Editoriali — 11 Settembre 2014

Pioggia d’estate e freddo in primavera, le stagioni che non sono più quelle di una volta. E il vino italiano si prepara ad affrontare una delle annate più difficili dell’ultima metà di secolo: la vendemmia 2014 rischia di essere la più scarsa dal 1950. E tra crollo della produzione e impennata dei costi per le aziende, anche i prezzi per i consumatori potrebbero aumentare nei prossimi mesi.

A lanciare l’allarme è l’associazione Coldiretti, che prevede un calo del 15% su scala nazionale: dai 49,6 milioni di ettolitri del 2013, si dovrebbe scendere fino a 41 milioni. Se verranno confermati questi dati, l’Italia perderà anche il primato europeo, che passerà nelle mani dei rivali storici della Francia, per cui il ministero transalpino prevede una produzione di circa 47 milioni di ettolitri. Un brutto colpo anche a livello d’immagine per il made in Italy.

A soffrire di più saranno le regioni del Sud, con un taglio addirittura del 30% in Sicilia. Ma anche al nord (in Piemonte, ad esempio), le prospettive non sono rosee. Solo il centro (Toscana, Umbria, Marche e parte del Lazio) dovrebbero cavarsela. A determinare la crisi sono sempre le condizioni meteorologiche, anche se per ragioni differenti: la grande piovosità di agosto ha inciso soprattutto nelle regioni settentrionali, mentre nel Meridione a far danni è stata una primavera più rigida del previsto, dopo l’inverno mite che aveva anticipato la fioritura dei vigneti. In un caso e nell’altro la produzione è stata completamente scombussolata. “Il problema vero è stato l’aumento imprevisto dei costi di produzione”, spiega Antonio Romano, direttore dell’azienda Conti Zecca in Puglia, uno dei territori più colpiti dalla crisi. “L’umidità ha provocato ripetuti attacchi di funghi che hanno richiesto una quantità di interventi sanitari e agronomici maggiore del solito”.

A questo si aggiungono i danni delle grandinate e delle inondazioni, “eventi di fronte a cui c’è poco da fare”, prosegue Romano. Abbiamo riscontrato un calo della produzione generale, e particolarmente marcato per i vini da uva bianca”. Per i produttori, dunque, si annuncia una stagione difficile: “Le aziende sono abituate a lavorare su piani di più anni, in agricoltura un’annata storta è un’eventualità da tenere sempre in conto. Ma le ripercussioni sul fatturato saranno inevitabili”, afferma il direttore della cantina pugliese.

La cattiva notizia per gli amanti del vino è che anche i prezzi potrebbero essere rivisti al rialzo. Secondo Coldiretti, un aumento delle tariffe sarà quasi fisiologico, anche se potrebbe essere assorbito nella filiera di produzione (tra imbottigliatori e distributori), senza ripercuotersi sulle tasche dei consumatori. Meno ottimista Romano: “Le difficoltà sono oggettive, è probabile una revisione dei listini”. Ancora presto per dire di quanto: “Cercheremo di fare una stima precisa al più presto, dipenderà dalle varietà dei vini e da queste ultime settimane di vendemmia. Non vogliamo diffondere numeri allarmistici”. Il rischio, infatti, è che l’aumento delle tariffe si traduca in una contrazione dei consumi: “Negli ultimi 50 anni siamo scesi da 70 litri di vino pro capite all’anno a 36-37 litri. E la media continua a scendere dell’1% annuo”, afferma Domenico Bosco, responsabile vinicolo di Coldiretti. Con l’aumento dei prezzi il trend potrebbe farsi ancor più negativo. “Anche perché il contesto non aiuta. La crisi riguarda tutti”. E il vino – un motore economico che in Italia genera nove miliardi di fatturato annuo e impiega più di un milione di persone – non fa eccezione.

Fonte: Lorenzo Vendemiale – LaStampa.it

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