova schiacciante, in grado di eliminare qualsiasi dubbio. In attesa che la scienza ufficiale arrivi a fornircela, noi vi mostriamo i risultati di una nostra piccola ricerca.
Lo studio è nato quasi per caso quando, guardando ai valori assunti negli ultimi 54 anni (dal 1959 in poi) dall’indice DA, ci siamo accorti di una possibile relazione con l’andamento assunto dall’attività solare nel medesimo periodo. Si tratta dunque di uno studio a carattere statistico finalizzato alla valutazione di una potenziale correlazione tra andamento dell’attività solare ed il trend assunto dal DA pattern nel periodo di riferimento (come grandezza rappresentativa dell’attività solare si è fatto riferimento al Sunspot Number).
Per valutare gli andamenti complessivi dei due fenomeni (DA pattern e attività solare), si è fatto ricorso ai metodi di interpolazione polinomiale. Nello specifico sono state utilizzate delle funzioni interpolanti polinomiali del medesimo ordine (polinomi del IV ordine). Di seguito vengono mostrati i grafici che rappresentano i risultati del processo di interpolazione:
Notate la perfetta corrispondenza tra la linea rossa, rappresentante il trend del DA pattern) e la linea verde, che invece esprime l’andamento dell’attività solare. Ovviamente, poiché le due funzioni sono in antifase (quando una cresce l’altra diminuisce e viceversa), al fine di visualizzarne meglio la corrispondenza, il grafico relativo all’attività solare è stato ribaltato.
Sebbene la sola analisi visiva tra le due interpolanti dia risultati più che confortanti, per ottenere una prova certa ed inconfutabile è necessario procedere con uno studio più raffinato, basato sui metodi dell’inferenza statistica. Nel caso in esame, per stabilire il grado di correlazione tra le due grandezze, si è proceduto calcolando, per il parco dati a disposizione (periodo di riferimento), la covarianza e dunque l’indice di correlazione di Pearson. Per semplicità di calcolo, abbiamo eseguito lo studio su intervalli regolari di ampiezza prefissata (a livello concettuale non fa alcuna differenza):
Come si vede, ciascun intervallo temporale di riferimento va all’incirca dal massimo di un ciclo solare al massimo del ciclo successivo. Per ciascuno degli intervalli sono stati calcolati i valori medi del sunspot number e dell’indice DA:
In riferimento a tali valori medi di attività solare e DA (ultimo cinquantennio) è venuto fuori un valore dell’indice di correlazione di Pearson molto elevato e pari -0.97 (correlazione inversa perfetta). Infatti, riportando i dati su un grafico cartesiano (sull’asse delle ascisse i valori DA e alle ordinate il Sunspot Number), possiamo notare come essi si dispongano perfettamente su una retta.
Si può dunque concludere che:
- l’arctic dipole pattern (DA) è la chiave fondamentale per capire e prevedere la diminuzione di ghiaccio marino nel bacino artico;
- in relazione all’ultimo cinquantennio, l’andamento medio dell’attività solare è perfettamente correlato con l’andamento medio del DA pattern; ciò implica una relazione tra due fenomeni, almeno a livello di tendenza media;
- tale relazione è di tipo lineare;
- poiché come detto, dall’andamento medio del DA pattern dipende l’andamento dell’estensione estiva della banchisa artica, si conclude che l’attività solare influisce sulla modulazione dei ghiacci marini artici.
Il presente studio non esclude in alcun modo l’influenza del riscaldamento globale di origine antropica nel processo di fusione dei ghiacci artici; quello che si è cercato di dimostrare è che l’attività solare, modulando pesantemente la circolazione atmosferica sul polo, gioca un ruolo importante nell’evoluzione dell’estensione dei ghiacci marini artici (con riferimento al periodo estivo); per le stesse ragioni è plausibile che il crollo dell’attività solare (cicli solari 23 e 24) abbia contribuito in qualche modo al declino della banchisa artica avvenuto negli ultimi 2 decenni e, soprattutto, negli ultimi 8-9 anni.
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